Una lunga strada

[Peter Lang]
[English version here]

It's a lang road that's no goat a turnin'. Vecchio proverbio scozzese (che equivale a “non perdersi d'animo nei momenti brutti, perché le cose non possono andare nello stesso modo per sempre”; “lang” è l'equivalente scozzese di “long”, lungo, e qui si presta al gioco di parole con il cognome Lang - NdT)

Autore: David Hoehl - TNT USA
Pubblicato: Luglio, 2018
Traduttore: Roberto Felletti

Nei primi anni '70, per un certo tempo le figure dominanti in uno dei più gratificanti settori musicali di nicchia furono tre esponenti della chitarra a sei e a dodici corde in acciaio, suonata in uno stile che sarebbe stato definito “primitivismo americano”. Tutti e tre incisero per un'etichetta che si chiamava Takoma Records, in onore di Takoma Park, Maryland (sobborgo di Washington DC), luogo natio di John Fahey, il fondatore. Come esponente anziano, egli aveva, più o meno, inventato il genere, fondendo tradizioni classiche e influenze dell'Estremo Oriente con il modo di suonare dei chitarristi blues che incidevano i cosiddetti race records[1] negli anni '20 e '30; egli aveva fondato la casa discografica investendo i risparmi messi da parte lavorando come benzinaio e il denaro preso in prestito da un prete episcopale, convinto che probabilmente nessuna etichetta esistente sarebbe stata interessata al suo nuovo stile musicale.

Fahey, un uomo complicato, ma anche un personaggio “molto particolare” (come lo aveva definito Toulouse Engelhardt, un'altra “scoperta” di Fahey), era “uno di noi”, un inveterato collezionista di dischi che iniziò con dischi rari di jazz e blues e che, durante un periodo difficile in cui sembrava che la sua carriera fosse finita, si mantenne vendendo dischi da collezione che trovava in negozi di oggetti usati. Come chitarrista incise una quarantina di album, per la Takoma e altre etichette, tra le quali quella più simile a una “major” fu probabilmente la Vanguard. Inoltre, egli scoprì e promosse altri artisti, tra cui il secondo del trio di chitarristi della Takoma, Leo Kottke. Se Fahey fu il patriarca, Kottke fu l'esponente di maggior successo alla Takoma, sebbene fosse presente solo in due dischi. Il “pezzo forte” si intitolava Six- and Twelve-String Guitar e i proventi della vendita delle 500.000 copie permisero a Fahey di espandere la sua attività. Da allora in poi, Kottke incise per varie etichette, tra cui l'innegabilmente importante RCA.

E poi arrivò Peter Lang.

[The Thing at the Nursery Room Window]

Come Fahey, ma in maniera indipendente, Lang giunse al suo stile influenzato dai primi bluesmen. Come Kottke, ma diversamente dallo scomparso Fahey, Lang è un musicista attivo. Come entrambi, ha seguito una lunga strada irta di difficoltà per arrivare dov'è oggi. Riassumendo brevemente, il suo album d'esordio del 1973, The Thing at the Nursery Room Window, ebbe una discreta accoglienza ed è diventato una specie di classico, un cult. Quando la carriera concertistica di Lang decollò, in una successione abbastanza rapida venne registrata una serie di dischi per varie etichette: l'anno successivo egli apparve con Fahey in Leo Kottke, Peter Lang and John Fahey, un'operazione volta a promuovere gli altri due sfruttando il successo inaspettato di Kottke. Lang passò alla Flying Fish Records, dove si guadagnò una nomination ai Grammy per l'album del 1975 Lycurgus (come è sempre stato chiamato, sebbene in copertina ci sia scritto Lycurgus the Wolf Driver e poi alla Waterhouse Records per Prime Cuts (1977) e Back to the Wall (l'anno seguente). Almeno in parte, presumibilmente a causa di questioni legali che avevano coinvolto le due case discografiche, questioni risolte solo nel 1980, sarebbero trascorsi otto anni prima del suo album successivo, un LP intitolato American Stock, su etichetta Aspen Records, composto perlopiù da nuove versioni di brani che Lang aveva pubblicato su album precedenti. Dopodiché...

Il silenzio. Peter Lang non abbandonò semplicemente le luci della ribalta, fece di più: abbandonò del tutto l'industria discografica per intraprendere una carriera nel campo dell'animazione e degli effetti speciali. Stando a quanto dice lui stesso, continuò a suonare, quantomeno per diletto personale: «I cani ululano, le persone fanno musica. Quando c'è la luna piena, io ululo», ma gli acquirenti di dischi non ascoltarono più nulla di lui negli anni '80 e '90. Il suo nome riemerse soltanto nel 2002 con Dharma Blues, una registrazione Horus Records[2] da lui «dedicata a John Fahey (1939-2001) che mi salvò da una carriera nella sanità pubblica, cambiando per sempre la mia vita». Lang stesso spiega la genesi dell'album nel libretto del disco:

«L'impresa medesima si è rivelata un buon affare, sebbene più difficile di quanto mi aspettassi. Il mio ultimo album in studio risale all'autunno del 1978, quand'ero giovane e registravo con le mani di un giovane. Non che non avessi contemplato l'idea di farlo; avevo minacciato di farlo per anni. Naturalmente, dopo un po' nessuno mi prese sul serio. Un giorno un mio amico mi chiamò e mi domandò di nuovo, come aveva già fatto tante volte in precedenza, come andava con l'album. La risposta, sempre quella, era che ci stavo lavorando. Stette in silenzio, poi disse: “Sai Pete, un giorno potresti svegliarti in un canale di scolo della tangenziale con un occhio che spunta dal fango e pensare: cavolo, avrei voluto fare quel disco”. Non puoi discutere con la verità quando ti si mostra e ti morde il didietro. Niente dura in eterno, specialmente le mani di un chitarrista che invecchia».

[Back to the Wall]

L'anno seguente la Horus pubblicò un altro album di Lang, intitolato semplicemente Guitar, e nel 2008 un album intitolato Testament, dedicato alla tradizione blues americana, contenente canzoni risalenti al XIX secolo. Poi la strada di Lang prese una svolta molto sfortunata, sinistramente presagita dal “e se” di un suo amico, che aveva condotto a Dharma Blues: Lang rimase ferito a una mano in un incidente automobilistico e poco dopo fu operato per una grave infezione; il tutto fu reso più complicato da dispute legali con recalcitranti compagnie di assicurazione. Fortunatamente, quelle difficoltà ora sembrano superate; non ci sono altri album in arrivo, ma l'anno scorso Lang e altri due ex-allievi della Takoma si sono ritrovati per un tour in ricordo di John Fahey.

La musica di Peter Lang ha fatto parte della mia vita per lungo tempo. Quando, da inesperto studente del college[3], lo avevo “scoperto”, era stato pubblicato da poco il suo Back to the Wall, un album dall'appariscente copertina monocromatica contenente una serie eccentrica di brani: alcuni solisti, alcuni con altri musicisti e alcuni nei quali Lang, non più alla Takoma, non era più obbligato a rispettare quella proibizione sulle voci imposta dal fondatore, John Fahey. Solo alcuni anni dopo, durante un giro presso un rinomato negozio di dischi del Maryland, nei sobborghi del District of Columbia, avrei scoperto The Thing at the Nursery Room Window, l'album che mi avrebbe catturato completamente, sebbene consideri Lycurgus (quello nominato ai Grammy) impari al confronto e debba ancora familiarizzare con Prime Cuts, un acquisto recente nonostante l'album sia stato pubblicato già da un bel po' di tempo. Dharma Blues e Guitar sono entrambi puri lavori solisti, che ultimamente ho ascoltato molto mentre lavoravo.

Va bene, basta con la storia; che ne dite di passare alla musica? Uno degli aspetti che colpisce, dell'approccio che Lang ha con la chitarra, tra quelli ascoltati in tutti i suoi album, è che l'uomo, ciononostante sia preoccupato per le “mani di un chitarrista che invecchia”, ha avuto la fortuna di essere stato dotato di dita veloci e questo, al momento giusto, si nota. Prendiamo, ad esempio, i dodici minuti e mezzo di All Through My Life, brano contenuto nell'album Guitar, nel quale alcuni passaggi melodici richiamano quel tipo di velocità delle dita così spesso esibita nei lavori del mentore di Lang, John Fahey, oppure Snaker Ray Has Come & Gone, anch'esso contenuto in Guitar; in apertura, le note della melodia si susseguono incessantemente, ma ciò che traina davvero il pezzo è la base del basso, a “fuoco rapido”, e quando il basso esce allo scoperto tutto decolla, letteralmente. Detto ciò, Lang, per sua stessa ammissione, prima del suo temporaneo ritiro dall'industria discografica si concentrava maggiormente sull'abilità tecnica. In un'intervista del 2008 Lang disse: «Tecnicamente sono bravo quanto lo ero all'inizio, anche se non ho più le mani di un giovane. [...] Quand'ero più giovane ero ossessionato da idee quali “quanto veloce posso suonare?” e “quanto migliore posso essere?”; oggi ho superato concetti simili. Sono più rilassato e la mia preoccupazione principale è far sì che l'esecuzione sia sentita e piena di sfumature e di contrasti tonali». In altre parole, Lang, sempre abile e innovativo, è maturato, come capita a tutti i migliori artisti con l'età.

Questo è evidente sin dal primo brano e lo si nota chiaramente per tutta la durata di un album: la ricca e assai variegata palette tonale di Lang, il risultato in parte merito della sua passione, nella tradizione del maestro di violino barocco Heinrich Biber, per la scordatura o accordature alternative. Ad esempio, nell'album The Thing at the Nursery Room Window Lang adotta almeno sei accordature diverse per i tredici brani che compongono il disco; in Dharma Blues la scelta di accordature è più limitata, tuttavia sono pur sempre tre, di cui quella “standard” compare soltanto nel brano Lost on Chainbridge Road e in quello che dà il titolo all'album. Sono anche sicuro che l'alternanza tra la chitarra a sei e quella a dodici corde abbia un ruolo di rilievo qui, e per variare ulteriormente talvolta egli suona con lo slide, come in Halloween Blues nell'album Back to the Wall.

Nessun elenco delle qualità di Lang come musicista sarebbe completo senza menzionare la genialità che traspare da pressoché ogni cosa egli faccia. Lang ha un senso dell'umorismo pungente; ad esempio, ecco cosa ha scritto a proposito della chitarra a dodici corde nelle note che accompagnano l'album Guitar: «La dodici corde è uno strumento meraviglioso per pezzi audaci, potenti e veloci, ma non è molto adatta a composizioni più delicate e complesse. Sotto molti aspetti è più simile a una grattugia da 90 cm che a uno strumento musicale». Come Eric Satie, spesso Lang dà alla sua musica titoli bizzarri: Round Worm Reel, Snow Toad, Wide Oval Ripoff, Future Shot at the Rainbow, ma, come nel caso di Satie, i titoli possono sembrare divertenti però la musica è estremamente seria. Penso che si possa dire la stessa cosa di lui come persona; non si prende mai troppo sul serio, ma indubbiamente prende la sua musica molto sul serio. Ogni cosa è realizzata accuratamente e rifinita meravigliosamente; anche un brano come This World Is not My Home, da Back to the Wall, un inno tradizionale arrangiato in modo tale da dare l'impressione di una piccola banda di paese o di un gruppo di chiesa che non va troppo a tempo, in maniera molto simile a come Charles Ives proverebbe a catturare il suono in stile “Americana” di una piccola città.

Il che ci porta, indirettamente, in generale a Lang cantante e in particolare al suo ultimo album, Testament.

Poiché a John Fahey non piaceva cantare mentre suonava la chitarra, il primo album di Lang, The Thing at the Nursery Room Window, e tutti i contributi di Lang a Leo Kottke, Peter Lang and John Fahey furono strumentali. Gran parte di quello che seguì, direi il meglio, fu anch'esso strumentale. Tuttavia, è possibile ascoltare Lang come cantante in Lycurgus, Back to the Wall, Testament e, non in studio, Prime Cuts. Lang non ha una preparazione da cantante, e da un punto di vista oggettivo cantare non è proprio il suo forte, ma del resto si potrebbe dire lo stesso di Flanders e Swann oppure di Tom Lehrer; tutti quanti, però, hanno deliziato il pubblico con il loro buon umore e il loro senso del divertimento. Con Lang non è stato diverso, almeno nei primi album; quando il materiale è giusto (in genere quando c'è dell'umorismo, specialmente se l'umorismo è un po' cinico, sarcastico o nero) egli trionfa con stile. Un segnale di successo è rappresentato dalla pungente Back to the Wall, dall'album omonimo, e per il mio modo di pensare un'alta vetta di Lycurgus è Let the Old Boy Go, una divertente canzoncina su, tra l'altro, come una famiglia disfunzionale tratta l'urna contenente le ceneri di uno zio.

[Testament]

Tuttavia, Testament, caratterizzato da molte parti cantate, mostra come il cantante Lang sia un bel po' più versatile di quanto si possa pensare di primo acchito. Contrariamente alle sue precedenti, in un certo senso generalmente anticipatrici, pubblicazioni, l'album guarda indietro, un tributo in cui Lang riconosce le sue influenze: dopo aver aperto con Freight Train, un breve duetto che aveva registrato con John Fahey nel 1979 per la Minnesota Public Television, il disco continua con quindici pezzi blues arrangiati ed eseguiti, con chitarra a sei e a dodici corde e mandolino, da Lang stesso con il minimo supporto del batterista Dave King e con Steve Larkin e Michael Tanner rispettivamente al basso verticale e all'armonica. Alcune canzoni risalgono al tardo '800 o forse anche prima; qualcuna è apparsa in album precedenti di Lang, ma con arrangiamenti ed esecuzioni differenti. Il libretto, realizzato in maniera accattivante, include un breve ma esauriente paragrafo su ogni pezzo e sugli artisti che, per primi o per fama, li avevano incisi.

A dire il vero la voce leggera di Lang non è proprio l'ideale per materiale di questo genere e i suoi tentativi di rievocare la profondità di un bluesman nero dei vecchi tempi aggiungendo un po' di “ghiaia” - qualcosa preannunciato dalla sua introduzione parlata dell'altrimenti strumentale Halloween Blues, da Back to the Wall - sono, per la maggior parte, non sempre del tutto riusciti. Non importa. Nel migliore dei casi, specialmente nella toccante Delia e nella ballata drammatica Stackolee - in cui, secondo la tradizione orale dei cantanti di qualunque luogo, Lang contribuisce con un testo scurrile di sua creazione - queste disinibite e spesso spinte vecchie canzoni d'amore, di perdita, di difficoltà, di umorismo e di assoluta ripicca offrono a Lang tutto lo spazio di cui egli ha bisogno per parlare (o cantare) dal cuore. Direi che la dimostrazione migliore della produzione di Lang sia data dalla canzone Jimmy Bell, forse il brano che preferisco dell'album Back to the Wall, su etichetta Waterhouse, e dal brano di chiusura di Testament. Nelle prime registrazioni, l'atmosfera è spensierata e un po' autoironica.

«Jimmy Belly's in town,
babe, he's bald and he's round.
He's got greenback dollars and other sweet lies!»

(Jimmy Belly è in città, tesoro, è calvo e robusto. Ha dei dollari e altre dolci bugie!)

Se guardate la foto di Lang di quel periodo (a inizio pagina), la sensazione di un autoriferimento è evidente, anche se egli presenta un vecchio testo molto pertinente a eventi che si sarebbero svolti in anni successivi, quando i misfatti di celebrati tele-evangelisti avrebbero alimentato i notiziari americani. Aiuta molto il fatto che Lang guidi un ottimo gruppo con un raffinato arrangiamento, che diventa più grande e più complesso con ogni verso.

Per contrasto, in Testament la canzone ha un tono più minaccioso; con un sottile cambio di parola, lo scherzo se n'è andato:

«Jimmy Belly's in town,
babe, he's bald and he's brown.
He's got greenback dollars and other sweet lies!»

(Jimmy Belly è in città, tesoro, è calvo e ha la pelle scura. Ha dei dollari e altre dolci bugie!)

Qui l'accompagnamento, nonostante la presenza di forze minori, è intricato almeno quanto quello della registrazione precedente, ma sin dall'inizio trasmette una sensazione di minaccia e di pericolo, senza più l'atmosfera scanzonata dell'altra versione.

Considerando che l'eredità musicale di Lang copre 35 anni e cinque case discografiche, con due lati registrati in concerto presso due università, la qualità sonora delle sue registrazioni è notevolmente costante. Un disco di Peter Lang sarà sempre caratterizzato da una chitarra realistica con strumenti di accompagnamento ben registrati, se ce ne sono, e voci del tutto intelligibili. Poiché questa è una rivista dedicata ai patiti dell'audio, mi aspetto che alcuni di voi possano essere interessati in ciò che Lang ha detto, a proposito dei suoi strumenti e della tecnica di disposizione dei microfoni utilizzata per Testament, in un'intervista del 2008:

[Dharma Blues]

«La sei corde principale utilizzata da Lang per la sessione fu una Yamaha CPX 900 Acoustic-Electric con un sistema di pre-amplificazione A.R.T. (Acoustic Resonance Transducer) che comprende quattro pickup e una robusta parte superiore in legno di abete, con marezzature sul retro e sui lati. Quando c'era bisogno della dodici corde, principalmente egli faceva affidamento su una Martin J12-15 interamente in mogano.

Il sistema A.R.T. conferisce un suono molto naturale e costituisce la migliore elettronica integrata che abbia mai ascoltato, dice Lang. Anche il collo mi piace molto. È simile alle tastiere Gibson, per le quali ho un debole, in termini di raggio e per i fret grossi. La Martin J12-15 ha un pickup Martin Thinline e offre un suono grande, caldo e pieno, come molte vecchie chitarre blues. In particolare, la Mahogany ha una risonanza molto dolce che ricorda una chitarra, con la parte superiore in abete, invecchiata anni.

Lang utilizza molte accordature aperte in “Testament”, tra cui Sol aperto, La aperto, e accordature in Drop-D (Re), ma la sua preferita in assoluto è Re, La, Re, Fa#, La, Re, come si può notare in alcuni brani dell'album. [È stata la sua scelta anche per quattro brani di The Thing at the Nursery Room Window e otto di Dharma Blues - drh].

È l'accordo aperto più grande e per tutti gli usi che io conosca, dice Lang. È molto versatile, nel senso che mi permette di suonare roba blues veloce e allo stesso tempo è davvero magnifico per materiale più ricco e complesso. Ti permette di accedere ad alcuni suoni davvero vivaci mentre ti eserciti sulle linee melodiche con le corde più alte e ti permette anche di ottenere note piene dalle corde basse, che sono assenti in molti altri accordi aperti.

Lang e [il produttore Michael] Tanner hanno utilizzato varie tecniche microfoniche durante le registrazioni di Testament per catturare il suono della chitarra in maniera più realistica possibile.

Abbiamo usato principalmente microfoni AKG 451, che ho usato sin dagli anni '70, dice Lang. Non ho mai trovato un microfono per chitarra acustica che suonasse meglio o che fosse più preciso. Produce dei bassi molto tesi e puliti, senza latrati, sibili, feedback o ipertoni. Abbiamo utilizzato la mia tecnica preferita, che consiste nell'incrociare due AKG 451 sulla chitarra con un'angolazione di 90° in modo che il punto d'incrocio cada tra la buca e il dodicesimo fret, circa 15 cm dietro, per catturare un'accurata immagine stereo. La coppia di microfoni incrociati funziona bene, ma il posizionamento deve essere preciso. Se sono troppo vicini, il suono risulterà troppo diretto; se sono troppo lontani, ci sarà troppo riverbero.

Qualche volta abbiamo utilizzato anche un microfono AKG 452 puntato parallelamente sopra la chitarra, nell'angolo inferiore tra il ponte e il fondo della chitarra. Bisogna fare attenzione quando si usa questa disposizione, perché è davvero facile sbattere contro il microfono mentre si suona, ma ne vale la pena perché offre un suono così bello e naturale. Un'altra tecnica che abbiamo utilizzato è stata posizionare un microfono a condensatore Rode NT1-A Large Diaphragm Studio lungo il collo, a metà strada tra la chitarra e la meccanica, insieme a un microfono a condensatore AKG 3000B, posizionato a una trentina di centimetri dietro il Rode e puntato verso la buca per rendere il suono davvero più caldo.»

Occasione con sorpresa

Come il suo oggetto, questo articolo ha percorso una lunga strada e ha compiuto più di una svolta per assumere la forma attuale. All'inizio avevo ascoltato Lang solo tramite dischi, mai di persona. La fortuna ha voluto, proprio quando pensavo di avere finito, che nel tardo pomeriggio del 15 aprile vedessi un annuncio sul giornale nel quale c'era scritto che Lang avrebbe suonato quella sera stessa a Takoma Park, Maryland - il medesimo sobborgo di Washington, DC, in cui aveva iniziato la carriera di nuovo artista della Takoma Records - a 25 minuti circa d'auto da casa mia, per chiudere un festival musicale chiamato The Thousand Incarnations of the Rose--A Festival of American Primative Guitar. Stando al giornale, i biglietti erano già esauriti, tuttavia mi sono recato in tutta fretta al luogo dell'evento nella speranza di trovare un modo per entrare; la fortuna era dalla mia parte: le mie credenziali di inviato della leggendaria rivista TNT-Audio si sono rivelate sufficienti per aprirmi le porte. Ancora meglio, mentre aspettavo che i volontari addetti all'amministrazione sbrigassero le loro faccende, avevo notato un'affabile figura barbuta, con al collo un cartellino blu per “artisti”, seduta a un tavolo, intenta a chiacchierare con qualcuno che, apparentemente, conosceva. Poteva essere lui? Sì, era proprio lui: Peter Lang in carne e ossa, che ammazzava il tempo ripassando la scaletta. Mi feci avanti per presentarmi ed egli dimostrò di essere amichevole come mi aspettavo, garantendomi una breve intervista prima di salire sul palco.

Gli avevo domandato se ci fossero dischi nuovi in arrivo e la buona notizia è che la risposta era stata “sì”. Il primo è un cofanetto antologico con due CD, uno contenente “grandi” pezzi e l'altro con brani più veloci e briosi. Parlando di questo progetto, Lang aveva detto che i brani più vicini al suo cuore e a lui più cari sono i più lunghi, quelli classici/esplorativi. Dopo il cofanetto, egli intende pubblicare un altro disco, questa volta di inediti.

[Peter Lang al festival]

Parlando di Testament, Lang si è dilungato sul blues, sulle sue radici africane, sui primi esecutori, nonché sulla sua influenza sulla musica popolare americana. Egli descrive il blues come «il DNA della musica americana»: il rock and roll e il jazz sono entrambi frutti delle influenze africane che iniziarono a manifestarsi con il blues. Lang è sempre stato particolarmente interessato a come le canzoni blues siano qualcosa di vivo, a cui gli artisti, col tempo, aggiungono i loro versi. Egli stesso ha fatto così in Stackolee; nelle note di Testament dichiara di aver aggiunto un verso e nel corso della nostra chiacchierata ha detto di averne aggiunto un altro (quello riguardante la sedia elettrica). Su come sia giunto a registrare un intero album di canzoni blues, ha raccontato di come un amico gli avesse suggerito di farlo, ma di come, all'inizio, avesse accantonato l'idea dicendo «Quelle canzoni sono rappresentate meglio dai cantanti che originariamente le hanno registrate». La risposta fu «Ma sono tutti morti!», ed egli si rese conto che se la musica deve rimanere una tradizione vivente, tocca agli artisti di oggi presentarle al pubblico.

Il poco tempo a disposizione prima che salisse sul palco era sufficiente solo per un'altra domanda. Sottolineando che aveva iniziato a incidere per gli LP ma che ora incide per i CD, gli avevo domandato se scrivesse i suoi pezzi in maniera differente potendo disporre di un formato che permette una durata maggiore e senza interruzioni. La sua risposta era stata: “No, è tutta musica». Tuttavia, aveva manifestato piacere per la rinascita degli LP. La cosa non deve sorprendere, visto che Lang si è occupato, per alcuni anni, di arti visive e ha un passato di note maliziose; gli piace il formato più grande per le copertine e per il maggior spazio a disposizione per scrivere le note al disco.

Poi per Peter Lang era giunto il momento di salire sul palco. Sebbene lui e John Fahey avessero fatto i tour insieme con regolarità in gioventù, il tour dello scorso anno, in ricordo di John Fahey, fu per Lang, la cui gioventù ormai appartiene al passato, la prima volta in cui era impegnato in quel “gioco da giovani” dopo otto anni. Ciononostante, egli resta un vero professionista: anziché i suoi strumenti, aveva suonato chitarre prese in prestito, una a sei e una a dodici corde, e si stava curando un dito della mano sinistra che era stato pizzicato chiudendo una portiera dell'auto, due settimane prima; tuttavia, egli aveva proposto una scaletta sostanziosa e gradita dal pubblico, inframmezzata da osservazioni e aneddoti interessanti. Mi era piaciuta particolarmente la storia di come era diventato un musicista professionista e dei suoi primi giorni alla Takoma. Originariamente aveva pensato di dedicarsi alla scienza e diventare un epidemiologo, ma qualcuno lo aveva registrato mentre suonava a una festa e aveva inviato la cassetta a John Fahey, alla Takoma. Come è noto, Fahey ascoltava tutto quello che gli veniva mandato da chiunque, e immediatamente Lang venne ingaggiato come artista alla Takoma. Tuttavia, per qualche ragione, ci fu un ritardo nella pubblicazione del suo primo album, e nel frattempo Lang lavorò presso la casa discografica definendosi “Direttore della Distribuzione”, il che significa che faceva il fattorino; ritirava i dischi dalla fabbrica, li portava al distributore o ai negozi, portava gli assegni in banca per l'incasso, procurava la cancelleria e qualche volta usciva per andare a prendere il caffè o la birra per i colleghi d'ufficio!

Al festival la scaletta di Lang comprendeva (in base al mio conteggio) nove brani più - dopo un breve ritardo mentre alcuni volontari cercavano il suo slide, che in qualche modo non era sul palco con lui - quello che potreste considerare un pre-bis: egli aveva suonato e cantato This World Is Not My Home dall'inizio alla fine, per il sound check, e il pubblico a tratti cantava con lui. Avendo scaldato i presenti, ci aveva offerto una serie di pezzi per i quali è ben conosciuto, perlopiù strumentali, con la chitarra a sei corde; con rispetto per il dito ferito, egli aveva evitato di suonare i brani più impegnativi del suo repertorio. Detto ciò, aveva preso la dodici corde per un paio di pezzi, tra cui una trascinante versione di Guitar Rag (nel video di YouTube, una sua esecuzione del 2007). Da menzionare, aveva aggiunto ulteriori versi a Stackolee, oltre a quanto offerto in Testament. Nel corso del concerto aveva mostrato un completo controllo degli strumenti in prestito; ero rimasto colpito da come i movimenti decisi e misurati delle sue mani tiravano fuori la musica. Il pezzo conclusivo, in omaggio agli anni e ai compagni della Takoma, era stato When Kings Come Home, che aveva registrato con John Fahey e Leo Kottke.

Come sono sicuro direte anche voi a questo punto, ritengo che Lang sia un artista molto speciale; lui e John Fahey sono due delle poche eccezioni che mi giustificano quando dico alla gente che ascolto quasi esclusivamente musica classica e lirica. Quando ho iniziato a scrivere, avevo ascoltato Fahey dal vivo solo una volta; adesso sono riuscito ad ascoltare anche Peter Lang dal vivo. Fortunatamente, ci sono anche i suoi numerosi dischi che permettono di portare, e di tenere, la sua arte nella mia vita. Dal palco, Lang ci aveva detto che John Fahey, quando aveva ascoltato quel nastro non richiesto, aveva rimproverato lo staff dicendo di “andare a prendere quel ragazzo del chicken-picking. Rimanendo in tema di metafore avicole, e parafrasando un vecchio slogan del Kentucky Fried Chicken, se avete qualche inclinazione per la chitarra solista, vi invito caldamente a provare la sua musica; penso che il suo fingerpicking vi piacerà!

Ringrazio i volontari del festival The Thousand Incarnations of the Rose per avermi gentilmente concesso il permesso di assistere allo spettacolo nonostante il breve preavviso. Inoltre, ringrazio Peter Lang per avermi gentilmente dedicato il suo tempo per parlare con me, nonostante dovesse salire sul palco di lì a poco.

Note dell'autore

[1] - Durante quel periodo di intensa segregazione razziale pressoché in ogni aspetto della vita americana, le case discografiche generaliste nazionali avevano la consuetudine di tenere serie di cataloghi separati, conosciuti come “race records”, rivolti a quello che oggi, negli Stati Uniti, verrebbe definito il mercato afro-americano. Similmente, i dischi destinati ad altre etnie (scandinavi, tedeschi, polacchi, armeni, ebrei (yiddish), ecc.) avranno avuto un loro catalogo.

[2] - Credo che i dischi incisi per la Horus siano un altro esempio di come Lang volesse seguire le orme di Fahey; in base a quello che sono riuscito a stabilire, proprio come Fahey fondò la Takoma come sbocco per la sua aspirazione a registrare, Lang fondò la Horus.

[3] - Per me, almeno, uno degli aspetti più gratificanti dello scrivere per TNT-Audio è il fermarmi a riflettere sulla mia lunga strada e sulle svolte che mi hanno condotto ai miei gusti attuali e alla conoscenza della musica. («Una opinabile, l'altra molto meno di quanto pensa», sento qualcuno di voi mormorare. Con le immortali parole di Nero Wolfe, «Pfui!»).

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