Mutec MC3+ Studio Clock

[Mutec MC3+]

L'abbattimento del Jitter

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Prodotto: Mutec MC3+ Studio Clock
Produttore: Mutec - Germania
Prezzo approssimato: EUR 660 (cambio indicativo di inizio aprile 2014);
Campione di prova fornito da: Affinity Audio

Recensore: Andy Norman - UK
Pubblicato: Marzo, 2014
Traduzione: Gian Luca Scappini

Introduzione

Ho sentito dire da alcuni dei miei contatti audiofili 'pro' che in giro c'è un crescente interesse nell'utilizzo di "studio clocks" nell'high-end domestico. Gli studio clocks di alta qualità sono diventati piu' abbordabili nel prezzo e la gente nel web ha cominciato a parlare dei loro benefici. In questa recensione vi racconto di uno studio clock di recente introduzione e il suo utilizzo nel risincronizzare (reclocking) i flussi dati in un normale hi-fi. Prima di capire cosa fa uno studio clock, dobbiamo sapere qualcosa sul jitter.

Il Jitter

Il Jitter è un tipo di distorsione digitale che non ha paragoni nel campo audio analogico. Nella mia testa funziona in questo modo: le registrazioni digitali campionano l'informazione di un'onda sonora migliaia di volte al secondo. La riproduzione digitale consiste nel decodificare le informazioni campionate per ricreare l'onda sonora. Un fattore chiave in questa catena è la precisione nella frequenza temporale (clocking) con la quale i campioni vengono letti e riprodotti. Nella riproduzione di un CD di qualità standard, il segnale viene campionato con una frequenza pari a 44 (punto uno) volte al secondo. In riproduzione, i campioni devono essere riprodotti esattamente con la stessa frequenza.

La possiamo pensare come un film che è proiettato a 24 fotogrammi al secondo. Il film deve essere girato esattamente a quella velocità e il proiettore deve proiettarlo esattamente a quella velocità. Se la frequenza slitta, il film si vede a scatti.

Il jitter si verifica nell'audio domestico quando si verificano dei problemi di tempistica nel passaggio tra diversi componenti, tipicamente tra un computer e un DAC. Se il flusso di dati è presentato all'apparecchio che li riceve con la tempistica sbagliata o se ci sono inaccuratezze nel clock interno, allora potrebbero verificarsi problemi di jitter. Il jitter, in termini audio, si percepisce sotto forma di scatti ed impulsi spuri. In generale, l'effetto va ad influenzare l'immagine stereofonica e, potenzialmente, danneggia l'accuratezza timbrica nella riproduzione. È quindi benvenuta qualsiasi soluzione capace di ridurre questo jitter.

Studio Clock

I convertitori digitali sono tutti connessi ad un apparecchiatura unica - lo "studio clock" - che invia a questi convertitori dei segnali di sincronizzazione per assicurare l'accuratezza nella codifica e decodifica. In buona parte dei convertitori, dal formato digitale a quello analogico, la funzione del clock è integrata all'interno del chip del DAC ma alcuni modelli di fascia alta possono essere controllati da un clock remoto.

Gli studio clock sono apparecchi di alta qualità che possono avere due applicazioni nell hi-fi domestica: possono essere utilizzati per sincronizzare più apparecchi digitali ad un clock centrale, come in uno studio, o possono essere usati per ri-sincronizzare (reclock) il flusso dati da una fonte verso un DAC.

I DAC usati dalla maggior parte degli audiofili non sono costruiti per essere sincronizzati con un clock esterno indipendente, quindi in questo articolo esaminiamo il reclocking. Un clock, nel suo ruolo di risincronizzatore, rigenera il segnale di temporizzazione ad un più alto livello di accuratezza rispetto al clock originale. Lo studio clock, quindi, data la sua maggior precisione rispetto al finale DAC, ne massimizza la performance.

Mutec MC3+

Questo articolo è stato suggerito leggendo una discussione su un nuovo studio clock della Mutec. Mutec afferma che la sua tecnologia gli permette di costruire studio clock più accurati e alla portata di tutti. L'MC3+ Smart Clock di questa recensione è innanzitutto un apparecchio da studio e lo si vede dalle connettività e specifiche esaurienti. Non entrerò qui in dettagli che sono irrilevanti per la maggioranza di noi in un contesto domestico. Comunque, per fini di reclocking, le connessioni che hanno rilevanza sono ottiche e coassiali, S/P-DIF in entrata e uscita, e un'uscita XLR per le connessioni AES/EBU. Sfortunatamente, al momento non esiste una porta USB e pertanto non è possibile la connessione diretta con la maggior parte dei computer, sebbene abbia sentito dire che un'opzione USB sia già stata pianificata.

Mutec afferma inoltre che il suo clock risincronizza "aggressivamente" il segnale in entrata. Credo che questo significhi che toglie in entrata il segnale di temporizzazione e lo sostituisce con uno da lui generato avente un maggior grado di accuratezza rispetto all'originale.

L'apparecchio è semplice da usare. Il menù e i bottoni di selezione permettono il passaggio tra input e output. Tutte le informazioni più importanti sono visualizzate tramite lampadine: l'unità assomiglia a un albero di Natale quando è accesa; è comunque possibile disattivarle per un normale uso dell'apparecchio.

Non c'è telecomando ma questo sarebbe un problema solo nel caso volessimo usare il Mutec per il reclock di più sorgenti e scambiarle tra di loro senza alzarsi dalla poltrona. Una volta che la configurazione desiderata è salvata, si integra nel circuito e scandisce il tempo, con velocità e accuratezza.

[Mutec MC3+ Rear]

La mia esperienza

Come al solito, la prova in questi casi si basa sull'ascolto. Un clock è un oggetto complesso da testare per ottenere risultati aventi per tutti la stessa significatività. Questo perché il suo effetto dipende dalla qualità della fonte e la suscettibilità delle altre componenti dalla catena del segnale fino al jitter. Ho provato il Mutec sul mio hi-fi principale. La componente digitale del sistema include un semplice netbook con Foobar2000 e una fonte USB. La porta USB è convertita in coassiale tramite un convertitore KingRex UC192 che alimenta il DAC in un lettore SACD Marantz SA-KI Pearl Light. Il controllo è fatto tramite un Cambridge Audio 851A integrato e un paio di supporti Usher UC-192, sostenuti da un subwoofer Anthony Gallo.

L'inserimento del Mutec nella catena tra il KingRex e il DAC ha dato pochi miglioramenti nel suono: devo dire che è stato difficile trovare differenze o fare una comparazioni dirette a causa della pausa necessaria a cambiare le connessioni. Così ho escogitato un test non esattamente scientifico. Il KingRex ha due uscite: AES/BEU e coassiale e il Marantz ha due ingressi. Allora ho collegato: l'uscita coassiale direttamente con il DAC come al solito, invece l'AES/BEU è stato connesso con il Mutec e poi ne ho collegato l'uscita ottica S/P-DIF alla corrispondente porta del DAC. Questo ha reso possibile arrivare al DAC usando i collegamenti digitali con e senza il Mutec.

Il motivo per il quale questo sistema non è totalmente scientifico è dato dal fatto che c'erano altri elementi della catena non tipici, a parte il Mutec stesso, che hanno potuto avere un'influenza. Sospetto, ad esempio, che la leggera differenza in volume percepita tra le due catene è stata molto probabilmente dovuta alle differenti entrate, coassiale e ottica, del DAC piuttosto che a un ricampionamento del clock. L'altra considerazione è che il KingRex è un convertitore sincrono, quindi il flusso dati era già stato precedentemente ritemporizzato.

Malgrado questi limiti, questo sistema mi ha permesso di testare la sensazione iniziale che ho avuto quando ho scambiato, nell'arco di tempo di appena due secondi, gli ingressi del DAC. I risultati d'ascolto hanno confermato la mia prima impressione: con il clock nella catena di segnale il soundstage era diventato leggermente più ampio e profondo. Allo stesso tempo gli strumenti nel soundstage suonavano un pò pieni, più arrotondati. Non si è trattato di una differenza tra la notte e il giorno ma piuttosto si tratta di quel poco nel campo digitale a fare la differenza: quasi come passare da un DAC ad uno leggermente migliore.

Ascolto

Ho suonato alcuni dei miei consueti brani d'ascolto ed annotato gli effetti del Mutec nel circuito. Nella bellissima registrazione Chesky dei Spanish Harlem, la voce di Rebecca Pidgeon e il piano si sono sentiti un poco più naturali e l'entrata delle percussioni agitate a mano è sembrata un pò più profonda nel soundstage. Poi è stato il turno di un paio di registrazioni ad alta risoluzione: Age of Swing di Dick Hyman, nella versione a 88.2KHz è sembrata più aperta ed è diventata più coinvolgente in quanto la percussione aveva perso un pò di asprezza e lo spazio acustico è sembrato meglio rappresentato. L'effetto è stato più pronunciato sull'aria di Anna Netrebko dove il Mutec ha addolcito la voce e tirato fuori un pò di più il rumore di sottofondo dell'auditorium.

Le altre mie note di ascolto seguono un percorso simile. I piatti delicati di Lyle Lovett in North Dakota hanno suonato più distesi e la musica ancora più intima. Passando alla musica Country, ho trovato le corde della piacevole chitarra acustica di Mary Chapin Carpenter in Slave to the Beauty facili da percepire. Con materiale più rock, il Mutec ha tirato fuori un poco più di dettaglio dal mucchietto denso delle chitarre distorte che punteggia Chasing Cars degli Snow Patrols.

Conclusione

In conclusione, avere il Mutec nella catena hi-fi ha consistentemente migliorato il suono. L'effetto è stato però piuttosto tenue. Nella sua versione corrente, il Mutec può ben meritare una prova in un sistema high-end o in sistemi dove si sospetta che il jitter potrebbe costituire un problema. Non vedo l'ora che Mutec implementi la funzione USB così da poter utilizzare questa tecnologia che ci darà una reale possibilità di dimostrare le sue capacità.

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