Prodotto: Diffusori acustici Indiana Line Arbour 5.20
Costruttore: Alcor SpA
- Italia
Prezzo approssimativo: 490 Euro + IVA (la coppia)
Recensore: Stefano Monteferri - TNT Italy
Recensite: Novembre 2002
|
Convivere con queste piccole e snelle torri italiane da pavimento, nel periodo durante il quale ho effettuato la prova di ascolto, è stato un vero piacere. In un certo modo, le ho quasi "umanizzate", apprezzandone quotidianamente l'impegno profuso nel restituire i più svariati generi musicali, nonostante i loro inevitabili difettucci.
Si, perchè evidentemente i miracoli non li sanno fare neppure in casa Alcor, e da una coppia di diffusori commercializzati al prezzo "suggerito" al pubblico di 490 Euro la coppia più IVA, non si possono certamente pretendere prestazioni paragonabili a quelle di una coppia di oggetti simili di classe elevata. Ma se si considera che si tratta di diffusori a torre che utilizzano soluzioni tecniche relativamente atipiche, per di più contraddistinti da un livello di finitura invero notevole, e che oltretutto esibiscono all'ascolto un suono completo dal carattere anche piacevolmente generoso, allora il sospetto che i tecnici della casa abbiano iniziato ad interessarsi del "soprannaturale" può effettivamente fare capolino...
Gli Arbour 5.20 sono diffusori a tre vie da pavimento dotati ciascuno di un tweeter a cupola morbida in seta da 26mm, con magnete al neodimio e bobina mobile con ferrofluido, e due woofer da 135mm con membrana in polipropilene e mica a radiazione diretta, in connessione parallelo con frequenze di taglio differenti. Il sistema di accordo utilizzato è il "doppio carico reflex asimmetrico in serie". In sostanza, all'interno del diffusore troviamo due camere di diverso volume, comunicanti fra loro, ciascuna accordata ad una propria frequenza. La seconda camera comunica con l'esterno tramite un condotto di accordo che sfocia nella base del diffusore, cosa che, complice la vicinanza del pavimento, rinforza l'emissione alle frequenze più basse.
Questi i dati dichiarati:
I diffusori, contraddistinti da una piacevole e raffinata veste estetica in noce naturale, dispongono di altoparlanti schermati e risultano predisposti per il bi-wiring, effettuabile tramite una doppia coppia di morsetti dorati posti alla base di ciascuno di questi. Particolarmente interessanti i dati relativi all'impedenza e all'efficienza. Il primo indica un valore nominale piuttosto tranquillo, cosa che dovrebbe semplificare il lavoro di amplificatori non particolarmente dotati in termini di capacità di pilotaggio. Il secondo consente di ottenere elevate pressioni sonore anche in abbinamento con amplificatori di limitata potenza.
Le caratteristiche di questi diffusori sono tali che, in un certo qualmodo, gli stessi risultano capaci di soddisfare le esigenze sia del pubblico che per la prima volta si accosta al mondo della riproduzione musicale di una certa qualità, che di quello "navigato" e generalmente più attento alla correttezza del suono (anche se, come vedremo, a prezzo di un certo impegno...).
I "novizi" sono infatti spesso attratti dalla quantità dei bassi che un diffusore riesce a riprodurre, indipendentemente dalla pulizia a dall'articolazione degli stessi, e magari gradiscono anche una gamma media un pochino arretrata e quella medioalta un tantino caratterizzata, a simulare gli effetti del "famigerato" loudness, una volta sistematicamente presente nella produzione di amplificatori audio. Ecco, è esattamente questo che otterrete se, tolti gli imballi ai diffusori, prendete e li collocate un po' a casaccio a ridosso della parete posteriore o, peggio ancora, in prossimità degli angoli della sala di ascolto. Complici le scelte tecniche e la disposizione del condotto di accordo che comunica con l'esterno, l'energia alle basse frequenze sarà tale che vi sembrerà di avere un robusto subwoofer in funzione, tanto per dare un'idea.
Ma se solo avete un ambiente adatto, adeguatamente ampio ed assorbente, e siete disposti ad impegnare un po' del vostro tempo per ottimizzarne le prestazioni, allora potreste godere di un suono completo, generoso e sostanzialmente corretto, conseguendo un rapporto costo/prestazioni difficilmente eguagliabile…
Per quella che è la mia esperienza con le snelle torri Arbour 5.20, la "ricetta" è la seguente: allontanatele adeguatamente dalle pareti posteriore e laterale (almeno 1-1,5 metri), ed accoppiatele al pavimento tramite un set di punte coniche, utilizzandone magari una più alta delle altre per inclinare un tantino i diffusori all'indietro. L'uso di una coppia di feltrini come quelli forniti in dotazione con i diffusori Aliante (notevole, tra l'altro, il loro contributo in termini di focalizzazione dell'immagine virtuale…), da collocare sulla flangia in prossimità della cupola dei tweeter, lato inferiore interno, nel mio caso ha particolarmente giovato alla coerenza di emissione tra woofer e tweeter, che altrimenti, nel mio ambiente di ascolto, risultava piuttosto caratterizzato, al punto che si lasciava preferire l'ascolto con le griglie montate. Un'oculata scelta dei cavi, selezionati tra i più ariosi e dolci tra quelli a mia disposizione, mi ha infine consentito di ottimizzare al meglio anche quest'ultimo parametro. Indispensabile, poi, un buon periodo di rodaggio (diciamo perlomeno una cinquantina di ore), pena una evidente difficoltà di articolazione della gamma bassa, ed un emissione del tweeter un tantino grossolana ed eccessivamente asciutta.
Ciò premesso (ed applicato), il risultato conseguito è stato piuttosto soddisfacente, con un buon equilibrio timbrico globale ed un'estensione verso le basse frequenze insospettabile, se solo si considerano le dimensioni del mobile e dei piccoli altoparlanti impiegati. La soluzione del doppio carico asimmetrico, assimilabile ad una sorta di linea di trasmissione, consente effettivamente di godere di una gamma bassa che, seppure non si possa dire faccia dell'articolazione e del controllo i suoi punti di forza, risulta tuttavia sufficientemente agile ed in grado di rendere giustizia a strumenti quali il contrabbasso e persino l'organo a canne.
Buona la coesione tra il mediobasso, privo di artificiosi gonfiori, ed il medio, piuttosto pulito anche se forse un po' timido e comunque distante dal protagonismo, ed il test effettuato con la voce di Fabrizio De Andrè, sempre piuttosto critico con diffusori più "faciloni" in questa gamma di frequenze, viene superato di slancio dalle piccole torri italiane. La gamma di frequenze affidata al tweeter, è adeguatamente pulita ed accurata, con però alcuni limiti, considerata la classe del prodotto piuttosto veniali, in termini di ariosità e contenuto armonico.
Disponendo di un'amplificazione di buona energia, la dinamica espressa dalle Arbour 5.20 è decisamente soddisfacente, ed il sistema è in grado di rendere giustizia anche ai brani più cattivi e ricchi di contenuto energetico. Ovviamente, non potete aspettarvi quei contrasti dinamici e quel senso di realismo così spinto tipico dei grossi diffusori di elevata qualità. Tuttavia, la generosità di queste snelle torri è tale che non mancheranno di suscitare nell'ascoltatore quel coinvolgimento emotivo molte volte assente utilizzando piccoli diffusori anche di elevata qualità, e che invece ritengo sia essenziale per vivere la propria musica preferita in maniera, passatemi il termine, "viscerale"...
Sul fronte della microdinamica, troviamo una prestazione sostanzialmente adeguata alla classe di appartenenza di questi diffusori. Credo sia fuori luogo pretendere elevate doti di trasparenza e velocità a questi livelli di prezzo, e le pur generose Indiana Line, in tal senso, fanno quello che possono.
E veniamo alla ricostruzione dell'immagine virtuale. Se bene ottimizzate (vedi sopra), le Arbour 5.20 non hanno difficoltà nel ricreare un palcoscenico ampio e di buona profondità, sostanzialmente sviluppato alle spalle dei diffusori, considerata l'assenza di protagonismo in gamma media.
Gli elementi appaiono stabili ed adeguatamente focalizzati, mentre non è da primato la sensazione di aria infrastrumentale. Questo, tuttavia, non limita eccessivamente la "leggibilità" dell'olografia, e solo la mancanza di un tappeto musicale scuro e denso, patrimonio di realizzazioni ben più costose, impone qualche sforzo di concentrazione nel corso della scansione dei diversi piani nel senso della profondità.
Generosi, coinvolgenti, ottimamente rifiniti e, pur con le loro peculiari caratteristiche timbriche, sostanzialmente corretti, questi Arbour 5.20 mi sono davvero piaciuti, inducendomi più di una volta ad un ascolto rilassato e per nulla analitico. Se ben installati ed ottimizzati, sono in grado di esprimere un rapporto qualità/prezzo vantaggioso. Diffidate degli ascolti frettolosi effettuati in ambienti sconosciuti e con una disposizione approssimativa dei diffusori stessi.
Metterli in condizioni di esprimersi al meglio, infatti, richiede a mio avviso una certa dose di pazienza ed esperienza. Ma chi avrà voglia di impegnarsi in quello che, tutto sommato, potrebbe rivelarsi un piacevole passatempo, sono certo che otterrà in cambio risultati ampiamente soddisfacenti, paragonabili a quelli conseguibili con prodotti simili di costo anche notevolmente superiore.
Caro Stefano, concordo con te sulle osservazioni circa l'effetto loudness presentato da questi diffusori. La stessa configurazione del filtro porta ad una leggera esaltazione della gamma di frequenze attorno a 70--100 Hz. Come ebbi a dire a Lucio in relazione al commento sui diffusori Arbour 5.30, che in dimensioni molto più compatte adottano la stessa filosofia di crossover (che definisco a due vie e mezzo), questo effetto è stato voluto in sede di progetto e confermato, a livello di gradimento, da parte del nostri clienti.
In questo diffusore il condotto di accordo (FL = 50 Hz) che sfocia sul pavimento genera, per effetto specchio, un incremento di efficienza, estensione e potenza anche alle frequenze più basse (astonishing bass powerfulness). Di qui il coinvolgimento che hai definito giustamente "viscerale" (il mio professore di acustica sosteneva che la musica oltre che con le orecchie doveva essere sentita con ...lo stomaco!).
Per quanto riguarda le alte frequenze, le tue osservazioni (e precedentemente quelle di Lucio), mi portano a pensare e temere che le 20 ore di rodaggio che suggerisco nel manuale d'uso siano decisamente insufficienti. Non tanto per le sospensioni dei woofer (che devono abbassare la frequenza di risonanza di circa 10 Hz rispetto al nuovo), quanto proprio per i tweeter, a causa della presenza del ferrofluido. L'effetto smorzante è infatti strettamente legato alla densità e, soprattutto, alla quantità del medesimo. Un eccessivo smorzamento limita in basso la banda passante del tweeter (agisce come filtro meccanico passa-alto) penalizzando e "velando" in tal modo proprio la gamma medio-alta (quella tipica della voce femminile), fino a quando l'eccesso di ferro fluido non viene eliminato con l'uso (il rodaggio appunto).
Da sottolineare le tue considerazioni riguardo al livello di finitura. Molti nostri concorrenti commerciali, offrono a prezzi ben più alti, diffusori con finitura in vinile, molto meno costosa, anche se di aspetto gradevole.
Ing. Renato Fornasieri per Alcor SpA
© Copyright 2002 Stefano Monteferri - http://www.tnt-audio.com