Un tributo personale al più grande di tutti

Addio all'uomo che ha venduto il mondo

[English version here]

Editoriale di: Geoff Husband - TNT Francia
Data di pubblicazione: Gennaio 2016
Traduttore: Roberto Felletti

Se n'è andato. La colonna sonora della mia giovinezza è finita. Tutto ciò che rimane è il fruscio della puntina che gira a vuoto nell'ultimo solco.

12 anni: un tipo stravagante canta in modo lamentoso alla tv. Mio padre è infuriato. Mi sono innamorato di Ziggy.
13 anni: mia madre è intenta a lavare i piatti. Sto ascoltando, con il mio nuovo registratore a cassette, il mio primo album, The Man Who Sold The World. «Mamma, ascolta il giro di basso!» (per la centesima volta). Lei ride.
14 anni: sono seduto con l'unico amico che ho in paese e ascoltiamo Drive in Saturday, trascorriamo ore a parlare di musica; è consentito farlo?
18 anni: gita scolastica. Adesco una graziosa sedicenne con il mio mangianastri che suona Ziggy Stardust. Lei ascolta quella musica che mi appassiona e se ne innamora. Due settimane dopo sono nella sua camera da letto ad ascoltare la sua copia di Heroes. Non voglio perderla... lei è ancora la mia “stella più bella”.

Grazie per i bei momenti trascorsi...

Sì, questo articolo è qualcosa di personale; vi prego di perdonarmi. Stamattina mi sono svegliato e ho sentito alla radio che Bowie se n'è andato. Sono rimasto di sasso, non tanto per la notizia in sé (lui era malato da più di una decina di anni a questa parte) quanto per l'influenza che ha avuto su di me. Molte star della mia giovinezza ora non ci sono più, ma non ero preparato a un simile colpo. In un certo senso, nessun altro artista degli ultimi 45 anni mi è entrato così tanto nell'animo, al punto, talvolta, di parlare al posto mio.

Quando leggerete queste righe ci saranno già chissà quanti necrologi in giro, scritti da critici molto più autorevoli di me, in grado di rendere giustizia all'uomo. E, nel caso in cui leggiate questo articolo una settimana dopo l'accaduto, non c'è dubbio che ne avrete fin sopra i capelli di adulatori e case discografiche per cui la scomparsa di Bowie è l'ennesima gallina dalle uova d'oro (tra le mani - una stella morta*); niente riesce a vendere dischi così in fretta. Io non mi unirò al coro. Cinque minuti su Wikipedia bastano per conoscere le tappe essenziali della carriera di David Bowie, ma se cercate approfondimenti vi conviene acquistare una valida biografia.

Quindi, ecco il mio contributo...

Quando affermo che Bowie ha rappresentato la colonna sonora di una generazione, penso che le uniche persone in grado di capire davvero siano coloro i quali erano adolescenti negli anni '60, che ascoltavano continuamente i Beatles. Essi, insieme con i vari imitatori e coloro per i quali sono stati fonte di ispirazione, crescevano di pari passo con il loro pubblico di adolescenti, riuscendo così a caratterizzare gli anni '60 come nessun altro gruppo riuscì a fare. Bowie ha fatto un po' lo stesso negli anni '70, ma diversamente dai Beatles, che hanno cercato di evolversi parallelamente al loro decennio e di rifletterne i cambiamenti, egli dava l'impressione di trascinarsi alle spalle il periodo che stava vivendo; nel senso che se non riesci a stare al passo coi tempi, lasciati tutto alle spalle e tanti saluti. E quindi, per me e molti altri, ascoltare una delle sue canzoni è come essere teletrasportati in un altro tempo e in un altro luogo; gli episodi che ho citato a inizio pagina sono ancora vividi nella mia mente, come se fossero successi ieri. Per quanto mi riguarda, l'effetto ha perdurato per tutti gli anni '70 e metà degli '80, passando per quella sciocchezza del Glam Rock (praticamente inventato da Bowie), il Punk, la New Wave, la scoperta e la mia storia d'amore con i Led Zeppelin, una breve infatuazione per la “classica”, il Jazz in tutte le sue sfumature, ecc. Ho amato tutto, ma nel corso del tempo ho continuato ad ascoltare i dischi di Bowie, abbandonando altri gruppi. Nel periodo “elettronico”, sul finire degli anni '80, avevo un po' perso la fede, per così dire, senza dubbio perché avevo imboccato rapidamente la strada del Blues/Rock (qualcosa per cui ora, inevitabilmente, rimedierò). Nonostante ciò, alcune sue uscite mi avevano fermato lungo quella strada, sebbene a prendermi per la gola fossero sempre i primi vent'anni della sua carriera. Per ironia della sorte, proprio nel periodo in cui i critici lo stroncavano, ho apprezzato il secondo album con i Tin Machine, forse perché per una volta è stato lui a seguirmi nel mio percorso verso le radici della musica, anziché il contrario! Nel 2004, durante un concerto in Germania, Bowie ha avuto un infarto. La data successiva sarebbe stata a Vieilles Charrues in Bretagna centrale (Francia), ad appena una trentina di chilometri da casa mia; avevo i biglietti. Lo spettacolo fu annullato (ci dissero a causa di uno strappo alla spalla) e quindi, come tutti, non ho più avuto la possibilità di assistere a un suo concerto, poiché, da allora, Bowie non ne ha più fatti.

Probabilmente, il percorso artistico di Bowie è stato unico. Da quasi perfetta rock-star, non ha mai avuto un successo commerciale paragonabile a quello dei suoi contemporanei; ora sembra incredibile, ma non riuscì a raggiungere il primo posto della classifica inglese che nel 1975 e oltretutto con la ristampa di una canzone vecchia di sei anni (Space Oddity), scritta ben prima di quello che, forse, fu il periodo più creativo della sua carriera. Tutti quei brani così rappresentativi che lo identificano all'istante non ce l'hanno mai fatta: Starman si è fermata al decimo posto, Life on Mars al terzo, Rebel Rebel al quinto. Sorprendentemente, abbiamo dovuto aspettare il 1980 per vedere nuovamente una canzone di Bowie al primo posto, Ashes to Ashes, poi aggiungiamo Let's Dance nel 1983 e l'elenco di singoli al primo posto della classifica inglese termina qua: solo tre in 45 anni di carriera. Negli U.S.A., gli unici brani a raggiungere la vetta sono stati Fame e Let's Dance.

E ancora adesso, una generazione dopo, molti singoli di Bowie sono riconosciuti istantaneamente, già dagli accordi iniziali, proprio come l'accordo enigmatico di A Hard Day's Night è inconfondibile. A pochi gruppi è riuscito questo trucco, imprimere così a fondo le canzoni nella mente degli adolescenti dell'epoca.

Il paradosso si spiega, almeno in parte, quando ci si rende conto che il periodo d'oro di Bowie era quello in cui gli Album godevano di grande considerazione e, solo nel Regno Unito, 29 suoi album entrarono tra i primi dieci; tra i 15 album pubblicati nel decennio 1970 - 1980, solo due non riuscirono ad entrare tra i primi cinque e quattro raggiunsero il primo posto. Sebbene si fosse poi trasferito negli U.S.A. e ce l'avesse messa tutta, nessun suo disco è mai riuscito a piazzarsi al primo posto della classifica statunitense. Questi dati non evidenziano una cosa, e cioè che per i successivi 45 anni TUTTI quei dischi hanno continuato a vendere parecchio e non sono mai finiti fuori catalogo. Ad esempio, Ziggy Stardust raggiunse il quinto posto, ma rimase nella classifica dei 100 dischi più venduti nel Regno Unito per 168 settimane e Space Oddity, sebbene si fosse fermato al diciassettesimo posto, ha venduto oltre tre milioni di copie, contribuendo a portare il numero di album venduti a livello mondiale a oltre 100 milioni, complessivamente. Comunque, questa cifra è ridicola, inferiore a quanto venduto da artisti quali Taylor Swift, Bon Jovi, Bruno Mars, Rod Stewart, Olivia Newton-John e tanti altri. Il fatto che Elton John** abbia venduto circa il triplo di album nello stesso periodo rispecchia, forse, in qualche modo il rispettivo talento o l'influenza che hanno avuto sulla Musica? Come sempre, le sue vendite di dischi sono solo un pallido riflesso del posto da lui occupato nell'industria discografica. In virtù di una specie di perverso meccanismo di misurazione del talento, dubito che uno qualsiasi di quelli posizionati sopra di lui in classifica (e ce ne sono più di 60) sarebbe in grado di generare, dopo la morte, un tale interesse da parte dell'industria discografica, con la probabile eccezione di Paul McCartney; a voler essere proprio sinceri, la sua carriera solista può davvero essere paragonata a quella di Bowie? Non giriamoci intorno, Bowie è stato, di gran lunga, il più importante e influente musicista/autore solista degli ultimi 50 anni. Può sembrare un'esagerazione, ma provate a pensare a un rivale, confrontate ciò che rispettivamente hanno fatto e vedrete che il rivale verrà sconfitto in maniera umiliante.

Nessuno, nella storia della musica, può essere definito più multi-talentuoso o più determinato a sfruttare ogni goccia del proprio talento. Ha saputo scrivere testi profondi o ermetici, come Dylan, oppure pezzi da cantare in gruppo, degni di McCartney; i suoi spettacoli dal vivo rivaleggiavano con quelli dei Queen, le sue trasformazioni di stile e di contenuti hanno preceduto quelle di Madonna di ben 15 anni. Ha eseguito brani che, per buona parte della loro durata, erano basati su un unico accordo (Jean Jeanie, Rebel Rebel), ma anche canzoni immensamente complesse, sia ritmicamente sia musicalmente (The Width of a Circle, Blackstar). Ascoltate la sua produzione dei primi dieci anni e vi renderete conto che non solo suona gran parte degli strumenti, ma quasi tutti gli accompagnamenti vocali di ogni canzone li fa lui. Chi altri oserebbe prendere un classico dei Rolling Stones (Let's spend the night together) e trasformarlo completamente? Oppure chi rischierebbe l'umiliazione nel rifare Amsterdam di Jacques Brel per diventare l'unico anglofono che ci riesce? Nel tempo libero produceva e contribuiva a promuovere un sacco di artisti, tra cui Lou Reed (Walk On The Wild Side) e Lulu (The Man Who Sold The World), dando anche una svolta alla carriera dei Mott the Hoople con All The Young Dudes. Eliminate Bowie e perderete intere generazioni di gruppi famosi che si sono guadagnati da vivere grazie al suo lavoro preliminare, spesso proprio da un album. E a proposito, chi altri ha visto le proprie canzoni riprese da artisti così diversi tra loro, quali: Nirvana, Lulu, White Stripes, Beck, Smashing Pumpkins e The Smiths?

Molti artisti, dopo brevi (o lunghe) carriere, decidono che ne hanno abbastanza di sfornare musica in gran quantità per la gioia dei loro fan e quindi si buttano a capofitto in nuove imprese; pochi ci riescono, molti si ritirano e trascorrono gli anni amaramente, lamentandosi dei fan. Altri stanno comodi nella loro nicchia e passano i decenni a scrivere musica che somiglia sempre più a quella di vent'anni prima, senza peraltro farcela. Sappiamo chi sono costoro, gruppi e solisti che cavalcano l'onda dell'industria discografica; chiamateli “giganti” o “dinosauri”, a seconda del vostro punto di vista. Bowie non ha mai fatto nulla di tutto ciò. Al contrario, dopo ciascun album superava i limiti con il successivo, ma senza lasciarsi alle spalle i fan. Era come se avesse avuto un sesto senso, grazie al quale se anche solo il 50% dei suoi vecchi fan l'avesse seguito, sarebbe riuscito a trovarne un numero sufficiente di nuovi per poter continuare. Il suo istinto raramente ha fallito. Per questo egli è sempre rimasto sulla cresta dell'onda, pur evolvendosi; all'avanguardia, ma con i piedi per terra.

Oltre ad aver fatto talmente tanto che basterebbe per dodici vite, in qualche modo è riuscito a rivestire ruoli da protagonista in parecchi film, spettacoli dal vivo, balletti, ha prodotto molti artisti, è stato primo ballerino al Live Aid e un dotato scopritore di talenti. E ha fatto tutto questo mentre sopravviveva alla droga, alle feste tipiche delle rockstar anni '70 e, nientemeno, all'AIDS, che ha evitato per un soffio. In un certo senso, è un po' deludente il fatto che qualcosa di banale, come il fumo, probabilmente gli sia stato più dannoso; ma c'è una lezione per tutti... Sebbene non l'abbia mai conosciuto di persona, ho visitato la mostra a lui dedicata. Tutto ciò che posso dire è che è qualcosa di interessante, enigmatico, originale e stupendo, proprio quello che ci si aspetterebbe da lui; attualmente la mostra sta facendo il giro del mondo, vi consiglio di andarci...

Come posso riassumere tutto quanto? Come è possibile, con duemila parole, descrivere un talento e una carriera al cui confronto i suoi contemporanei sono pigmei? La vita di un uomo, che per me ha significato molto, e la sua morte, così profondamente sentita al punto che sono costretto a ricacciare indietro le lacrime, non possono essere condensate in un riassunto. Piuttosto, questo articolo è una breve testimonianza, più che altro a mio esclusivo beneficio, del perché, oggi, il mondo sia più povero. Vi garantisco che mi viene in mente una parola che rappresenta la sua carriera: camaleonte. Sarei tentato di utilizzarla, ma non rende l'idea e poi è del tutto inesatta. Il camaleonte cambia colore per adattarsi all'ambiente. NO! Bowie è stato un Essere Umano, un Terrestre, una specie assai più pericolosa, una persona che può, a malapena, essere definita capace di cambiare costantemente e di cambiare l'ambiente per adattarlo alle proprie esigenze, una persona che si guarda intorno ed è sempre insoddisfatta, una persona che non si ferma mai, che va in cerca di nuove sfide e opportunità. Una persona che non smette mai di lottare.

Non ci sarà mai più qualcuno come lui.

* Morrissey – uno, tra i tanti, che deve la sua carriera a Bowie
** Mi dispiace Elton, sono un grande fan ma, diamine, no!

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