Recensore: Lucio Cadeddu
Data recensione: Inverno 2001-2002
Intanto, chiariamo subito che cosa intenderò per cavo digitale. Si tratta di un semplice cavo d'interconnessione (normalmente coassiale) destinato al collegamento tra una sorgente di dati digitali (CD, DVD, meccanica CD) ed un convertitore (DAC) esterno che può essere alloggiato in un apparecchio separato oppure internamente ad un preamplificatore, amplifificatore o sintoamplificatore.
Il collegamento digitale può essere effettuato in varie modalità, quella più diffusa e che gode della fama di essere "meglio suonante" è quella elettrica, via un singolo cavo d'interconnessione terminato RCA, BNC o bilanciato XLR. Per maggiori dettagli sulle connessioni digitali rimando ad altro articolo nella sezione delle FAQ.
Tra le connessioni elettriche ho optato per quella non bilanciata, orientando la scelta verso cavi che avessero un connettore RCA da una parte ed un BNC dall'altra (per esigenze dei DAC in uso e perchè il BNC è migliore dell'RCA, in sostanza). Ciò non lede la generalità della prova in quanto i cavi in questione sono gli stessi, indipendentemente dalle terminazioni. Non escludo che gli stessi cavi terminati da entrambe le parti con RCA possano suonare peggio e, viceversa, andar meglio con i BNC ad ambo le parti.
La fascia, anzi le fasce, di prezzo che mi ero prefissato era abbastanza ampia, essendo compresa tra 70 e 300 Euro per metro terminato. La ragione di una forbice così ampia è semplice: oltre a confrontare cavi nella stessa fascia avrei potuto verificare se all'aumentare del prezzo si potesse riscontrare un sensibile aumento della qualità.
La scelta dei marchi è stata dettata dalla precisa volontà di testare materiale di provenienza molto diversa (USA, Europa, Canada, Australia) e di fama audiofila molto differente.
In particolare, mi sono premurato di affiancare nomi emergenti ad altri ben noti nel panorama delle connessioni audio di qualità. Un discorso a parte meritano gli italiani.
Tra quelli presenti in rete ho chiesto un sample in prova a tutti, sperando di non dimenticare nessuno: GB&L, Shinpy, HiDiamond e AB Cable. Tra questi, i primi due non hanno risposto, il quarto non produce cavi digitali e l'unico disponibile è stato il terzo. Della HiDiamond abbiamo in passato provato anche altri tipi di conduttori.
I 9 marchi presi in esame sono stati: Audience (USA), JPS (USA), MusicMetre (USA), JC (USA), Gutwire (Canada), Van den Hul (Olanda), HiDiamond (Italia), Supra (Svezia), Eichmann (Australia). Tutti hanno fornito un cavo come da richiesta (RCA-BNC) tranne uno (Gutwire) che ha inviato un RCA-RCA con adattatore BNC. I modelli, per essere più precisi, sono:
Tutti i cavi sono stati sottoposti ad un rodaggio preventivo di circa 50 ore con specifici CD di burn-in e poi hanno "suonato" per altre 50 ore con CD musicali.
Tutti i cavi sono stati ascoltati in due impianti completamente diversi: nel mio ed in quello di un amico (Angelo Ideo) indipendentemente ed all'insaputa l'uno dell'altro. In altre parole, ognuno ascoltava un gruppo di cavi e stilava una sorta di "classifica" con giudizi sui vari parametri (timbrica, dinamica, immagine etc.).
Il contro-test eseguito da Angelo avveniva, inoltre, all'oscuro di tutto. Su alcuni cavi non c'era scritto neppure marca e modello e lui era ignaro del costo di ogni cavo provato.
Alla fine abbiamo confrontato le nostre impressioni. Forse non è un doppio-cieco vero e proprio ma ci si avvicina molto. Si tratta di due persone che, con impianti, ambienti e GUSTI diversi, hanno confrontato le loro opinioni solo DOPO aver stilato le classifiche.
Sorprendentemente, pur con lievi sfumature di gradimento (e ci mancherebbe!), le due classifiche (e persino le caratteristiche sonore di ogni cavo) collimavano perfettamente.
Ogni ulteriore commento sarebbe superfluo. Anzichè perder tempo in discorsi che non porterebbero da alcuna parte ed allontanerebbero dalla completa comprensione del fenomeno, consiglio di effettuare prove simili a quelle da noi eseguite.
Prima di tutto vorrei ricordare alcune specifiche tecniche dello standard d'interfaccia S/PDIF:
Sul suono dei cavi molto si è detto e molto resta ancora da dire. Sul suono dei cavi digitali, poi, si può dire tutto ed il contrario di tutto. Intanto, come da specifiche riportate sopra, la connessione digitale S/PDIF richiede che il cavo abbia un'impedenza caratteristica COSTANTE di 75 ohm. Per questa ragione molti cavi d'interconnessione analogica sono assolutamente inadatti.
L'impedenza nominale di un cavo dipende, sostanzialmente, dall'induttanza e dalla capacità del cavo stesso, più precisamente dalla radice quadrata del rapporto L/C dove L è l'induttanza e C la capacità (sto trascurando eventuali effetti di resistenza dovuti al conduttore ed alla presenza dello schermo).
Evidentemente, l'impedenza nominale costante non è l'unico parametro da considerare, visto che nella decina di cavi provati ognuno ha mostrato un suono diverso, per certi aspetti sorprendentemente diverso.
È possibile che una buona schermatura giochi un ruolo importante così come l'aderenza allo standard dell'impedenza nominale di 75 ohm. Un'impedenza caratteristica di 75 ohm evita, in buona sostanza, le cosiddette riflessioni indesiderate.
I connettori RCA raramente sono costruiti per lo scopo, mentre i BNC sono reperibili sia a 75 Ohm che a 50 ohm. Tra i cavi provati, solo il Supra Trico dichiara un'impedenza caratteristica entro ±1.5 ohm fino a 100 MHz. Non è tuttavia chiaro cosa succeda quando il cavo viene terminato con i connettori.
Uno dei miei sospetti è che, in buona sostanza, il cavo digitale influenzi il jitter presente nel passaggio da meccanica e convertitore, dato per scontato che i dati digitali (0 e 1) passano bene comunque. Sospetto anche che la velocità di propagazione (misurabile in percentuale sulla velocità della luce c) abbia qualcosa a che vedere col jitter eventualmente introdotto dal cavo (line induced jitter, come è stato definito).
La velocità di propagazione è (in sostanza) inversamente proporzionale a K, la costante dielettrica dell'isolante utilizzato nel cavo. Per fare qualche esempio, il PVC consente, a parità di tutte le altre condizioni, una velocità di propagazione più bassa rispetto al PE, il quale va comunque peggio del PTFE (o Teflon). Questo in parte spiega perchè proprio il Teflon ha avuto una buona diffusione come isolante nei cavi per uso audio e nei migliori cavi per trasmissione dati.
Per dare un po' di numeri: in un cavo coassiale con isolante in PVC il segnale transita al 50% della velocità della luce, con isolante in PE (polietilene) si sale al 65.9 %, col polipropilene siamo al 69%, col Teflon al 70% e con la schiuma di polietilene siamo al 80%.
Inoltre, il PVC presenta, contrariamente al Teflon, variazioni della costante dielettrica a seconda della frequenza del segnale in transito.
La velocità massima di propagazione si ha, ovviamente, in aria. Qualcuno dei cavi in prova dichiara di usare l'aria come dielettrico. Il problema non è il ritardo più o meno ampio col quale il segnale raggiunge il DAC quanto quello di poter disporre di una velocità di propagazione - e quindi un ritardo - indipendente dalla frequenza.
Quanto tutto questo che è stato detto possa poi influire sulla prestazione sonora è estremamente discutibile. L'esperienza d'ascolto che ho condotto, confrontata con quella di un secondo ascoltatore operante in condizioni completamente differenti, mi ha confermato che le differenze ci sono e sono udibili, a patto di disporre di strumentazione (leggi impianti) abbastanza sensibile da rilevarle.
È chiaro che su impianti di basso livello il problema non si pone.
Il merito della scoperta del ruolo chiave che un cavo digitale ha in una combinazione meccanica + DAC spetta a Chris Sommovigo, progettista statunitense che sbalordì con la sua serie di cavi col marchio Illuminati, rimasti per tanto tempo dei riferimenti nel settore.
Niente di meglio, dunque, che cedere la parola proprio a Chris Sommovigo - che NON produce più cavi digitali - affinchè ci spieghi come nacque il primo cavo "digitale" e perchè.
L'articolo che segue è stato scritto da Mr. Sommovigo esclusivamente per TNT-Audio dietro mia richiesta.
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Cavi digitali. Queste due parole messe insieme possono facilmente accendere una esplosiva polemica tra audiofili, anche i più amichevoli e pacifici. Non parliamo poi di quel che succede tra audiofili che possono comunicare in qualche Forum di HiFi sulla Rete: basta puntare il proprio newsreader al gruppo rec.audio.opinion e porre la domanda fatidica "I cavi digitali fanno qualche differenza?" e prepararsi per una battaglia all'ultimo sangue.
Tale battaglia avrà inizio con discussioni pacate seppur dialettiche, con esamina ed analisi di ogni aspetto dell'argomento. Ma, alla fine, degenererà in uno scambio di insulti rabbiosi. Perchè?
Sembra che alcuni individui dalla buona istruzione credano che un cavo digitale che connette meccanica CD e DAC non possa avere alcuna influenza sul suono, visto che trasporta una sequenza binaria di 0 e di 1. L'argomento "I bit sono bit, nient'altro che bit" prima o poi salta fuori, spesso seguito da una incompleta disamina della teoria della trasmissione dei dati digitali, della correzione degli errori, delle curve di Fletcher-Munson e dei PLL
(Phase Locked Loops).
Sfoderando questi argomenti come farebbe un esorcista col suo crocifisso contro un indemoniato o un vampiro, gli esponenti di questa "fede" spesso rimangono delusi quando l'interlocutore (ovvero la vittima della diatriba) non si vaporizza in una nuvola di fumo verde.
Gli "indemoniati", dal canto loro, propongono la tesi che, teorie a parte, c'è un numero enorme di persone che in tanti anni ha osservato e riportato differenze udibili tra cavi digitali.
Questo è solo uno strato che si aggiunge alla infinita discussione generale sull'importanza dei cavi in un impianto HiFi. Mentre un Dilbert dopo l'altro ha lanciato i propri massi "teorici" dal proprio mondo piatto e geocentrico, resta il fatto che in questi ultimi 20 anni l'industria del settore ha accettato ed apprezzato il contributo che i cavi hanno dato alla riproduzione audio di qualità.
Tuttavia, quando i cavi digitali apparvero per la prima volta sulla Terra, persino quei detrattori che a denti stretti ammettevano l'importanza dei cavi di potenza e d'interconnessione, non riuscirono ad accettare il fatto che un cavo digitale potesse suonare in modo diverso da un altro.
La loro comprensione della teoria digitale, largamente basata su informazioni di marketing, non consentiva il fenomeno del "suono" del cavo digitale. Tuttavia, col tempo, l'industria ha accettato il fatto che anche i cavi digitali fanno una differenza e sono considerabili un componente audio vero e proprio.
L'iniziale crescita di popolarità di apparecchi digitali separati è da accreditare alla Audio Alchemy e, quindi, indirettamente, a loro spetta il merito di aver sollevato il problema della qualità della connessione digitale.
La ragione è semplice: la Audio Alchemy è stata la prima Azienda a produrre il primo convertitore esterno di costo "popolare", il DDE (Digital Decoding Engine).
Appena uscito, le vendite andarono alle stelle. Per la prima volta anche audiofili dal budget ristretto potevano godere del lusso di un DAC separato e trarre vantaggio da quella misteriosa uscita RCA digitale presente nel proprio lettore CD.
Dopo che migliaia di DDE furono venduti, la gente si rese conto di aver bisogno di cavi digitali.
Gran parte dell'industria rispose inizialmente con una inadeguata produzione di cavi di interconnessione analogica, rimarchiati come "digitali". Bastava prendere una coppia stereo, dividerla in due "paccheeti" singoli e spacciarli per "digitali".
Lo standard di trasmissione S/PDIF (Sony/Philips Digital InterFace) era completamente ignorato o addirittura sconosciuto.
È così che uscì il mio primo prodotto, il DataStream Reference digital cable. Si trattava di un vero cavo a 75 ohm, di tipo semirigido (rigido come una vergine nella prima notte di nozze ;-)) e faceva uso di due connettori enormi che avrebbero potuto stare ugualmente bene come terminazioni di una hookah (enorme pipa per tabacco di uso orientale NdT).
Tali connettori erano realizzati in modo tale che si potesse estendere l'impedenza caratteristica di 75 ohm più in là possibile prima di andare a finire negli RCA di ingresso ed uscita di meccanica e DAC.
Il cavo Illuminati DataStream Reference è stato il primo a fare uso di VERI connettori RCA da 75 ohm. Questo fatto portò il problema all'attenzione di molte persone. Infatti fu il primo cavo a superare la barrera di $ensible $ound (rivista statunitense) grazie ad una fantastica recensione di Gerald Burt. Un altro paio di buone recensioni e la notizia si sparse rapidamente: i cavi digitali "suonano" e la dimostrazione era il mio Datastream Reference.
Perchè faceva la differenza? Il granchè della teoria che ci sta dietro risiede nella corretta impedenza caratteristica d'interfaccia, indispensabile per i collegamenti in RF, poichè permette una larghezza di banda appropriata ed evita le numerose riflessioni di segnale che gli altri cavi presentavano.
Si trattava del primo cavo a rispondere secondo gli standards richiesti da questa nuova interfaccia e cominciò ad essere apprezzato per questo.
Negli anni sviluppai una versione più flessibile, chiamata D-60 e anche il DataFlex Studio. Il D60 fu il l'equivalente del convertitore Audio Alchemy DDE e presto divenne il cavo digitale di riferimento. Tempismo efficace, buon prodotto, tanta fortuna e nessuna lamentela, queste furono le motivazioni per il suo successo.
Il D-60 è poi rimasto invariato, utilizzato in tutto il mondo sia in impianti casalinghi che professionali.
Quel che rese il cavo così diverso dai concorrenti fu l'attenzione rivolta alle necessità dello standard d'interfaccia. Sarei tuttavia disonesto se non ammettessi che molti continuavano a preferire cavi pensati per tutt'altro uso e non rispettanti le richieste dello standard S/PDIF. Altri cavi ebbero successo senza basarsi sulle richieste tecniche di questo standard. A tutt'oggi ci sono diverse scuole di pensiero e progetti di cavi digitali molti diversi gli uni dagli altri.
La scienza mi ha insegnato che il mio approccio era l'unico possibile (attenersi allo standard) ma l'esperienza e l'osservazione mi hanno insegnato che ci possono essere altri approcci altrettanto vantaggiosi. Con l'avanzare degli anni arriva l'esperienza, con l'esperienza la saggezza, con la saggezza l'umiltà.
Come audiofilo ed appassionato di musica ho molto apprezzato gli sforzi fatti da altri per risolvere il problema della connessione digitale, è un campo estremamente affascinante da sperimentare.
Questo prova d'ascolto in batteria, in realtà, è basata proprio sul confronto dei risultati sperimentali d'ascolto, indipendentemente dalle tecnologie utlizzate per la realizzazione dei cavi.
Se è vero che la ripetitività e la replicabilità di un esperimento è la madre dell'osservazione scientifica è altrettanto vero che l'osservazione empirica ne è il padre.
È questo che gli integralisti dell'audio non riusciranno mai ad apprezzare. La scienza "buona" è basata sull'ossevazione, quella "cattiva" è intrappolata sulla carta.
Che significa? Che nessuno può scegliere la moglie per voi e nessuno può scegliere il giusto cavo digitale :-). Fidatevi solo delle vostre osservazioni ed ascolti.
© 2002 Chris Sommovigo per TNT-Audio
Traduzione italiana : Lucio Cadeddu