Sorge immediato chiedersi che cos'è l'Alchimia, termine di sapore antico e dall'oscuro significato e cosa ha a che fare con la musica e con l'Alta Fedeltà?
L'Alchimia è azione finalizzata alla trasformazione, la *Grande Opera*
dei vecchi alchimisti veniva rappresentata infatti dalla trasmutazione
di un metallo vile, il piombo, in un metallo nobile, l'oro.
Quest'operazione, apparentemente meccanica, nascondeva il reale scopo di
una vita di studi e di applicazione della ricerca, l'uomo trasformava
sè stesso, partendo dalla parte grezza di sè, la
personalità non integrata, per arrivare, attraverso un processo di
raffinazione sottile, ad uno status in cui la personalità si integra
con l'anima seguendo di questa gli scopi.
La musica diventa esempio di questo processo alchemico, e mi limito in
questo contesto a considerare solamente ciò che l'uomo crea e di cui
liberamente fruisce, quando si osserva che essa, partendo da un'azione
che apparentemente interessa il piano fisico, ovvero l'offerta ai nostri
organi di senso di suoni organizzati, finisce per trasferirsi su di un
piano che non è più quello materiale ma quello impalpabile
delle emozioni.
Mi fermo a osservare questo passaggio del processo, senza volere indagare
oltre circa il trasferimento delle emozioni ad altri piani ancor più
sottili, perchè questo è il momento in cui si può
applicare ciò di cui ho appena accennato al campo che in sede di
questa rivista direttamente interessa: l'Alta Fedeltà.
Ci si è mai chiesti qual'è il fine che spinge le persone a
possedere un impianto HiFi e a cercare continuamente di migliorarne le
prestazioni?
Spesso questa motivazione sfugge alla ragione nascondendosi in regioni
occulte del pensiero, tuttavia ciò che primariamente induce l'uomo a
riprodurre per sè della musica è certamente il desiderio di
emozione.
Chi potrebbe negare infatti che il principale nutrimento nel fruire di
una composizione musicale sia proprio l'emozione che nell'ascoltatore si
produce ?
Il nostro corpo è in questo senso un meccanismo incredibilmente
raffinato:i nostri recettori, gli organi di senso, compiono un lavoro
estremamente preciso, quando ricevono e ritrasmettono i messaggi che
saranno poi trasmutati in emozione.
Bisogna osservare però che durante un ascolto *in diretta* dei
musicisti questo lavoro comporta una facilità che è insita
nella natura stessa delle cose, tutto sta li' e non c'è altro da fare
che non la semplice azione dell'ascoltare, cosa che del resto non richiede
alcun genere di artificio.
Se nel riprodurre la musica in casa propria il fine rimane invariato,
(la produzione di materiale per la nostra sfera emotiva), diverso è il
modo in cui gli organi di senso, imputati alla raccolta dei dati, si
trovano a dover operare per svolgere un compito che è fondamentalmente
lo stesso.
Un sistema HiFi in questo caso ha il compito di sostituire i musicisti
e ciò che gli si richiede è di operare, a nostro beneficio, un
convincente inganno sensoriale.
Se si potesse codificare per intero il contenuto di informazioni che in
un ascolto dal vivo viene elaborato, sarebbe immediatamente chiaro quanto
in una riproduzione domestica questo fattore subisca delle imponenti
variazioni, sia in termini di quantità che anche, e in maniera importante,
in quelli più specifici di qualità.
Si è sempre fatto un gran parlare della difficoltà che comporta
registrare queste informazioni su un supporto ripetibile e in seguito
rielaborarle per la riproduzione finale;anche se dai primordi ad oggi
la tecnologia ha compiuto passi da gigante, alla resa dei conti, sinchèun
sistema acustico sarà costituito da una sorgente che invia segnali a
due diffusori ed un ascoltatore, rigidamente condizionati da una
imprescindibile simmetria, sempre ci si dibatterà nel medesimo e annoso
problema:la necessità di dover produrre un inganno per il nostro
apparato sensoriale.
Ora, un inganno è tanto più convincente quanto più esso stesso riesce
ad avvicinarsi alla credibilità; ecco, da qui sembrerebbe trarre origine
quell'irrefrenabile desiderio di miglioramento che ogni audiofilo
profondamente conosce.
Si sarebbe portati ora a ragionare di acustica, di matematica, di anatomia
umana o architettura domestica, ma lasciamo queste argomentazioni a
progettisti e costruttori; noi audiofili, che per la grande maggioranza
usiamo servirci di prodotti finiti e già presenti sul mercato, dovremmo,
per la nostra stessa causa, cercare di semplificare al massimo quel
criterio di valutazione in base al quale solitamente scegliamo una
apparecchiatura Hi-Fi.
Perchè dunque non provare a utilizzare quegli strumenti di valutazione
che già sono in nostro possesso ma che tanto spesso invece preferiamo
trascurare?
Proviamo ad ascoltare prima della scelta, valutando per quel che sarà il
risultato emozionale e non per delle semplici e troppo spesso fuorvianti
promesse stampate.
Per concludere, la migliore qualità di un impianto ad Alta Fedeltà può essere misurata, a mio parere, non tanto da strumenti elettronici capaci di elaborare quantità impressionanti di dati numerici o di grafici, ma da uno strumento talmente semplice da non poter mentire: il nostro stesso corpo emotivo.
© Copyright 1997 Marco Manca (Resonance HiFi)