Nel giorno del Signore, 18 luglio 1877 Thomas Edison appoggiò
la punta di uno stilo su un disco di carta ricoperto di cera messo in rotazione e
l'epoca delle registrazioni audio cominciò. (*)
Questo rudimentale fonografo funzionava raccogliendo le onde acustiche
generate da una sorgente sonora e concentrandole con un apposita tromba
su una punta d'incisione. Il processo inverso invece generava dei suoni.
Quindi quando ascoltate la voce tenorile di Caruso, metallica ed irregolare ma ancora bellissima, state ascoltando il risultato delle sue corde vocali che incidono un qualche materiale: "una presa diretta" se volete.
Per i primi 40 anni o giù di lì questo è stato l'unico sistema di registrare il suono, sia che a essere inciso fosse un disco oppure un cilindro, di qualsiasi materiale, cera, stagno o plastica. Il sistema funziona perfettamente se volete registrare un'unica sorgente sonora, ma il solo pensare a tutta un'orchestra che si piega verso la tromba della macchina da registrazione palesa tutti i limiti di questo metodo.
Ma in seguito all'invenzione dei moderni microfoni, motori, amplificatori e testine di registrazione è possibile raccogliere il suono da una vasta regione spaziale, amplificato, bilanciato e inciso a livelli di suono molto maggiori. Un disco master registrato in questo modo può produrre un grandissimo numero di copie e l'era della registrazione moderna si basa su questi principi: anche oggi la qualità di alcune registrazioni a 78 giri degli anni 30 è sufficiente a farci completamente dimenticare il processo dietro a quell'incisione.
La più grande rivoluzione nel mondo delle registrazioni audio avvenne dopo la guerra quando i primi registratori a nastro magnetico divennero disponibili: da quel momento divenne banale registrare un nastro "master" che poteva essere editato, modificato o sovrapposto a un altro oppure cancellato in un attimo. Si passava da una situazione in cui una qualsiasi registrazione era più o meno un evento immediato il cui risultato finale era un disco inciso e non modificabile, a un'altra in cui ogni ogni singolo strumento o sezione del pezzo musicale potevano essere separati: il multitraccia permette in linea teorica di registrare un pezzo d'orchestra prendendo uno strumento alla volta e di mettere poi tutto insieme al momento del missaggio. Infatti per quasi tutte le registrazioni moderne - anche su molti pezzi di musica classica - la registrazione finale che poi verrà venduta al pubblico è stata di certo ascoltata per la prima volta completa nella sala di missaggio e quasi mai come una performance reale.
Certo, questo permette un controllo senza eguali: la fabbricazione di un pezzo nello studio, la cancellazione degli errori, il raggiungimento della perfezione...
Eppure molti puristi ancora comprano registrazioni dal vivo, cioè quelle registrazioni fatte durante un concerto e quindi comprensive di errori, pessimi ambienti di registrazione, rumore al di fuori del palco e quant'altro vi venga in mente. Queste registrazioni se ben fatte possono suonare molto più simili all'esperienza musicale reale che non un album da studio. Inoltre metteteci che ogni stadio del processo di produzione corrisponde a una perdita di informazione: una copia sarà sempre peggiore dell'originale. Aggiungete all'equazione anche tutta l'elettronica, i cavi, le connessioni in più e che tutto passa attraverso componenti di dubbia qualità elettronica e la riduzione della qualità apparirà quasi inevitabile.
Ma negli anni 70 ci sono state alcune case discografiche, e gli Sheffield Labs probabilmente sono i rappresentanti più noti di questa classe, che decisero di riportare indietro l'orologio di 40 anni e rimuovere il nastro master e tutte le perdite indotte dal processo di editazione/registrazione: il segnale sonoro viene raccolto dai microfoni, portato al tavolo del mixer e da lì va direttamente alla macchina d'incisione dove la copia master viene prodotta.
Suona maledettamente semplice, ma così facendo buttate a mare tutta la flessibilità ed il controllo che i moderni metodi di registrazione permettono: state tentando di combinare la semplicità di una performance dal vivo con la qualità di una registrazione da studio, e questo presenta molti, molti problemi.
Ne consegue abbastanza naturalmente che queste registrazioni sono di musica abbastanza semplice e suonata da piccoli gruppi. Avere un'orchestra che suona per voi costa una mezza fortuna e basta che un singolo strumentista faccia un errore per dover ricominciare da capo... semplicemente impraticabile!
Nel marzo del 1976, la squadra di registrazione degli Sheffield Labs iniziò a sviluppare il progetto più ambizioso della sua storia. Normalmente molte delle loro registrazioni erano fatte in uno studio usando un mixer a 32 tracce e prendendo il segnale in uscita dal mixer per portarlo direttamente alla macchina d'incisione.
Per questa registrazione decisero di fare qualcosa di nuovo. Non prenotarono un piccolo gruppo acustico, ma la Big Band di Harry James... Ovviamente avevano già registrato in precedenza questa band dal vivo su nastro, e in seguito avevano discusso diversi aspetti della registrazione con Harry preparando il terreno per l'evento principale, ma quando la band si preparò per questa registrazione i giochi erano essenzialmente chiusi.
Invece di essere sistemata nei confortevoli confini di uno studio di registrazione la Big Band venne dispiegata nella cappella Wylie che si trovava in fondo alla strada. Invece di una batteria di microfoni, ognuno dei quali permetterebbe una regolazione del livello del suono, tutta la registrazione fu fatta con un singolo AKG C-24: i livelli sonori furono aggiustati muovendo le persone, l'immagine stereo sarebbe stata creata dalla cappella, così come l'acustica e così via; niente microfoni d'atmosfera, falsi echi o effetti. Questo microfono alimentava direttamente una semplice console portabile che, con un cavo lungo circa 200 metri era collegata allo strumento di incisione direttamente su vinile nel Mastering Lab degli Sheffield Labs. Tutto questo sistema era stato progettato e realizzato per questa registrazione e non un solo trasformatore era stato messo lungo il percorso del segnale.
Quindi la Big Band suonò: le persone vennero spostate, l'ordine delle canzoni cambiato - principalmente per volere di Harry - e nove tracce registrate. Secondo il parere del produttore Doug Sax questa è stata la loro sessione di registrazione meno problematica: tutti camminavano a un metro da terra e Harry James disse che quella era la sua migliore registrazione in 36 anni di carriera.
Riproduzioni di prova vennero preparate, il suono era magnifico, ma uno strumento non suonava completamente a posto, la tromba di Harry James. Così vicino alla perfezione eppure i produttori sapevano che per qualche motivo non erano riusciti a catturare la magia di quei picchi d'ottone. Con una registrazione convenzionale sarebbe bastato ri-incidere la parte della tromba da sola per risolvere il problema, soluzione che in questo caso era fuori discussione. A luglio, Harry James fu di nuovo contattato e convinto a tornare con la Big Band nella cappella e a riprovarci.
Questa volta la registrazione andò male: le persone vennero spostate ma il bilanciamento non migliorava. La cappella era piena di un pubblico di invitati, cosa che rese Harry scontento, eppure alla fine tutto andò magicamente al suo posto: non solo il suono venne fuori perfetto ma anche la band suonò magnificamente.
Questo è un pezzo di vinile di qualità con il rumore di fondo praticamente inesistente, come c'è da aspettarsi. Quindi la prima traccia, "Corner Pocket" comincia: mamma mia! Conoscete tutte quelle parole come "ambiente, attacco, palpabilità"? Beh, scordatele e ascoltate. In questa registrazione c'è il suono della cappella con l'acustica che è così reale che potete quasi vedere gli inginocchiatoi e lì in mezzo Les DeMerle domina la scena con la sua batteria che suona in maniera deliziosa. Non fluttua nello spazio, i piatti non sono un miglio dietro alla grancassa, il "ride" non produce alcun "tiss". Insomma questo è come una batteria non amplificata (cosa rara ultimamente...) deve suonare in una cappella con i suoi componenti separati in maniera naturale e non percossa da un gorilla con braccia lunghe tre metri. I colpi di grancassa vi battono nel petto con il ride che è un grosso pezzo di metallo vibrante. Il resto della Big Band si espande su entrambi i lati della batteria e poi Harry inizia a suonare... La dinamica è semplicemente incredibile, non si riesce a immaginare come siano riusciti a inciderla su un pezzo di vinile: la tromba di Harry si staglia contro tutti gli altri strumenti e avete l'impressione che sia puntata direttamente verso di voi, ma senza che questo procuri un qualsiasi fastidio. Personalmente ascolto una tromba abbastanza decente ogni settimana e quindi conosco il tipo di pressioni sonore che produce, la sensazione di seta strappata, il suono della campana, il "puh" e l'esplosione di armoniche quando una valvola dell'aria viene aperta.
Ma, e questo è un punto fondamentale, cosa manca in questa registrazione è quella sorta di separazione microscopica della musica che alcune registrazioni audiofile ritengono debba impressionare. Non sentite il rumore dello strumento di Quin Davis, perché se lo sentiste, allora quel sax dovrebbe essere preso, portato a riparare e ricostruito. Il sax alto è difficile da localizzare, come dovrebbe essere perché è stato progettato per diffondere il suo suono nello spazio. L'intera Big Band suona come dovrebbe: non un insieme di strumenti separati o di tracce messe una accanto all'altra.
Questa è grande musica? Non ne sono certo: non sono un fan della Big Band e quando tutto finisce quello che rimane è una performance estremamente professionale ma non qualcosa di musicalmente impressionante o totalmente originale. Ripeto in continuazione che la musica è infinitamente più importante della registrazione, ma in questo caso, l'eccezione che conferma la regola, esalto la registrazione stessa e la sua perfezione. Nel fare questo apprezzo anche la musica, ma in ultima analisi non è un genere che ascolto per qualche altro motivo.
Questa è la registrazione migliore mai realizzata? Non lo so. A conti fatti ho ascoltato una piccola frazione di meno dell'1 per cento di tutto quello che è stato inciso, quindi come posso saperlo? La migliore che abbia mai sentito? Certo e così tanto migliore che ne sono quasi depresso. Se questo è quello che il vinile ed il mio sistema possono fare, perché perdo tempo con tutto il resto? Lo stesso Harry James disse che avrebbe volentieri suonato gratis se avesse saputo quanto bene questa registrazione sarebbe riuscita.
Meglio del digitale? Non mi fate ridere: è così superiore a qualsiasi cosa in digitale io abbia mai ascoltato che viene da piangere per la frustrazione. La Sheffield Labs ancora vende delle copie digitali di questo disco e quindi naturalmente, non avendo un master su nastro, devono usare, ironicamente, il master in vinile come sorgente...
La Sheffield realizzò molte altre incisioni, incluso Harry James, e altri specialisti del settore musicale hanno realizzato registrazioni simili quindi forse questa a confronto con altre è solo una registrazione di media qualità. Ma so che se confrontato con altre registrazioni "audiofile" che ho nella mia collezione, questo disco appartiene a un'altra categoria e molte di quelle registrazioni - incise a mezza velocità, direttamente su metallo, vinile vergine da 180 o 240 g, e così via - non meritano neanche di essere conservate sullo stesso ripiano.
Questo disco è abbastanza raro, ma non introvabile: per circa 20 € potete trovare queste incisioni della Sheffield Labs e se ci riuscite scoprirete quello che il vinile al suo meglio può fare!
Buon ascolto...
(*) Si si, lo so, esistono diverse leggende.
PS: Scusate le immagini di bassa qualità - sono riprese direttamente dalla copertina del disco
Traduzione: Roberto D'Agosta
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