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Autore: David Hoehl - TNT USA
Pubblicato: Aprile, 2019
Traduttore: Roberto Felletti
«Le notizie sulla mia morte erano un'esagerazione.» -- Mark Twain
Come sicuramente ricorderete dalla lettura atrocemente dettagliata, il mio recente reportage del Capital Audiofest 2018 si apriva con l'annuncio dell'incombente “revival della gommalacca”, così spesso proclamato in quel di Audiofilandia. Una battuta stupida, quella -- ma una battuta, come vedremo, che cela un piccolo nucleo di verità. No, non stiamo per assistere a una massiccia, o almeno misurabile, risorgenza di un formato che è stato dominante per mezzo secolo per poi defungere, di fatto, in mezzo decennio, dopo il debutto dell'LP, avvenuto nel 1948. D'altra parte, ultimamente il caro estinto si è “contorto”, segno che, forse, non è ancora giunto il momento di inchiodare il coperchio alla bara.
In effetti, l'emergere dei 78 giri microsolco stereo non è assolutamente in contrasto con la storia del formato. Questo articolo tratterà quella storia; un articolo successivo ci aggiornerà sugli sviluppi attuali.
Quando la maggior parte di noi si riferisce ai 78 giri[1], pensa a dischi da 10" realizzati con del materiale fragile e gracchiante dotato di solchi grossolani, a un tempo di riproduzione sufficientemente lungo per una singola canzone di una big band e a una fedeltà palesemente limitata. Ciascuna di queste caratteristiche ha una qualche validità, pur essendo, quale più quale meno, fuorviante.
Cominciando dalla dimensione dei dischi, è vero che il diametro standard per i dischi comuni, almeno negli Stati Uniti e nell'Impero Britannico, fu stabilito in 10" all'inizio del XX secolo, e tale rimase fino alla fine dell'era dei 78 giri. Tuttavia, i primi dischi avevano un diametro pari a 7", e non troppo tempo dopo l'introduzione dei dischi da 10" arrivarono i dischi da 12", la medesima dimensione di un LP standard, che sarebbero diventati la norma per la musica classica, massicciamente usati per i cofanetti di opere complete, che cominciarono a comparire negli anni '20 del '900. Sul continente prevalse una pletora di altre misure: la Odeon e la Fonotipia, per fare un esempio, erano affezionate ai dischi da 10,5" e i dischi Pathé per uso domestico erano disponibili in varie dimensioni, da circa 8" fino a 14", anche se i dischi più comuni per la classica e la lirica misuravano 11,25". Anche dove i 10" erano lo standard, di tanto in tanto comparivano dischi con altri diametri, come in Inghilterra con i dischi Broadcast da 8", oppure negli Stati Uniti con i Little Wonder da 5,5" e gli Emerson da 5", 7" e 9".
I dischi venivano stampati in materiali la cui eterogeneità non era meno varia delle loro dimensioni. Il materiale più comune era una specie di miscuglio di gommalacca, rinforzante e, soprattutto nei dischi prodotti fino alla metà degli anni '30 circa, sostanze abrasive; ma altre scelte includevano, tra l'altro, il cemento (tra tutte le cose!) con una patina di cera per la superficie di riproduzione (i primi Pathé), la gommalacca liscia laminata su un nucleo di materiale grezzo più resistente (Columbia), la resina fenolica condensata su un nucleo di segatura (Edison), la resina Durium su una base di cartone (Hit of the Week) e, più pertinente all'argomento in esame, il vinile (V-Disk durante la Seconda Guerra Mondiale, Vogue Picture Records e varie altre stampe, perlopiù di qualità, dopo). A volte il materiale poteva essere intrinsecamente rumoroso, particolarmente quello delle stampe economiche; tuttavia, anche stampe in gommalacca convenzionali potevano essere sorprendentemente silenziose, il cui rumore attuale è dovuto all'età e a un uso non corretto.
Anche la larghezza del solco variava di molto nel corso dell'era dei 78 giri, e sebbene fosse principalmente grossolana in base agli standard moderni (specialmente i Pathé), talvolta era esattamente l'opposto. In effetti, per quanto ne so il solco più fine mai offerto al pubblico nelle stampe audio commerciali arrivò negli anni '20, quando Edison produsse un disco che riusciva a riprodurre 12 minuti per lato da 10" oppure 20 minuti per lato da 12", a 80 giri al minuto (con il suo tipico stile promozionale, l'azienda si riferiva ai dischi in base alla durata totale di entrambi i lati -- i dischi che duravano 12 minuti per lato erano chiamati “24 minuti” e quelli da 20 minuti per lato erano chiamati “40 minuti” sulle etichette e sulle brochure aziendali). Il solco di un moderno LP è ampio quasi il doppio. Anni prima del loro tempo, con la tecnologia di stampa disastrosamente molto più avanti di quella per la riproduzione, i dischi long playing di Edison furono un fallimento commerciale, ma anche i dischi di Edison “regolari” erano caratterizzati da solchi sostanzialmente più fini rispetto a quelli standard, forse di nuovo di metà ampiezza rispetto alle loro controparti degli LP moderni.
Quindi, non è una vergogna che tutti questi sforzi differenti nel coro pre-LP non siano stati armoniosamente fusi per formare un 78 giri microsolco di stile moderno?
Sorpresa! Lo sono stati!
E non solo sono stati fusi in un tale disco, il suo nome di etichetta ha introdotto da allora un nuovo termine, vicino e caro al cuore degli appassionati di dischi: Audiophile. Ewing Dunbar Nunn -- ingegnere delle registrazioni, collezionista di dischi e appassionato di jazz Dixieland, nonché uomo provvisto di mezzi grazie all'azienda di famiglia, Nunn Bush Shoes -- non era soddisfatto della fedeltà dei dischi prodotti dalle grosse etichette. La sua risposta: nel 1947 egli fondò una sua etichetta, che chiamò Audiophile Records, mirata espressamente a orecchie da intenditore. I dischi erano inseriti in buste semplici, pratiche, che ricordavano le buste manila e che in seguito furono aggiornate con un look blu-grigio più moderno; il credo dell'etichetta appariva come primo paragrafo del testo che si trovava sul retro di ognuna:
I dischi Audiophile sono realizzati per i 'fan' dell'audio -- persone per le quali la qualità della registrazione è una criticità. Tra gli appassionati di audio è noto che migliore è l'impianto, peggio molti dischi suonano. L'attento esame minuzioso, elettrico e uditivo, dato ai dischi da un buon impianto, troppo frequentemente rivela carenze del disco che non sarebbero state notate se quel medesimo disco fosse stato ascoltato con un impianto meno capace. Un buon impianto non può far suonare bene un disco se esso non è stato registrato ed elaborato adeguatamente: un disco simile dovrebbe essere ascoltato con impianti meno schietti.
Anche dopo l'introduzione della stereofonia, Mr. Nunn rimase un noto sostenitore della registrazione mono, e sebbene alla fine la sua etichetta si fosse piegata alle realtà del mercato e avesse pubblicato dischi stereo, il testo di accompagnamento nelle pubblicazioni successive aggiunse un ammonimento secondo il quale le corrispondenti versioni mono avrebbero suonato meglio su un impianto buono. La Audiophile pubblicò anche dischi in formato LP, però il testo di accompagnamento spiegava che le versioni su 78 giri avevano un maggiore potenziale.
I dischi Audiophile avevano un diametro pari a 12" ed erano stampati su vinile rosso semitrasparente, in maniera molto simile ai primi dischi della serie classica RCA Victor “deluxe”. Tuttavia, diversamente dai dischi RCA, i dischi Audiophile erano incisi con solchi della dimensione di quelli di un LP, da riprodurre con stili da 1 millesimo di pollice, mentre quelli RCA erano semplici stampe in vinile ottenute dai medesimi master a 78 giri con solchi grossolani dai quali si ricavavano i dischi in gommalacca. Con un'ulteriore strizzatina d'occhi ai fissati dell'alta fedeltà, l'Audiophile deviò dalla pratica industriale standard attenendosi a un'unica caratteristica di registrazione, pubblicandola sul retro di ogni copertina dei dischi come parte delle note standard:
I dischi Audiophile sono realizzati con cura in ogni fase del processo di registrazione e di elaborazione. L'apparecchiatura utilizzata per registrare i dischi Audiophile ha una risposta utile compresa tra 16 cicli e 20 KC. Le frequenze fino a 18 KC sono registrate, sostanzialmente, con le corrette ampiezze relative. Questo disco ha la seguente curva di registrazione: frequenza di taglio, 300 cicli. Con riferimento tra 0 e 900 cicli, l'elevazione è 2 dB a 1 KC, 6 dB a 4 KC, 8 dB a 8 KC, 12 dB a 12 KC e piatta al limite. Il livello di registrazione è circa il medesimo di quello di un comune disco “microsolco”, indipendentemente dalla velocità. Le condizioni acustiche di riproduzione, più le preferenze dell'ascoltatore, devono determinare l'esatta impostazione dell'equalizzazione in riproduzione. In base alla nostra esperienza, la maggioranza degli ascoltatori sembra preferire l'impostazione di equalizzazione “piatta” quando il disco viene ascoltato con una buona apparecchiatura.
In aggiunta a quanto sopra, le note standard offrivano consigli su come pulire il disco, su come trattarlo per prevenire l'elettricità statica (venivano consigliati agenti contenenti sali di ammonio quaternario di alchile), su come manutenere l'apparecchiatura e anche sui marchi preferiti di testine: “In una testina, una buona cedevolezza laterale è essenziale.” (Weathers, Pickering). I tempi cambiano; oggi, il dogma audiophile (con la 'a' minuscola) preferisce testine a bobina mobile a bassa cedevolezza.
Stando a ricordi di un sito commemorativo, i master su nastro per i 78 giri Audiophile venivano registrati con microfoni Stephens su una piastra a bobine Magnecord full track alla velocità di 15" al secondo. In queste, e successive, registrazioni stereo, Mr. Nunn si affidava all'acustica ambientale e a un attento posizionamento dei musicisti per riuscire ad ottenere un corretto bilanciamento della registrazione; evitava i mixer. Probabilmente, le stampe dei 78 giri venivano realizzate presso il Keysor-Century di Saugus (California), sebbene alcune fonti indichino che erano prodotte dalla Wakefield di Phoenix (Arizona).
Dal punto di vista musicale, l'etichetta rispecchiava ampiamente la predilezione di Mr. Nunn per il jazz Dixieland. Detto ciò, la casa discografica pubblicò undici dischi di Robert Noehren che eseguiva musica classica per organo, alcuni dei quali relativamente astrusi. Noehren (1910-2002), sebbene oggi non sia molto conosciuto dal grande pubblico, all'epoca era una figura di spicco nell'ambito della musica per organo e dei circoli musicali, oltre che, successivamente, organaro; incise per varie etichette, prima nell'era dei 78 giri e poi continuando con l'avvento degli LP. In breve, è stato un nome sorprendentemente “mainstream” nella classica per una piccola, nuova etichetta, francamente rivolta agli amanti del jazz, ai margini dell'hobby dell'hi-fi. Questi dischi e le pubblicazioni di jazz avevano una caratteristica in comune: come ci si aspetterebbe dai particolari inseriti nelle note di copertina, si trattava di edizioni mono eccezionalmente ben registrate, stampate con cura su materiale di qualità. Il suono aveva il medesimo impatto viscerale dei buoni 78 giri convenzionali, ma in più offrivano una durata di ascolto assai maggiore e una qualità di registrazione che non aveva nulla, o poco, da invidiare a quella che oggi consideriamo “alta fedeltà”. L'audio veicolato tramite Internet non gli rende davvero giustizia, ma nel caso siate curiosi, ecco un estratto del disco Audiophile AP-8, un brano intitolato Corky, registrato l'8 febbraio 1953 da un ensemble jazz capitanato dal trombettista Loring “Red” Nichols:
E così siamo giunti alla frontiera dell'età moderna. Ci fermiamo qui e riprenderemo la storia in un prossimo articolo.
L'audio è stato registrato ed elaborato con Ocenaudio, leggermente decliccato con Click Repair e convertito nell'obbligatorio formato MP3 per lo streaming con il software Kastor Free Mp3 M4a Wma Converter.
Le fotografie sono state scattate ed elaborate dall'autore con una fotocamera digitale Lumix DMC-FZ300 e con il software di fotoritocco PhotoScape, rispettivamente.
Nessun audiofilo è stato maltrattato durante la stesura di questo articolo né durante la copia della traccia audio allegata.
[1] - Come ho puntualizzato altrove, a volte sembra che l'unica velocità alla quale i primi “78 giri” non girino sia proprio 78 giri al minuto.
Avanti alla [Parte II]
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