Mai amplificatore fu più osannato dalla stampa inglese che, diciamocelo,
e' però un tantinello autarchica, quasi peggio dei cugini d'Oltre Manica della
Nouvelle Revue du Son. Non che un pò di promozione dei prodotti locali non
sia positiva, anzi, la stampa italiana dovrebbe fare più attenzione alle buone cose
che vengono prodotte qui, solo che l'esagerazione e' sempre controproducente.
Dicevo del nostro integrato Delta 90.2, successore del 90 e predecessore del 290.
Trattasi dell'integrato di punta della Arcam, dotato persino di buone
facilities. Devo dire che mi aspettavo molto dal 90.2 ed ero pronto a riconoscere
la superiorità della scuola inglese nella produzione degli amplificatori.
E' capitato a casa quasi per caso, portato da un amico che voleva acquistarlo
in sostituzione del suo Pioneer. Dopo averlo a lungo ascoltato nel suo impianto era
curioso di verificare le sue impressioni in un altro sistema.
Fu così che il 90.2 fu sottoposto alla mia attenzione.
Veniamo subito al sodo: il 90.2 non mi (ci) e' piaciuto.
Ancorchè dotato di una buona gamma bassa, rotonda e articolata, resta
incredibilmente chiuso sui medio-alti, tanto che il mio amico sospettava
di essere incappato in un esemplare difettoso. Ad un ascolto più attento
si capisce che invece quella e' la sua impostazione timbrica, voluta e cercata
con perseveranza e scrupolosità. Forse molti potrebbero definire il 90.2
eufonico e caldo. In realtà la sua gamma alta e' tanto indietro da far
perdere di vivacità e di dettaglio alla musica che esce da quest'amplificatore
come addomesticata (on the tame side, direbbero gli inglesi) e compressa dinamicamente.
La velocità e' mediocre e non ha nulla a che vedere con il mio
riferimento (SF Quid), che però sotto quest'aspetto ha ben pochi rivali.
Probabilmente il 90.2 riuscirà a far suonare bene certi minidiffusori
dall'equilibrio timbrico spostato decisamente verso l'alto, compensandone
contemporaneamente le carenze in gamma bassa.
Con le mie Index, che parzialmente seguono questo tipo di filosofia sonica, il
risultato non e' stato tuttavia eclatante ed un confronto diretto col mio Quid
si e' rivelato illuminante. Con una coppia di Chario Hyper 2 MKII, di impostazione
sonica totalmente differente, le cose sono andate persino peggio, come d'altra
parte era naturale aspettarsi.
Non posso negare che in certe catene l'Arcam possa sortire buoni risultati grazie
alle sue peculiarità e la sua raffinatezza di fondo lo distingue
comunque dalla folta schiera di amplificatori anonimi senza infamia ma
anche senza lode.
Quanto ai cavi di potenza da utilizzare mi sentirei di sconsigliare fortemente quelli dal suono
caldo e pastoso (Monster Powerline ad es.) e meglio puntare su cavi veloci,
asciutti in basso ed aperti sul medio alto, cominciando con Supra e simili.
Il rischio in questi casi e' però quello di stravolgere l'equilibrio
dell'ampli, peggiorando ciò che di buono ha senza riuscire a migliorare apprezzabilmente
il resto. Si sa, i cavi possono molto ma non fanno miracoli.
Per quelli di segnale valgono le stesse considerazioni, facendo attenzione
a non scegliere cavi troppo rivelatori sul medio alto, che potrebbero, per
contro, evidenziare una certa granulosità del nostro ampli proprio
in quella gamma di frequenze.
Ancora una volta dunque vale la regola dell'ascoltare attentamente (e
possibilmente a confronto con un altro apparecchio) prima di sfoderare
la carta di credito. Meglio ancora se l'ascolto lo potrete fare col l'impianto
di cui entrerà a far parte.
Copyright © 1996 Lucio Cadeddu