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Sito Web ufficiale: Meloclassic - USA
Recensore: David Hoehl - TNT USA
Data recensione: Maggio, 2016
Traduzione a cura di: Stefano Miniero
Non finirò mai di meravigliarmi di come il mondo sia cambiato dall'avvento di Internet. Chi avrebbe mai pensato prima che un'etichetta leader in ristampe di classici, specializzata in inediti di vecchie esecuzioni di grandi artisti sulle radio Europee, risalenti al primo dopoguerra, sarebbe sorta addirittura in Thailandia? Ma questo è proprio quello che è successo nel caso della Melo Classics, una nuova etichetta che opera in primis con un suo canale di vendita diretta via internet, all'indirizzo www.meloclassic.com. Sebbene operi sul mercato apparentemente da meno di due anni, questa piccola realtà indipendente, proveniente da uno dei posti più inaspettati del mondo, ha già messo insieme un invidiabile catalogo di materiale storico, specialmente in letteratura pianistica ma anche, in misura minore, di quella riguardante violoncello, violino, musica da camera e concerti per orchestra, perlopiù condotti da direttori Russi. Immagino che quest'ultima parte del catalogo sia destinata a crescere rapidamente, man mano che l'etichetta raggiungerà la piena maturità. Ecco di seguito come si descrivono nella loro presentazione:
La Meloclassic, presieduta e diretta da Mrs. Lynn Ludwig, è una organizzazione no-profit dedita alla divulgazione delle arti, ed è stata costituita in Germania nel 2013. Siamo specializzati nella ristampa di registrazioni storiche inedite di esibizioni musicali radiofoniche e televisive. Ove possibile, cerchiamo di conservare anche le presentazioni radiofoniche e gli applausi originali. Queste registrazioni infatti, dovrebbero essere considerate documenti storici a tutti gli effetti.
Una notevole schiera di musicisti fa ormai parte del catalogo della meloclassic. Notate che mentre l'operazione viene descritta come “costituita in Germania”, e la maggior parte delle registrazioni sembrano provenire dai nastri della radio Tedesca, i dischi provengono sicuramente dalla Thailandia. Mi ha fatto uno strano effetto trovare nella cassetta postale un pacco con francobolli e timbri Thailandesi, in mezzo alle solite bollette ed ai soliti depliant pubblicitari!
Come si può dedurre da questo fatto, ho preso solo un piccolo campione da questo impressionante catalogo. Infatti, i prezzi sono contenuti anche per ordini minimi, partendo da 8.99 euro per l'acquisto di singoli dischi e 12.99 euro per set di due dischi, ma gli sconti si incrementano progressivamente per ordini di 5, 10 o 20 dischi. Non avendo mai sentito nominare la meloclassic, e tanto meno avendoci mai avuto a che fare, era ovvio iniziare con una certa prudenza (come farò rilevare più oltre, c'è stato in effetti un piccolo problema, poi brillantemente superato, ma trattandosi del primo acquisto era naturale andarci cauti). Inizialmente, ho avuto qualche problema tecnico a piazzare il mio ordine sul sito web, ma alla fine è andato a buon fine e sono riuscito a completare un ordine per cinque dischi, al 10% di sconto. Quando il pacco è arrivato, con mia grande (e piacevole) sorpresa dentro c'era un disco in più, gentile omaggio dall'azienda. Ancora meglio, si trattava proprio di uno di quelli che avrei voluto comunque ordinare, e che semplicemente non avevo incluso nel primo acquisto.
Il confezionamento non è certo spartano, ma considerato da dove arrivano questi dischi ed il prezzo pagato, lo definirei senza dubbio “adeguato”: i dischi sono infatti conservati in contenitori di digipak[1], con colori corrispondenti all'anno di pubblicazione (lavanda per il 2014 e blue marina per il 2015), con una foto dell'artista sulla parte frontale, informazioni relative alle tracce sul retro, ed un libretto informativo sul programma in una tasca interna. So bene che il digipak[1] non è molto diffuso tra i collezionisti, ma tale sistema è senz'altro più resistente a rotture e danneggiamenti durante il trasporto, rispetto alle lussuose copertine di cartone, e si può facilmente immaginare che la Melo abbia già avuto modo di sperimentare spiacevoli incidenti nelle loro spedizioni dalla Thailandia verso i mercati più lontani. Le immagini fotografiche in bianco e nero appaiono di buona qualità, e probabilmente sono nel formato originale nella maggior parte dei casi, se non in tutti, ed anche la qualità della stampa è ottima. I dischi stessi offrono cernite ben assortite, inoltre la durata del contenuto è prossima alla massima capacità del disco; infatti qui non siamo certo di fronte a quei casi di “braccio corto” che talvolta si vedono nelle edizioni più economiche.
Da un punto di vista sociologico, questo primo gruppo di dischi offre un interessante spaccato sul mondo della musica classica del tempo: dei cinque titoli, due sono di musicisti che sono stati apertamente sostenitori del nazismo; uno di un musicista che al contrario, schieratosi contro il nazismo, andò volontariamente in esilio, sopportandone le irreparabili conseguenze per la propria carriera artistica; un altro di una musicista che, essendo Ebrea, fu costretta all'esilio quando l'Ungheria si unì all'asse ed un altro ancora, anch'esso di origine Ebraica, che perse gran parte della propria famiglia e che sopravvisse alla prigionia in diversi campi di concentramento; l'ultimo infine, uscì indenne dalle vicende belliche, essendo residente negli Stati Uniti. Quelle che seguono sono le osservazioni su cinque di quei dischi, ciascuno dei quali contiene esecuzioni di un singolo pianista. Circa il sesto, dirò solamente che si tratta degli ultimi concerti dello Busch Quartet, cioè proprio gli esuli volontari nel periodo della guerra, in particolare di musiche di Beethoven e di Brahms.
MC 1023, Friedrich Wuhrer. Beethoven: Sonata per Pianoforte no. 29 in Si Bemolle, op. 106, “Fortepiano”; Schubert: Fantasia in Do, D. 769, “Fantasia Wanderer”; Beethoven: 12 Variazioni su una danza Russa dal balletto “La fanciulla del bosco” di Wranitzky WoO 71. (mono; 72:52)
Tutti questi pezzi sono stati tratti dai master delle registrazioni agli studi radiofonici di Stoccarda-Untertürkheim (Alte Krone, Süddeutscher Rundfunk). La prima risale al 17 Novembre del 1952 e le altre due al 5 Aprile del 1954 e nessuna era mai stata pubblicata su disco, in precedenza.
Friedrich Wuhrer (1900-1975) era un pianista Austriaco ed un autorevole esponente della innovativa “Seconda scuola Viennese” di musica moderna, nel periodo a cavallo tra la prima e la seconda guerra mondiale. In quell'intervallo di tempo, registrò alcuni dischi a 78 giri per la HMV, tra cui musica di Scriabin, Reger e la celebre “Alla Ungherese Quasi un Capriccio”, di Beethoven. Dopo lo Anschluss[2], egli aderì al partito nazista che, come prevedibile, soffocò la possibilità di espressione di molti musicisti di primissimo piano, come appunto i membri della famiglia Busch, con i quali si era precedentemente esibito in concerti di musica da camera. In seguito, alcuni hanno sollevato la questione se la sua fosse stata una adesione un po' ingenua, oppure se Wuhrer fosse stato un convinto seguace del nazismo, ma comunque stiano le cose, il suo comportamento durante la guerra costituisce una macchia indelebile sulla sua biografia.
Ciò nonostante, dopo la guerra la carriera discografica di Wuhrer sembrò decollare, con un rilevante numero di LP pubblicati, prevalentemente per l'etichetta Americana Vox, ma sporadicamente anche per la Remington, la Deutsche Grammophon, ed il Club National du Disque. Le registrazioni che ci ha lasciato sono degne di nota in particolare per il primo ciclo, quasi completo, di sonate di Schubert mai pubblicato su disco. Inizialmente, queste registrazioni furono pubblicate dalla Vox quasi interamente, se non del tutto, su singoli dischi, mentre in seguito vennero raccolte in cofanetti di tre LP, noti come VoxBox. Purtroppo, almeno dal mio punto di vista, queste registrazioni sono state ultimamente ripubblicate in alcune delle più orribili simulazioni stereofoniche che abbia mai avuto il dispiacere di ascoltare. In ogni caso, le registrazioni di Wuhrer si estesero anche a concerti, assoli e musica da camera di compositori del calibro di Rubinstein, Weber, Tchaikovsky, Dvorak, Prokofiev, Brahms, Liszt, Schumann, e Beethoven. Le ristampe di questi primi LP su CD sono appena passabili, nella migliore delle ipotesi, e comunque il ciclo di Schubert continua a mancare all'appello, al netto delle copie non ufficiali.
Il Wuhrer del periodo migliore, pur avendo uno stile un po' particolare, rimane tra i miei pianisti preferiti. Era capace di catturare la melodia dallo spartito e trasmetterla agli ascoltatori, ed era un piacere ascoltarlo, anche perché aveva una mano sinistra capace di trarre dallo strumento note basse ricche, enormi, fragorose come un tuono. È stata una pura coincidenza che cercando le sue registrazioni su Google, io abbia scoperto l'esistenza della Meloclassic, quando questo disco è apparso nella lista dei risultati. In definitiva si tratta di un'ottima registrazione, e certamente rappresenta una auspicabile integrazione al limitato catalogo su CD di questo musicista; inoltre quello che mi è successo in seguito con questo disco, mi ha dimostrato la serietà della meloclassic.
Infatti, quando ho ricevuto questa copia, mi sono precipitato a metterla sul mio riproduttore. La sonata e la fantasia Wanderer erano buone, ma le variazioni hanno messo in mostra artefatti digitali chiaramente riconoscibili. Avendola provata anche su altri riproduttori, con lo stesso risultato, ho scritto alla Melo per chiederne il motivo ed ho ricevuto subito una risposta da niente meno che Lynn Ludwig, il deus ex machina dell'intera operazione, che diceva che ad una ispezione a campione, un certo numero di dischi presentava lo stesso difetto, imputando il problema ad un errore nella procedura di stampa e promettendomi di sostituirla, non appena fosse stata ristampata. Poche settimane dopo, un pacco ben protetto e contenente la copia di Wuhrer promessa, mi è stato recapitato dalla Thailandia e questa volta era perfetta. Non mi è nemmeno stato chiesto di restituire la copia difettosa. Per come la vedo io, chiunque sia stato coinvolto in questa vicenda ha dimostrato una notevole propensione alla qualità del servizio al cliente, che è evidentemente di prima classe. Non avrei esitazioni a raccomandare a chiunque un fornitore come la Melo.
Ma tornando alla musica, secondo me Wuhrer ha dato il suo meglio proprio con Schubert e questa fantasia Wanderer costituisce un eccellente complemento all'insieme delle sue sonate. Parte piuttosto lentamente, ma l'esecutore ne incrementa la potenza espressiva con il procedere delle melodie, mettendo contemporaneamente in mostra quel magnifico e profondo tocco pianistico di cui parlavo prima. L'esecuzione è irresistibile e Shubertiana nel senso pieno del termine. Al contrario, con Beethoven, non mi è mai sembrato che Wuhrer desse il meglio di sé, forse perché il suo stile si alimenta di belle melodie, mentre Beethoven lavora maggiormente sul tema principale e sulle variazioni. Ma per quanto la celebre Hammerklavier[3] di Beethoven rappresenti un'ardua sfida, l'interpretazione di Wuhrer non ha mai un incedere compulsivo. Al contrario, pur essendo scandita dai riferimenti più rapidi nel metronomo del compositore, rimane potente ovunque sia necessario e vivace come deve essere nello scherzo. La cosa più importante per me, è la sincerità di Wuhrer nell'interpretazione del movimento lento. Questa selezione è anche un'altra buona integrazione alla discografia più commerciale del pianista, sposandosi magnificamente con il suo disco delle tre ultime sonate di Beethoven pubblicato dalla Vox, e riproposto su CD dalla Tahra qualche anno fa. Usando delle categorie gastronomiche, si potrebbe dire che le variazioni del primo periodo sono una portata piuttosto leggera, nella quale Wuhrer si produce in una performance incantevole, una specie di gradevole “sorbetto musicale” dopo il piatto principale, che costituisce la sostanza del disco. Da questo punto di visto, spero proprio che la Melo ci regalerà altri tesori nascosti di questo artista poco conosciuto.
MC 1016, Annie Fischer. Beethoven: Sonata per pianoforte no. 8 in DO Minore, op. 13, “La Patetica”; Mozart: Sonata per pianoforte in Fa Maggiore, no. 12; Handel: Ciaccona in SOL Maggiore, HWV 435; Beethoven: Sonata per pianoforte no. 24 in FA Diesis Maggiore, op. 78; Schubert: Impromptus, D. 935 no. 1 in DO Minore, 2 in MI Bemolle Maggiore, e 4 in LA Bemolle Maggiore; Bartok: 15 Canti Popolari Ungheresi, Sz.71. (mono; 79:20)
Queste sono tutte registrazioni radiofoniche mai precedentemente pubblicate su disco. La “Patetica” e le sonate di Mozart sono state eseguite negli studi di Francoforte, ad Hessischer (Rundfunk, Raum 3/C) il 14 Febbraio del 1957; le altre sono state eseguite a Parigi, nello studio 107 della Radiodiffusione-Televisione Francese il 2 Gennaio del 1959.
Annie Fischer (1914-1995) era nata in Ungheria ed in gioventù aveva studiato con Ernst von Dohnanyi. All'età di soli 19 anni vinse il concorso internazionale Franz Liszt a Budapest. Essendo Ebrea, dovette fuggire dal suo paese riparando nella neutrale Svezia, quando quella regione, durante la seconda guerra mondiale, fu annessa alla Germania. Ma dopo la guerra ritornò in patria e svolse lì tutto il resto della sua carriera artistica, a parte qualche sporadica apparizione negli Stati Uniti. La Fischer non registrava volentieri le proprie esibizioni, poiché riteneva che questo sclerotizzasse una forma d'arte che invece doveva rimanere spontanea. Il grosso della sua discografia consiste in un ciclo completo di sonate per piano di Beethoven, che rivisitò costantemente sin dagli anni '70 e fino alla propria morte; questo ciclo fu pubblicato solo postumo, ma si è conquistato lo status di un autentico culto (cosa che si riflette anche nei prezzi).
Il celebre direttore d'orchestra Erich Kleiber, padre di Carlos Kleiber, una volta disse: “Un direttore d'orchestra deve vivere sempre come un leone con gli artigli sulla preda”. Lo stesso vale per questo disco: gli aggettivi che sceglierei per descrivere l'approccio della Fischer a queste composizioni sono “aggressivo” o persino “feroce”. Le due sonate di Beethoven sono un interessante compendio di quelle incluse nella sua raccolta completa, e la “Patetica” in particolare, non fa prigionieri. La sonata di Mozart non somiglia per niente ad una bambola di porcellana, ma è muscolare e possente. La ciaccona di Handel, che potrebbe benissimo essere la mia favorita in questo programma, non si può definire roba da puristi del barocco, però comunica passione e determinazione, due qualità che raramente trovo nelle interpretazioni “più corrette” di grandi classici come questo. Per una volta, qui non siamo di fronte all'Handel “quello della musica di cristallo”, ma a Grande (con la G maiuscola) Musica (con la M maiuscola) suonata fino alle estreme conseguenze da qualcuno cresciuto nel solco della più pura tradizione Romantica. E questo dice tutto. Se volete davvero ascoltare come possa suonare la vera passione alla tastiera di un pianoforte, vi raccomando caldamente di non perdervi questo disco.
MC 1029, Elly Ney. Schumann: Quintetto per pianoforte ed archi in MI Bemolle Maggiore, op. 44 (con il quartetto d'archi Hoffmann); Mozart: Concerto per pianoforte no. 15 in SI Bemolle Maggiore, K. 450 (con l'orchestra da camera des Deutschen Opernhauses Berlin diretta da Ernst Schrader); Schubert: 14 German Dances, D. 783. (mono; 67:56)
Questa di Schumann è una registrazione da studio radiofonico risalente al 14 Marzo del 1944, ripresa a Senderaum (Reichssender Breslau). Le altre due registrazioni sono state invece riprese a Funkhaus Masurenallee (Reichssender Berlin), quella di Mozart come una esecuzione dal vivo nella Sala 1, ripresa il 19 Ottobre del 1944, mentre quella di Schumann sempre come ripresa da studio nella Sala 2, il 1 Dicembre del 1944. Inutile dire che anche queste registrazioni sono state ricavate dai master originali ed appaiono su disco per la prima volta in questa occasione.
Elly Ney (1882-1968) non è molto nota fuori dai circoli dei collezionisti, al giorno d'oggi, ma ai suoi tempi era una figura di primo piano sulla scena musicale. Figlia di un insegnante di pianoforte, mise in luce sin da bambina doti inusuali e, da giovane, studiò sia con Theodor Leschititzky che con il pupillo di Liszt, Emil von Sauer, il che la mise in contatto con entrambe le principali correnti della pedagogia del Romanticismo. Partendo da simili basi, sarebbe stata presto destinata a vincere il premio Mendelssohn e diventare un'apprezzata solista e musicista da camera, sia in Europa che negli Stati Uniti. Anche la Ney, tuttavia, divenne un'ammiratrice di Adolf Hitler, condividendone l'antisemitismo ed aderendo al suo partito nel 1937, dal che il suo nome venne in seguito sempre strettamente associato al regime, da cui ricevette persino una decorazione. La sua affiliazione nel periodo bellico ovviamente ne causò l'iscrizione nella lista nera nel dopoguerra. Sebbene questo non avesse mai determinato limitazioni esplicite alla sua carriera, una volta che ricevette il permesso di tornare ad esibirsi in pubblico, la sua attività concertistica si svolse prevalentemente all'interno dei confini della Germania, e comunque non fu mai del tutto priva di ostacoli.
Le note del programma includono una citazione della stessa Ney che ne disapprova l'esecuzione troppo accelerata, bollandola come non musicale, anche se tecnicamente potrebbe apparire vivace, e le esecuzioni su questo disco riflettono tale concezione. Infatti, quella di Schumann è calda e perfettamente definita, ma sembra un gustoso preludio per qualcosa che però poi non si concretizza. Allo stesso modo, quella di Mozart è strettamente attinente ai canoni interpretativi del periodo; non potrebbe mai essere confusa con una esecuzione “alla maniera moderna”, ma si mantiene filologicamente ineccepibile, trasmettendo comunque tutta la bellezza della composizione. In altre parole, la resa musicale è estremamente piacevole; basta non aspettarsi il livello di determinazione ed il vigore interpretativo di Annie Fischer. La Ney deve aver amato davvero molto questo concerto; infatti, alcuni anni prima, lo aveva registrato con quello che allora era suo marito, il direttore d'orchestra Olandese Willem van Hoogstraaten, di cui le note che accompagnavano la pubblicazione della Victor recitavano: “Per quelli che eseguono questo concerto, non sono necessarie spiegazioni. Tutto il mondo della musica conosce Willem van Hoogstraten, e l'America in particolare lo ricorda per la sua attività concertistica ivi svolta”. Forse era vero allora, ma certamente non è più così oggi!
La cosa più rilevante di questo disco, secondo me, è la qualità del suono. Risale, come è ovvio, alla fine della seconda guerra mondiale; La Germania si era arresa sei mesi dopo che la registrazione di Schumann era stata completata. Ma dal punto di vista del suono, questo disco è allo stesso livello degli altri, che contengono registrazioni risalenti ad almeno dieci anni dopo. Raramente mi è capitato di ascoltare una registrazione del periodo bellico di tale qualità e faccio tanto di cappello alla Melo, per il suo ottimo lavoro in fase di produzione e stampa.
MC 1033, Shura Cherkassky. Haydn: Sonata per Piano in MI Minore, Hob. XVI no. 34; Chopin: 4 pieces (Ballate no. 1 in SOL Minore, op. 23; Impromptus no. 3 in SOL Bemolle, op. 51, e 4 in DO Diesis Minore, op. 66; Scherzo no. 1 in SI Minore, op.20); Chasins: 3 Pieces Cinesi; Poulenc: 3 Pieces—no. 2, Toccata; Rachmaninoff: Rapsodia su un tema di Paganini, op. 43 (con l'orchestra sinfonica della Süddeutschen Rundfunk, diretta da Hans Müller-Kray). (mono; 74:55)
Queste sono tutte registrazioni di esecuzioni in studi radiofonici, pubblicate su disco per la prima volta in questa occasione. Gli assolo, tranne quello di Poulenc, risalgono al 27 Febbraio del 1958, nelle sale degli studi di Brema; quella di Poulenc invece, al primo Febbraio del 1952, sempre a Brema, nello Studio J, mentre il concerto di Rachmaninoff data al 23 Marzo del 1954, eseguito nella Villa Berg di Stoccarda e trasmesso dalla radio Süddeutscher.
Anche se Shura Cherkassky (1911-1995) non sarà mai ricordato come un virtuoso della tecnica pianistica o come un interprete sublime, lo è sicuramente per la sua longevità artistica e per il notevole arco di tempo coperto dalle sue registrazioni, che hanno attraversato praticamente tutte le tecnologie di registrazione del ventesimo secolo. Infatti, nei suoi primi dischi a 78 giri, si trovano un certo numero di incisioni acustiche per la Victor Talking Machine Company, quando era considerato un bambino prodigio, nell'Ottobre del 1923; la sua ultima registrazione è stata invece pubblicata su CD pochi mesi prima della sua scomparsa. In questo intervallo, fece registrazioni elettriche su 78 giri, LP sia mono che stereo ed infine CD per etichette più o meno importanti, tra cui la American Vox, la Concert Hall Society, la HMV, l'Inglese Decca e la Nimbus. Inoltre, produsse almeno un rullo per pianola con il sistema DuoArt. Ciò nonostante, al pari di Annie Fischer, non apprezzava l'intrinseco carattere “sclerotizzato” della registrazioni da studio, preferendo le riprese di esecuzioni concertistiche.
Cherkassky era nato in Ucraina ma, quando aveva solo sei anni, la sua famiglia emigrò negli Stati Uniti per sfuggire alla rivoluzione Russa, ed in America studiò con Josef Hofmann. Dal momento che durante la guerra era già diventato cittadino degli Stati Uniti ed era residente in California, poté scongiurare tutti i problemi e gli incidenti di carriera di cui abbiamo fatto menzione a proposito degli altri pianisti trattati in questo articolo. Tra l'altro, Cherkassky è il solo tra questi che io abbia ascoltato di persona. Nel programma del recital di cui parlo, tenuto presso la Orchestra Hall di Chicago nell'Aprile del 1994, era inclusa anche una sonata di Paul Hindemith e per una volta, la musica di questo compositore mi è sembrata finalmente asciutta e tersa. Nello stesso programma c'era anche la sonata di Haydn contenuta in questo disco, ed è stato bello poterla risentire nuovamente nell'interpretazione di Cherkassky.
Raramente ho ascoltato registrazioni di Cherkassky che non fossero un piacere e la selezione su questo disco non fa eccezione. Egli prende molto sul serio Haydn, ma riesce a renderlo in modo giocoso e divertente. Il suo pezzo forte, comunque, sono le selezioni di Chopin e di Rachmaninoff. Ritengo infatti che il miglior modo di descrivere Chopin, quando interpretato da Cherkassky, sia che la musica sembra respirare. Il suo perfetto controllo della dinamica è evidente, soprattutto nei delicati pianissimo, e la musica in generale comunica la sensazione del fluire dell'onda sulla battigia, che appare naturale e musicale. L'interpretazione di Rachmaninoff, ad un primo ascolto, sembrava un pochino meno incisivo rispetto alle registrazioni dello stesso Cherkassky, più diffuse, con la London Symphony Orchestra diretta da Herbert Menges, ma credo che dipenda in gran parte dal fatto che quelle con Menges sono molto posteriori.
MC 1026, Marian Filar. recital di Chopin (Ballate no. 1 in SOL Minore, op. 23, e 2 in FA, op. 38; La Polacca in SI Bemolle, op. 71 no. 2; La Barcarola in FA Diesis Maggiore, op. 60; Scherzo no. 2 in SI Bemolle Minore, op. 31; Impromptu no. 1 in LA Bemolle, op. 29; Preludi no. 1-12, op. 28); Brahms, 3 Intermezzi (in SI, op. 76 no. 4; in LA, op. 118 no. 2; in DO, op. 119 no. 3). (mono; 67:51)
A differenza degli altri dischi, le note di questo non fanno menzione della sua inedita pubblicazione, sebbene sulla copertina venga indicata la dicitura “first CD release”. Le ballate di Chopin, la Polacca e la Barcarola, erano state registrate il 19 Settembre del 1949 a Stoccarda, presso lo studio radiofonico VI della stazione Altes (Suddeutscher Rundfunk), mentre gli altri pezzi erano stati registrati a Francoforte (Altes Funkhaus Eschersheimer Landstraße, Hessischer Rundfunk) rispettivamente per lo Scherzo e l'Improvviso l'8, i pezzi di Brahms il 9 ed i Preludi il 10 Luglio del 1952.
Il periodo della seconda guerra mondiale fu per il Polacco Marian Filar (1917-2012) un calvario ancora peggiore, rispetto agli altri pianisti qui trattati. Figlio di una coppia di musicisti di origine Ebraica, fu considerato un autentico bambino prodigio, tanto che tenne il suo primo concerto in pubblico all'età di soli sei anni. Ma con l'occupazione del suolo Polacco da parte della Germania, fu imprigionato in successione in sette diversi campi di concentramento, perdendo gran parte della sua famiglia. Pur avendo già una carriera pubblica avviata, dopo la guerra andò a studiare da Walter Gieseking, che lo aveva invitato dopo averlo sentito interpretare Chopin. Nel 1950 Filar si recò negli Stati Uniti, inizialmente facendo delle tournee, ma divenendo poi titolare di una cattedra al dipartimento di pianoforte della Temple University.
Ma a tal proposito, devo farvi una confessione: il modo di interpretare Chopin da parte di Filar non mi ha entusiasmato. A paragone con Cherkassky, ad esempio, appare molto "lineare" e "moderno", ed io preferisco invece un approccio più tradizionale. Però, per quelli che prediligono una scuola interpretativa della musica di Chopin più obiettiva, Filar ne rappresenta senz'altro uno esempio mirabile. Quello che invece ha catturato la mia attenzione sono stati gli intermezzi di Brahms alla fine del disco, che erano assai più conformi ai miei gusti e molto, molto ben eseguiti. Forse c'entra qualcosa l'influenza di Gieseking, che infatti non è mai stato particolarmente considerato come interprete di Chopin, ma assai celebrato come esecutore di Brahms.
In definitiva, si potrebbe dire che la Meloclassic rappresenti una novità degna di nota nel mondo delle etichette dedite alle pubblicazioni storiche, e più in generale al mondo dell'editoria musicale classica. Le esecuzioni sono perlopiù di altissimo livello e la qualità del suono è davvero al top nel campo del materiale di interesse storico. Consiglierei senz'altro, a chiunque sia interessato ad esecuzioni pianistiche di prim'ordine, indipendentemente dal fatto che si tratti anche di materiale storico, di esplorare l'offerta nel suo ampio catalogo.
Copyright 2015 David Hoehl - drh@tnt-audio.com - www.tnt-audio.com
[1] - Cofanetti cartonati con separatori interni in plastica morbida, tipicamente usati per conservare CD e DVD - NdT
[2] - Si riferisce, in senso strettamente politico, all'annessione dell'Austria alla Germania nazista per formare la “Grande Germania” nel 1938 - NdT
[3] - Sonata 29, composta per Fortepiano e nota per la sua complessità armonica e per l'impegno tecnico richiesto nell'esecuzione - NdT
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