Come abbiamo visto nella prima parte, la soluzione per eliminare virtualmente il jitter nei CD player integrati è ovvia, anche se ha un certo costo.
Nel caso dei DAC separati, con una meccanica in un contenitore e il DAC in un altro, è ora chiaro che è necessario fornire al DAC un clock estremamente pulito.
Ovviamente, migliore è il clock proveniente dalla meccanica, migliore il clock ricostruito nel DAC. Un modo molto semplice ed economico di ottenere un segnale migliore da una meccanica è quello di effettuare un re-clocking (cioè eseguire un riallineamento temporale) con il clock più pulito a disposizione. Questo garantisce i risultati migliori possibili ad un costo davvero ridotto.
Sfortunatamente questa soluzione economica non risolve tutti i problemi di jitter con sistemi separati.
In breve: il codice bifase-mark utilizzato causa un interferenza fra clock e dati: cioè il clock per quanto possa essere preciso in origine viene "sporcato" da dati, per cui qualsiasi clock estratto dal flusso dati è affetto da jitter dipendente dai dati!
Bel colpo! l'hanno scoperto con una decina d'anni di ritardo, vero, ma meglio tardi che mai...
Così i signori dell'HiEnd (dato che i costi di implementazione non sono sostenibili in sistemi di fascia bassa) iniziarono ad inventare ogni possibile soluzione alternativa al problema.
Prima di tutto, i PLL (phase locked loop) standard utilizzati dai ricevitori audio digitali non hanno una qualità sufficiente per l'audio HiEnd: spesso dopo il ricevitore viene aggiunto un secondo PLL, molto più preciso e stabile, basato su oscillatori al quarzo controllati in tensione. Questa soluzione apparentemente banale, se correttamente implementata, può dare in effetti risultati di assoluta eccellenza senza una eccessiva complessità e senza la necessità di interfacce non standard. Il costo di una buona implementazione non è però basso.
Il secondo approccio è quello di trasmettere il clock separatamente. Questa è in un certo senso anche la soluzione normalmente adottata nei sistemi professionali, dove è necessario mantenere molti diversi sistemi perfettamente allineati e sincronizzati. Di conseguenza, sono state proposte alcune interfacce proprietarie basate su questo stesso concetto.
Una implementazione abbastanza particolare che si è vista di recente (da NorthStar per esempio) è di estendere l'interfaccia I2S al di fuori della meccanica con una connessione multifilare al DAC. Ciò ha l'ulteriore beneficio di non richiedere neppure il trasmettitore e il ricevitore S/PDIF, ma solo dei ricevitori e trasmettitori di linea, cosicchè l'intero circuito può essere molto semplificato. Purtroppo, non è stato definito alcuno standard, e quindi ciascuna implementazione sembra piuttosto differente.
Il primo problema che tali soluzioni devono affrontare è quello della non compatibilità con gli standard. Ciò non è un problema dal lato della meccanica, dove è semplicemente necessario aggiungere delle uscite digitali secondarie ad hoc per i segnali necessari.
Dal lato DAC invece si è costretti normalmente a implementare anche l'interfaccia standard, che ricava il clock dal flusso SPDIF. In pratica il circuito abilita o disabilita il clock esterno o l'ingresso I2S a seconda del partner. Questo aggiunge una certa complessità al sistema, anche perchè in quasi tutti i casi si vuole rendere tale commutazione completamente automatica e basata sul riconoscimento dei segnali sui vari ingressi. Questa complessità aggiuntiva può ovviamente mettere a rischio la purezza del clock.
C'è però un ulteriore svantaggio, in questa configurazione.
Trasferire un segnale di clock da un altro sistema attraverso una coppia di trasformatori di impulso, duo coppie di connettori ed un cavo soggetto a interferenze RF e anelli di massa, non è proprio il modo migliore di tenerlo pulito.
La soluzione proposta da alcuni produttori (Wadia e Sonic Frontiers, fra l'altro) è di spostare l'oscillatore master dove è necessario avere il clock più pulito: cioè nel DAC.
In questa configurazione la meccanica riceve un clock degradato, probabilmente affetto da jitter. Ma dato che l'unico fine della meccanica è quello di trasmettere al DAC un flusso sincrono con il clock del DAC, mentre la precisione può essere semplicemente garantita eseguendo localmente il re-clocking del segnale prima che entri nel DAC, il fatto che la meccanica sia affetta da jitter non causa alcun problema, a meno che ciò non provochi errori di trasmissione.
Ovviamente, ciò risolve un grosso problema, ma rende sia il DAC che la meccanica dei sistemi funzionalmente abbastanza diversi da quelli normali. O meglio, riporta il concetto di meccanica e DAC indietro alle origini, ricostruendo qualcosa di molto simile ad un CD player integrato in due box.
Ancora una volta, i problemi sono di compatibilità: sia la meccanica che il DAC devono implementare sia il comportamento standard, con la meccanica master connessa via SPDIF ad un DAC slave, sia il nuovo concetto, con il DAC master e la meccanica slave. Un sacco di componenti e di complessità in più, e prezzi corrispondenti: né Wadia né Sonic Frontiers sono noti per i prezzi particolarmente economici, invero.
C'è anche chi è andato oltre. Linn, dopo aver studiato il problema, è giunta alla conclusione che riportare il clock indietro causa troppe interferenze ad alta frequenza, e ha implementato perciò un sistema leggermente diverso.
Per evitare il trasferimento del segnale ad alta frequenza, e tenendo conto del fatto che l'interfaccia SPDIF già trasferisce anche una informazione di clock che viene resa disponibile nel DAC dal ricevitore, in Linn hanno scelto di implementare quello che si potrebbe definire un "phase locked loop distribuito"
Apparentemente (Linn non si rende troppo disponibile a fornire informazioni sugli aspetti tecnici dei propri prodotti) vengono aggiunti nella meccanica un secondo oscillatore controllato in tensione (VCO) che fornisce un clock locale, ed un comparatore di fase nel DAC. Il comparatore di fase compara costantemente la fase del clock estratto dal flusso SPFIF con quello dell'oscillatore master, ed invia indietro un segnale proporzionale alla differenza di fase. Se il VCO rallenta, allora la differenza di fase cresce, ed il segnale di controllo forza il VCO ad andare più veloce, ripristinando l'angolo di fase desiderato. Questo è esattamente il comportamento di un PLL, e l'unica (non banale) particolarità consiste nel fatto che le due parti del circuito sono inserite in due diverse unità.
Tutta la discussione fino ad ora non ha mai affrontato la modalità fisica con cui le informazioni vengono trasmesse. Il motivo è che il supporto trasmissivo è assolutamente irrilevante per quanto discusso sopra.
Ci sono tuttavia alcune differenze rilevanti tra i vari standard, e ora le affronteremo brevemente.
Come probabilmente saprete, ci sono tre tipi principali di connessioni utilizzate nell'audio digitale. Le prime due, S/PDIF and AES/EBU, sono connessioni elettriche, cioè cavi elettrici con caratteristiche e terminazioni ben specifiche.
Sia l'interfaccia S/PDIF che la AES/EBU, molto simile ed usata normalmente nei sistemi professionali su connessione bilanciata, sono state accettate come standard internazionali sotto il nome IEC958. Questi standard sono stati in seguito estesi in diverse direzioni (velocità più elevate, maggior numero di bit, più canali audio, e così via) e tutta la materia è oggi regolamentata dalle norme IEC60958.
La connessione S/PDIF standard (lo standard consumer, fra l'altro) è costituita da un cavo coassiale da 75 ohm (RG59, per esempio) terminato con connettori maschi RCA. Sfortunatamente, praticamente nessuno certifica i pin RCA per una impedenza caratteristica precisa di 75ohm, perciò parecchi produttori di alto livello preferiscono usare connettori BNC, che sono usati comunemente nei laboratori per applicazioni di alta frequenza e si trovano con impedenze precise di 75 ohm. Notare che questi connettori sono fuori dallo standard... ma probabilmente vanno meglio di quelli standard.
AES/EBU, lo standard professionale, usa cavi bilanciati schermati con impedenza di 110ohm terminati con connettori bilanciati XLR a tre contatti.
Una nota su un punto non chiarito precedentemente: i flussi SPDIF ed AES/EBU hanno la medesima struttura, ma cambiano alcuni bit di servizio: perciò montando un connettore bilanciato XLR su un canale SPFDIF non si ottiene una connessione AES/EBU.
L'ultimo tipo di connessione è quello ottico. La connessione ottica usata nel consumer è denominata TOSLINK, dal fatto che è stata sviluppata dalla Toshiba. In questa connessione il mezzo trasmissivo è una fibra ottica di plastica o nei casi migliori di vetro. Il trasmettitore è semplicemente un led rosso, mentre il ricevitore è un circuito sensibile alla luce. Il segnale è codificato come l'SPDIF.
Esiste un ulteriore tipo di connessione ottica denominata ST ma è poco comune.
Per quanto riguarda le connessioni elettriche, S/PDIF è la più semplice e la più economica, in quanto non richiede un trasformatore alle estremità. E' anche la meno efficace, dato che c'è poco isolamento fra i due sistemi e lo schermo può essere soggetto ad essere attraversato da correnti dovute ad anelli di terra, mentre non dà sufficiente protezione da interferenze RF. AES/EBU è più costoso, ma decisamente meglio sotto tutti questi aspetti.
Il confronto fra TOSLINK e connessioni elettriche è meno facile. Infatti la connessione TOSLINK è da sempre sotto accusa per le elevate quantità di jitter introdotto, e da recenti misure (2ns di jitter di picco) apparse su DIYAudio.com sembra essere abbastanza vero (anche se su documenti AES si trovano riferimenti a livelli di jitter in linea di 30nsec...). Non è chiaro, però, quale sia il contenuto spettrale del jitter, mentre è ben noto che la maggior parte del jitter ad alta frequenza può essere eliminato dal ricevitore SPDIF.
Per ulteriori infromazioni sull'interfaccia SPDIF potete far riferimento all'articolo
S/PDIF Interface di Tomi Engdahl
che, pur non essendo alla base di questo articolo, è certamente stato un ottimo punto di riferimento.
Questo articolo è solo una breve discussione delle possibili implementazioni della connessione fra una meccanica ed un DAC. Sempre nuove soluzioni (USB, FireWire,... ) vengono messe a disposizione, ma la qualità che possono offrire è tuttora da verificare appieno. Nel frattempo, questo è quanto vi è oggi per le connessioni audio digitali di alta qualità.
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Conclusioni