June 2022 editorial

[I Queen e i numeri primi]

I Queen e il mistero dei numeri primi

Autore: Lucio Cadeddu - TNT Italia
Pubblicato: Giugno, 2022

La matematica e la musica hanno sempre condiviso un destino comune: entrambe discipline per iniziati, spesso nascondono misteri incomprensibili ai più. Non è pertanto sorprendente che questi due cammini si siano intersecati più volte nel corso della storia, sia perché i matematici si sono interessati alla musica (la stessa creazione della prima scala musicale è dovuta ai Pitagorici) e perché talvolta i musicisti hanno applicato proprietà matematiche alle loro composizioni, basti pensare a strutture simmetriche e antisimmetriche, a riduzioni in scala tipiche della geometria frattale e...ai numeri primi. Questi, considerati i mattoncini coi quali tutti gli altri numeri sono costruiti (ricordate la scomposizione in fattori primi?) e pertanto assimilabili agli atomi della materia che compone l'universo, condividono con le note musicali la stessa natura elusiva. Anche queste, da sole, non sembrano avere un grande ruolo, ma quando organizzate mirabilmente in armonie e melodie consentono la realizzazioni dei capolavori che hanno affascinato generazioni di appassionati.

I numeri primi sono stati usati dal chitarrista dei Queen, Brian May, in occasione della registrazione del famoso brano We will rock you. May aveva un solido background matematico, essendo all'epoca laureato in fisica, disciplina nella quale poi conseguì il dottorato nel 2007, riprendendo gli studi interrotti per darsi alla carriera artistica. Il problema di May era quello di registrare il ritmo iniziale di We will rock you (il famoso boom boom clap) in maniera tale che sembrasse eseguito da una folla. Loro lo avevavo realizzato usando la pedana della batteria dei Sex Pistols, che registravano il loro “Never mind the bollocks” nello stesso studio di registrazione. Ci si poteva affidare a delle sovraincisioni, tutte ritardate di pochi millisecondi. Così facendo, però, si andavano a generare delle armoniche delle frequenze fondamentali che rendevano il tutto metallico e innaturale, per il sovrapporsi delle frequenze. L'intuito matematico di May fu quello di inserire dei gruppi di ritardo che fossero numeri primi tra loro (ad es. 15 millisecondi e 32 millisecondi, non hanno divisori comuni), questo avrebbe eliminato gran parte delle armoniche fastidiose, e avrebbe realizzato la cosiddetta risonanza non armonica. Il risultato fu così convincente (in effetti sembra che sia una folla a battere il tempo) che servì come fonte d'ispirazione per le prime unità di ritardo digitali, le Lexicon, la prima delle quali fu chiamata non a caso Prime Time e disponeva di un led “prime” che si accendeva quando l'utente selezionava una coppia di ritardi primi tra loro. Oggi esistono dei plug-in che consentono di applicare lo stesso trucco ma, curiosamente, nessun manuale d'istruzioni, né delle Lexicon, né di questi plug-in riconoscono a May il merito della geniale trovata matematica.

[Lexicon Prime Time]

Tutta questa storia, con dettagli inediti e qualche altra escursione nella matematizzazione della musica, la potete trovare in un mio articolo che è stato appena pubblicato dalla rivista Civiltà delle Macchine, un periodico che in passato ha pubblicato contributi di Moravia, Ungaretti, Gadda e, di recente, Giuseppe Conte. Edita dalla Fondazione Leonardo, presieduta dall'on. Luciano Violante, Civiltà delle Macchine si propone di costruire un ponte tra umanesimo e tecnologia.
Inutile che provi a nascondere l'orgoglio per questo riconoscimento. Vi auguro buona lettura!

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