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Prodotto: diffusori B&W DM4
Costruttore: B&W - UK
Prezzo di listino: 250/320.000 lire nel 1972/coppia. Oggi variabile tra 150 e 850€ a seconda delle condizioni
Recensore: Lucio Cadeddu - TNT Italia
Data recensione: Marzo, 2019
Il “vintage” è sempre di gran moda e il mercato dell'HiFi non fa eccezione. Ovviamente, c'è vintage e vintage. Anzi, c'è vintage meritevole ancora oggi di attenzione e c'è tanta roba vecchia spacciata per la quintessenza del suono old style, ammesso che ne esista uno.
Capita, così, di vedere etichettati come irripetibili affari degli apparecchi che godevano di pessima reputazione persino quando furono immessi sul mercato! Esistono, poi, componenti HiFi che - per un motivo o per l'altro - hanno un posto speciale nei ricordi degli audiofili.
Alla fine degli anni '60 il colosso inglese B&W muoveva i suoi primi, timidi passi nel mondo dell'HiFi. I suoi primi diffusori utilizzavano ancora altoparlanti di altri Costruttori ma un certo imprinting esisteva già e ben presto gli audiofili si accorsero delle indubbie qualità e della capacità di innovazione di questo neonato marchio inglese.
Oggi vi voglio parlare dei B&W DM4, dove DM sta per “Domestic Monitor”, ovvero una tipologia di diffusore che ambiva a portare in ambito casalingo l'impostazione e la qualità dei monitor da studio di registrazione inglesi. Così, nel 1968 fu lanciato sul mercato il piccolo DM1, un diffusore tre vie di dimensioni contenute e prezzo elevato. Quattro anni più tardi, nel 1972, fu commercializzato il modello DM4, che riprendeva le caratteristiche di base del progenitore DM1, portandole a un livello più elevato. Il woofer era interamente realizzato in casa, mentre midrange e tweeter erano di provenienza Celestion e Coles.
Il DM4 è un diffusore a tre vie, con un midwoofer con membrana in Bextrene, il DW200/4, progettato e realizzato in casa dalla stessa B&W, un tweeter Celestion HF1300 MkII (utilizzato anche nei mitici BBC LS3/6 e Spendor BC1) più un supertweeter Coles 4001 con cupola in plastica da 19 mm (anche questo montato su Spendor BC1/SP1, IMF, Cambridge R50, B&W DM2 e DM2a).
Per essere più precisi, sono esistiti due tipi di midwoofer DM200/4, uno con la sospensione in gomma bianca, delicata, perché tendeva a indurirsi e mandare fuori asse il cono, e quella nera dell'esemplare in mio possesso.
Il filtro crossover era un Butterworth a 18dB/ottava (tagli a 3,5kHz e 14kHz), mentre la risposta in frequenza dichiarata era estesa da 30 Hz fino a oltre 25 kHz (±2dB). In realtà, come da documentazione ufficiale B&W, le cose in gamma bassa andavano decisamente peggio di così. Infatti la risposta in camera anecoica in asse si fermava a 80Hz-20kHz ±5dB e 140Hz-14kHz entro i classici ±3dB. L'impedenza nominale era 8 ohm, con un minimo tranquillo a 6 ohm (200 Hz) e un picco a 25 ohm (∼2000 Hz). Ogni DM4 era misurata in camera anecoica e i grafici di risposta venivano allegati alla documentazione del diffusore.
Il carico acustico è una sorta di cassa chiusa “ventilata”, nel senso che l'interno del cabinet è ben imbottito di materiale assorbente (anche lana a fibra lunga) e un foro sul frontale (che però non è un vero condotto reflex) consente un migliore controllo dell'escursione del cono del midwoofer tra i 60 e i 120Hz. Il cabinet era costituito da pannelli di truciolare di 19 mm di spessore, con strutture di rinforzo interne. I connettori accettano solo banane, non previsto l'uso di cavo spellato o forcelle.
La sensibilità dichiarata era di 95 dB con, però, 4,8 watt in ingresso a 8 ohm e a 400 Hz. Questo significa che, secondo lo standard moderno di misura (dB/1watt/metro) questi diffusori hanno una sensibilità inferiore ai 90 dB. Perciò, tutti i proclami che capita di leggere in rete, su forum e quant'altro, si basano su un assunto sbagliato! Come al solito, ci si ferma a leggere un numero (95 dB) senza guardare il resto, ovvero con quanti watt in ingresso si arriva a quella pressione sonora.
La tenuta in potenza può sembrare vergognosamente bassa per gli standard attuali e infatti B&W si premura di raccomandare amplificatori tra i 10 e i 30 watt per canale. Come vedremo nel corso della prova, avevano ragione da vendere!
Le finiture disponibili erano: teak, noce e palissandro, più una rarissima finitura bianca satinata e un frassino nero. Dimensioni: altezza 531mm, larghezza 254mm, profondità 255mm; peso: 11.1kg ciascuna.
La seguente tabella di dati dichiarati è presa direttamente dalla documentazione ufficiale B&W:
Per capire bene il carattere di questi DM4 è utile avere chiaro in mente con quali criteri si giudicavano i diffusori nell'epoca nella quale sono stati progettati e prodotti. Era opinione diffusa, ad esempio, che i diffusori dovessero per quanto possibile “copiare” il suono dei monitor da regia di studio di registrazione. Il senso era: se il disco è stato registrato con questi diffusori, perché a casa dovrebbero essere diversi? Non è un caso, infatti, che questi DM4 fossero denominati “domestic monitors” ovvero monitor domestici. Purtroppo, o per fortuna, le stanze dove si ascolta musica a casa hanno caratteristiche acustiche completamente diverse dalle cabine di regia degli studi di registrazione. Non solo, ma al mixing desk, in genere, si ascolta in campo molto ravvicinato, e difficilmente a casa si replica una situazione simile. Quindi, senza scomodare argomenti più sofisticati e complessi, diciamo che l'assunto di partenza era sbagliato.
In UK, poi, le regole della BBC per i monitor da studio dettavano legge. Cosa aspettarsi dunque da diffusori nati con questa precisa idea in mente? Dimentichiamoci il solito cliché del suono “vintage” caldo, morbido ed eufonico. È vero che molte elettroniche dell'epoca suonano così (principalmente perché hanno i condensatori scarichi) ma questi DM4 sono l'esatto contrario. Sono precisi, trasparenti e con un carattere sonoro tendente all'asciutto e al chiaro. Esattamente il contrario di ciò che un ottuso amante del suono finto-vintage desidererebbe. Da buon monitor di classe, c'è un effetto presenza della gamma media e medio-alta abbastanza evidente, che mette leggermente in risalto voci, strumenti a corda e percussioni. La gamma alta, nonostante la presenza dei supertweeter, non è comunque affaticante, i Coles infatti completano semplicemente il contenuto armonico delle note prodotte dai tweeter Celestion, solo oltre i 14 kHz.
La performance in gamma bassa è fortemente dipendente dalla posizione e, in particolare, dalla distanza della parete posteriore: più è vicina e più la gamma bassa diventa convincente. Altrimenti è leggera, di scarso impatto e pure poco profonda. Posizionateli come un moderno diffusore da stand e vi chiederete che fine abbiano fatto i bassi. L'articolazione è buona, ma la profondità in basso resta comunque limitata, più di tanto questi diffusori non scendono. Su tracce di musica elettronica moderna, tipo Massive Attack o Morcheeba, i woofer perdono il controllo molto facilmente, se si esagera un pochino col volume. Forse all'epoca bassi così profondi non erano presenti nei dischi, ma oggi sì, e sono tosti da riprodurre come si deve. Tuttavia, persino i pedali più gravi dell'organo appaiono un po' leggeri e privi di corpo.
Generalmente, direi che questi diffusori siano stati progettati pensando più alla musica classica e al jazz acustico, generi coi quali - infatti - si esaltano. Col rock e con l'elettronica faticano un po' a trovare il giusto impatto e vigore.
Questi DM4 di sicuro non scuoteranno le pareti o il pavimento, non era il loro scopo. Non sono stati progettati e realizzati per stupire ma per suonare precisi e trasparenti. Così, non è difficile convincersi che preferiscano sottolineare le piccole variazioni dinamiche, specie in gamma medio-alta, che cercare di inseguire a tutti i costi gli impegnativi salti dinamici in gamma bassa e medio-bassa. In più, lo slam del quale sono capaci è limitato dalla tenuta in potenza, abbastanza lontana dagli standard attuali. Probabilmente i driver, dal punto di vista meccanico ed elettrico, più di tanto non possono fare. C'è anche da considerare il fatto che gli altoparlanti degli esemplari in prova sono quelli originali dell'epoca, mai sostituiti né riparati. Di conseguenza sarebbe normale che, dopo 40 anni, le sospensioni e gli spider si siano un po' induriti, limitando le possibilità dinamiche degli altoparlanti. Anche la componentistica passiva del crossover è quella dell'epoca, quindi almeno i condensatori qualche effetto del tempo l'hanno subito. D'altra parte non avrebbe avuto senso recensire questi diffusori dopo un restauro approfondito, chi ne acquista una coppia vorrebbe sapere come suonano oggi, non come potrebbero suonare se sottoposti a una revisione profonda.
La cosa migliore da fare per goderseli appieno è dar loro programmi musicali non troppo impegnativi dal punto di vista dinamico, per non forzarli là dove non possono andare.
Come per quasi tutti i diffusori dell'epoca, la creazione di un soundstage ampio e realistico non era una priorità. Anzi, neppure si sapeva cosa fosse, ci si limitava alla costruzione di un palcoscenico bidimensionale. I DM4 non solo non fanno eccezione ma anzi erano stati progettati per suonare addossati alla parete di fondo, quindi un'eventuale profondità dell'immagine era del tutto fuori discussione. E infatti così è. Non solo il palcoscenico ricostruito è piatto, schiacciato sulla parete di fondo, ma è anche limitato in altezza, nonostante abbia provato con stand di diverse altezze. Per fortuna, però, a rendere godibile il tutto è la precisione dei contorni di esecutori e cantanti, come da buona tradizione monitor. Non cercate di distanziarli dalla parete di fondo alla ricerca di un po' di profondità dell'immagine, perché il basso si alleggerirebbe in maniera intollerabile.
In buona sostanza, riassumendo, la performance in gamma bassa in termini di estensione e impatto non è come quella cui siamo abituati con diffusori moderni. Il basso è abbastanza veloce e articolato, ma va in crisi se gli chiedete di riprodurre frequenze molto basse ad alti livelli sonori. Questo limita la pressione sonora totale. Anche un piccolo diffusore economico come l'Elac Debut B5 fa meglio in termini di tenuta in potenza in gamma bassa e di impatto fisico complessivo.
L'immagine tridimensionale è ciò che può essere, data l'età e il progetto. Il suono ha una leggera connotazione monitor che porta un po' in avanti la gamma media.
Nel mio esemplare, nonostante abbia provato a porre rimedio in tutti i modi, la lana presente all'interno aveva la tendenza a fuoriuscire dal foro anteriore in presenza di forti escursioni in gamma bassa. L'aria spostata dai midwoofer soffia con forza dal foro trascinando con sè dei pezzi di fibra di lana (che per fortuna è naturale), che possono essere rimessi al loro posto ma che inevitabilmente fuoriescono al successivo colpo di grancassa. C'è anche da dire che questo accadeva quando chiedevo ai poveri DM4 di fare gli straordinari con tracce killer ricche di frequenze molto basse. Normalmente ciò non si verifica.
Infine, siete obbligati a usare conettori a banana, perhé non è prevista altra possibilità, neppure il cavo spellato.
B&W suggeriva l'utilizzo di stand di altezza compresa tra 50 e 100 cm, ma secondo me il migliore equilibrio si ottiene con 50 cm, onde evitare di alleggerire troppo la gamma bassa. Il manuale riporta a chiare lettere che i diffusori sono nati per stare su una libreria a contatto con la parete posteriore o addirittura fissati alla parete tramite delle staffe che potevano essere acquistate separatamente (mod. WMK4). Il posizionamento freestanding, tanto in voga oggi, era considerato un problema per B&W, quindi se volete sentire davvero come devono suonare questi diffusori secondo chi li ha progettati...addossateli alla parete posteriore.
L'inclinazione verso il punto d'ascolto non è necessaria, a meno che non si posizionino i diffusori molto distanti l'uno dall'altro. B&W raccomandava di non andare sotto i 2.5 metri e sopra i 4.5 metri.
Considerando la curva dell'impedenza, questi DM4 sono un carico amichevole per qualunque amplificatore. E dovevano esserlo, considerate le ridotte capacità di pilotaggio degli amplificatori dell'epoca. La sensibilità non è elevatissima, ma con 25/30 watt si riesce a sonorizzare adeguatamente una sala di dimensioni medie. Non esagerate con la potenza, perché il fondo corsa dei woofer è sempre in agguato (e si percepisce con una sorta di click). L'amplificazione potrà essere a valvole o a stato solido, anche vintage, qualora si volesse addolcire un po' il carattere monitor di questi diffusori.
I DM4 non sono impossibili da reperire nel mercato dell'usato. Se ne sono salvate diverse coppie, perché si trattava di diffusori di un certo pregio. Trovarli perfettamente originali può essere difficile, perché qualche driver potrebbe essere stato sostituito con altri non originali. In questo caso, direi di evitare assolutamente l'acquisto. I ricambi non si trovano facilmente, a parte il supertweeter, tornato in produzione e reperibile, ad esempio, su FalconAcoustics.co.uk, dove questi driver sono dichiarati essere “new 2018 manufacture stock”. I tweeter Celestion HF1300 e i midwoofer B&W DW200/4 sono più difficili da trovare. Ogni tanto ne compare qualcuno su Ebay o siti analoghi. In generale, suggerirei di far riparare gli altoparlanti originali piuttosto che farli sostituire con altri dichiarati compatibili. Il crossover andrebbe rinfrescato con componenti passivi nuovi di pari valore.
Nel caso in cui il diffusore dovesse essere muto o ammutolirsi durante l'uso, controllare il fusibile posto sotto ai connettori d'ingresso. Sostituirlo con uno identico. In ogni caso, è una buona idea spruzzare le estremità e i contatti del fusibile con un buon spray disossidante.
I B&W DM4 sono diffusori monitor di classica scuola inglese, con tutti i pro e i contro di questa impostazione. Tenuti dentro i loro limiti fisici (che ci sono) riescono a regalare un suono preciso, pulito e di grande fascino, nonostante gli oltre 40 anni di vita. Qualora voleste provare il brivido del vintage di qualità, quello vero, non le porcherie che si cerca di spacciare come tali, questi DM4 potrebbero essere un'ottima soluzione, visto il costo basso col quale si riescono ancora ad acquistare. Pur essendo un progetto di ben 47 anni fa, stupiscono per la qualità sonora complessiva e affascinano quando suonano classica o jazz, sembra che il tempo sia passato quasi invano. Questo è il vintage che mi piace!
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