Piuttosto che stilare una classifica di meriti e demeriti delle riviste specializzate
italiane, poco credibile in quanto di parte, cercherò di spiegare
come distinguere le buone riviste dalle... altre.
Per fare questo ci occorrono alcuni parametri di valutazione.
Chiaramente questo vivere al di sopra delle proprie possibilità,
tipicamente italiano, non poteva durare in eterno e ben presto una profonda
crisi ha colpito tutto il settore.
A poco a poco le riviste specializzate stanno scoprendo,
per la prima volta, i prodotti abbordabili (affordable HiFi, come la chiamano
gli inglesi) di prezzo umano e dal buon suono. Quindi nel tempo, diciamo
in questi ultimi 15 anni, il target delle riviste specializzate è cambiato,
avvicinandosi un po' a quello della maggioranza delle riviste inglesi.
Tuttavia alcune differenze persistono.
In definitiva, anche in questo caso, sta a voi lettori capire che tipo di
acquirente siete (facile, basta vedere il conto in banca) ed orientarvi di
conseguenza verso la rivista che più si avvicina alle vostre esigenze.
In generale dovrebbe essere chiaro a chi legge quale sia la posizione della
rivista nei confronti dei prodotti recensiti. Spesso questo è dichiarato
palesemente, altre volte bisogna estrapolarlo dalle righe.
Alcune riviste sono per il buonismo, vocabolo moderno (ab)usato per tradurre
il vecchio volemmose bbene! In altre parole la rivista decide di non
parlar male di alcun apparecchio. Tutti suonano bene e tutti sono i migliori
acquisti nella propria categoria. Gli apparecchi che suonano male o non esistono
oppure non vengono neppure recensiti, lasciando intendere, neanche tanto velatamente,
che se un prodotto appare sulla rivista allora è buono e se non appare
non è degno di considerazione.
Questo è lo stile che io chiamo della rivista-vetrina. I prodotti
passano sulle pagine patinate come sulla vetrina di un negozio e, se sono fortunati,
può capitare che il redattore-guru li esponga, per ragioni sulle
quali è opportuno non indagare, meglio degli altri, o tramite una recensione
particolarmente incensante o inserendoli a pieno titolo nel proprio impianto
di riferimento, né più nè meno come fanno i negozianti che,
quando devono spingere un certo prodotto, sul quale hanno margini di profitto
maggiori, gli dedicano giustamente un posto speciale in vetrina.
Certo che una linea editoriale di questo genere porta alla rivista grossi
vantaggi: economici innanzittutto. Gli inserzionisti cominciano ad arrivare
numerosi e comprano spazi pubblicitari sempre più grandi, magari la seconda e
la terza di copertina, sicuramente le pagine più viste insieme
all'ultima.
Un altro vantaggio non trascurabile è che in questo modo la rivista si
può accaparrare prima delle concorrenti i prodotti in anteprima, le ultime
novità con un grande ritorno in termini di immagine e di autorevolezza.
Quale distributore sarà mai tanto kamikaze da proporre i propri prodotti
ad una rivista che non si sa cosa ne scriverà?
Inoltre, cosa non trascurabile, parlar bene di tutti i prodotti recensiti attirerà
le simpatie di molti lettori, ben contenti che il loro apparecchio ha avuto
l'OK da tale autorevole redattore. Meglio ancora, molti comprano SOLO apparecchi
che sono stati approvati dall'Uomo Del Monte di turno, così non
sbagliano. Non vi è mai capitato il tipico audiofilo ignorante che, per
decantare le lodi dei suoi apparecchi, tiene sotto il cuscino i numeri delle
riviste che li hanno provati e promossi a pieni voti? Credetemi, è davvero
tipico.
Alla fine si crea un circolo vizioso: la rivista buonista
prova gli apparecchi *importanti* prima delle altre e ne guadagna in
autorevolezza. I lettori di tale rivista sono propensi, di conseguenza, a
prendere per oro colato ciò che leggono e spesso comprano sulla
fiducia. In conclusione i distributori che hanno un buon rapporto con
quella rivista vendono di più, la rivista vende di
più e tutti son felici e contenti. Chi fa le spese di questo astuto
meccanismo sono naturalmente gli acquirenti, che, se illuminati, si accorgono
talvolta che mettendo insieme tutti i migliori acquisti proposti si ritrovano
con un impianto che non gli piace.
Poi ci sono le riviste che io chiamo cerchio e botte cioè quelle che cercano di dare un'impressione di imparzialità pur non facendo dispiacere a nessuno. Niente da dire su questo, bisogna pur campare.
Infine ci sono quelle che scrivono ciò che gli pare incuranti di fare
torto a qualcuno. È l'esempio di certa stampa underground statunitense, che tuttavia vive alterne vicende.
Gli Stati Uniti sono tuttavia un Paese dove l'editoria specializzata ha un ben diverso peso sul mercato e non si limita a fare da catalogo patinato per chi vende.
Occorre anche dire che non tutte le riviste audio americane funzionano allo
stesso modo. Basta ricordare il famoso esempio di Stereo Review.
Tuttavia, complice un mercato estremamente votato alla competizione vera,
basata sulla qualità dei prodotti più che sulla pubblicità,
molte riviste specializzate americane, anche in settori diversi da quello audio,
svolgono un compito importantissimo: piuttosto che fare da vetrina, fanno da
severo banco di prova per i prodotti recensiti. E molto spesso capita che un
prodotto giudicato negativamente in una recensione, venga successivamente migliorato
proprio in quegli aspetti deficitari rilevati dai redattori della rivista. Questa
sì che è autorevolezza!
In questo modo i produttori sono costretti, pur di vedere giudicato
positivamente il loro apparecchio, a migliorarlo, a tutto vantaggio
dell'immagine dell'Azienda e a beneficio del consumatore.
Utopia? Forse. Però quanto sarebbe meglio se le riviste svolgessero questo
compito, piuttosto che quello di distributori automatici di bollini blu.
Questa strada ovviamente è pericolosa e molto faticosa. È necessario
disporre di molto tempo e di redattori all'altezza, altrimenti si finisce in
un gioco al massacro che non giova a nessuno.
Per il tempo è presto detto quale sia il problema: in Italia si misura il
valore della rivista specializzata dal numero di prove che pubblica ogni
mese.
Per la qualità dei redattori molte cose si possono dire, senza sconfinare
nella cattiveria gratuita: capita di leggere articoli e prove d'ascolto dove
sono stati cambiati solo il nome dell'apparecchio lasciando invariato il testo.
Capita di leggere 4-5 pagine del nulla più assoluto e solo alla
fine due righe per dire: beh, che volete, che suoni anche male?
Altre volte, dopo aver speso tutto lo spazio concesso a parlare d'altro, si
conclude con *dato che lo spazio concessomi è esaurito vi invito ad ascoltare
l'apparecchio presso il vostro rivenditore di fiducia*.
Con professionisti di questo livello non si può pretendere la serietà
e l'obbiettività di cui parlavamo prima. L'importante è guadagnarsi
lo stipendio, riempendo alla meno peggio le pagine della rivista, scrivere il
più possibile, magari cercando di distinguersi dal mucchio con una prosa
originale, volgare perchè no, chissà che un giorno da semplici ascoltoni
non si diventi qualcosa di più.
Tempo fa avevo inaugurato una rubrica che riportava gli errori più
clamorosi, le copiature e le volgarità più pesanti che apparivano
e sono apparse sulla stampa specializzata. Dopo poco tempo ho rinunciato.
Oltre ad attirarmi le antipatie dei colpevoli in sostanza stavo
facendo il loro gioco, fornendogli una extraesposizione di dubbio gusto.
Si sarebbe potuto continuare se lo spirito che anima il
mondo dell'editoria HiFi fosse quello giusto, quello di una sana concorrenza
leale ed autoironica. Così non è, purtroppo, per cui ognuno per
la sua strada.
Oltrettutto TNT non ha niente a che vedere con le riviste
ufficiali: loro sono professionisti e noi dilettanti no-profit della
peggior specie. Questo non ci garantisce tuttavia l'immunità e mi
piacerebbe che gli immancabili errori mi fossero segnalati, anche con
cattiveria, basta non prendersi troppo sul serio. L'importante è non
fare come un nostro lettore che, molto sorpreso (ed abituato troppo bene,
evidentemente), ci ha chiesto come reperire i numeri arretrati di TNT.
Chiaramente per lui quello che facciamo è troppo poco. Meglio così.
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