Prodotto: amplificatore integrato Thule IA 60 (B)
Costruttore: Thule - Danimarca
Distribuito in Italia da: HiFi United - Tel. 0523-716178
Prezzo approssimativo: 900 $ - Euro
Recensore: Dejan Veselinovic
|
Gli apparecchi Hi-Fi Danesi sono sempre un po' fuori del comune, in una maniera o nell'altra; comunque, una cosa è sicura: ogni progetto Hi-Fi Danese è un tentativo fatto con serietà, e pertanto gli va riconosciuta la giusta attenzione.
Per farla breve, la Thule Audio è sul mercato da 9 anni, ed è la
creatura del Sig. Anders Thule; se il nome vi richiama immagini del Principe Valiant, che
veniva appunto da Thule, siete scusati (in effetti è ciò che mi è accaduto la prima
volta che ho sentito di questa marca).
Sembra essere un'azienda molto attiva, con una gamma di prodotti diversificata in vari
livelli, ad ognuno dei quali appartengono più apparecchi. L'esemplare in prova appartiene
al livello d'ingresso. Segue il livello degli apparecchi caratterizzati dalla tipologia
circuitale totalmente bilanciata; infine c'è il livello più alto, estremamente
flessibile, che può essere usato sia in normale stereofonia che per impieghi multicanale
o "cinema in casa".
Relativamente all'aspetto esterno, mi affido alle foto: a voi il
giudizio; per quanto mi riguarda, penso si tratti di prodotti dalla squisita semplicità,
con un design che si può probabilmente definire un classico senza epoca.
Linee esterne pulite celano un interno ricco di sofisticata elettronica, il tutto
racchiuso in un involucro esternamente ben concepito e realizzato.
Il mobile è fatto di acciaio pressato, e conseguentemente è molto
pesante, il che è sempre buon segno, perchè i mobili pesanti tendono a vibrare meno di
quelli leggeri tipicamente adoperati nelle realizzazioni commerciali.
L'unica parte separabile dal resto è la parete superiore, tenuta in sede da cinque viti;
se si stringono per bene non ci saranno tremori nemmeno battendoci forte su con la mano, a
testimonianza di un'accuratezza delle tolleranze meccaniche che non si vede spesso in
questa fascia di prezzo.
Il frontale è ricavato da una lamina di alluminio dello spessore di
8-9 mm, lavorata con delle macchine che le danno una forma lievemente curva, che dona al
tutto un aspetto prezioso, ma in un modo assai poco vistoso, senza il clamore lussuoso
della maggior parte delle produzioni dell'estremo oriente.
È -beh- molto Danese, fermo, solido, con una bella rifinitura in nero; trasuda qualità,
ma in un modo molto educato e diplomatico. La sua liscia superficie si interrompe solo in
corrispondenza di una finestra, dietro la quale si nasconde un display digitale rosso (con
tre gradi di intensità luminosa: normale, poco luminoso e spento) e della manopola del
volume, oltre che di un selettore a pulsante in alto a destra vicino al display.
All'interno, la parte elettronica sorprende per due motivi. Il primo è
l'uso massiccio di componentistica a montaggio superficiale (SMD: Surface Mount Device).
Questa tecnica realizzativa consente di ottenere diversi vantaggi: dimensioni dei circuiti
molto ridotta, con conseguente riduzione sia del percorso del segnale, sia
dell'esposizione alla captazione di interferenze, sia del fenomeno delle capacità
parassite; lavorazione completamente automatica; ottimo rapporto costo/prodotto; estrema
affidabilità. Per tali motivi è una tecnica molto usata nel campo informatico.
In verità, ho anche visto dei condensatori di grosso valore, ad anche di valori maggiori,
aggiunti in un secondo momento con saldature a mano (che, temo, siano inevitabili).
|
L'alimentazione è fornita da un trasformatore toroidale da 300VA, che sembra essere un componente di qualità. Apprezzabilmente, è ben avvitato: si può lanciare l'apparecchio per aria senza aver timore che si possa staccare. Le connessioni, specialmente quella ad alta potenza da e verso il trasformatore sono realizzate con connettori a vite da uso intensivo, buoni sia elettricamente che per quanto attiene alla sicurezza.
I circuiti stampati seguono un progetto molto pulito: si vede che
dietro di loro c'è molta esperienza, cosa che rilevo sempre con molto piacere. L'apparecchio
adotta componentistica selezionata.
La sezione preamplificatrice impiega gli OPA2134 della Burr-Brown, circuiti integrati con
ingressi a FET: non sono quelli che personalmente sceglierei, ma non si possono definire
economici, ne' cattivi.
Lo stadio di uscita fa uso di una coppia di transistor bipolari 2SA1633/2SC4278 per canale
in configurazione SEPP (Single-Ended Push-Pull).
Poichè si tratta di transistor da 100W, penso che componenti più potenti avrebbero
rappresentato una scelta più appropriata (mi vengono in mente i 2SA1302/2SC3281:
caratteristiche simili, ma con 150 W di potenza).
Ad ogni modo, questi transistor sono saldamente imbullonati ad un'aletta di raffreddamento
SK85 (circa 0,64 gradi Cent./W), ben proporzionata, e non vanno polarizzati con una
corrente di riposo troppo elevata. Inoltre, non sono a conoscenza di loro cali di potenza
dopo lunghi periodi di impiego gravoso, quindi le mie remore sono di carattere piuttosto
personale.
La Thule Audio crede nelle tipologie circuitali senza controreazione
globale. Secondo loro, è meglio correggere i problemi lì dove si manifestano e
risolverli localmente, così che la controreazione globale diventa ridondante.
In teoria, questo è vero, ma in pratica le cose tendono a complicarsi; però non c'è
dubbio che si tratta di un approccio migliore di quello normalmente usato nella produzione
in serie di apparecchi audio, dove si correggono i problemi che sorgono lungo tutto il
circuito dell'amplificatore usando tassi relativamente alti di controreazione.
I condensatori elettrolitici, che ritengo rivestano un ruolo importante
nella caratterizzazione del suono, sono della Nichicon, ed hanno il giusto valore di
10.000 uF; ho detto "giusto", non "eccellente".
Per fare un confronto, il mio vecchio ed amato Harman/Kardon 6550 è dato per 50W per
canale, ma impiega condensatori Elna For Audio (più o meno di qualità simile) da 13.000
uF l'uno. Il raddrizzamento si ottiene tramite diodi discreti ben selezionati, piuttosto
che con i ponti di raddrizzamento integrati che normalmente si impiegano (sebbene non è mai
stato davvero provato che questo sia un metodo migliore).
Anche i connettori meritano una menzione. Tutti i pin RCA di ingresso e di uscita sono placcati oro e saldati direttamente alla piastra di circuito, il
che è una cosa buona, visto che così non ci sono cavi volanti a guastare il quadro.
Ancora migliori sono quelli di potenza, anche essi saldati direttamente alla piastra di
circuito e placcati in oro, che accettano anche cavi di grossa sezione.
Però ho incontrato qualche problema tentando di infilare i miei cavi Jamo da 4,5mm negli
appositi fori: sembra che vadano bene per cavi fino a 4 mm; però dopo vari insulti,
armeggiamenti e torture, anche i miei cavi sono entrati.
Una certa quale novità risiede nel metodo d'implementazione dei
controlli di volume e di bilanciamento. Nonostante ciò che vi dicono gli occhi (e cioè
che l'apparecchio ha due soli controlli, uno presumibilmente per l'accensione/spegnimento
e l'altro presumibilmente per il volume), è possibile accedere ai controlli secondari
grazie al telecomando, sul quale troverete tutto il necessario per controllare non solo
questo amplificatore, ma anche i vari lettori di CD e l'unico modello di sintonizzatore
di casa Thule. Fra le altre cose offre un controllo di bilanciamento calibrato, come
quello di volume, a passi di 1 dB .
Ciò si rende possibile tramite l'impiego di un controllo di volume digitale LM1792 della
National Semiconductor: di fatto, una rete "a scala" di 80 resistenze per canale
tarate col laser. Pertanto, la sua precisione va ben oltre quella di ogni potenziometro
standard, inclusi gli esaltatissimi Alps e Noble.
Inoltre, visto che non c'è alcun contatto meccanico, non c'è neppure invecchiamento,
altro punto a sfavore dei potenziometri classici.
Contro questo amplificatore ho schierato una coppia di apparecchi coi
quali potrebbe entrare in concorrenza in ogni mercato. Uno più economico,
l'amplificatore integrato Yamaha AX-592 (2x100W/8 ohm,
ancora non sottoposto ad alcun tweaking); l'altro più caro, un amplificatore integrato
Harman/Kardon 6550 oramai fuori produzione (2x50W/8 ohm; il modello equivalente ora in
catalogo è il 650).
Lo H/K è oramai da alcuni anni il mio punto di riferimento per prodotti relativamente
popolari: era piuttosto costoso quando fu acquistato, ma comunque considerevolmente più
economico di qualunque cosa avesse potuto definirsi di classe superiore, per non parlare
dei prodotti High End.
Lo Yamaha fu acquistato come tipico rappresentate di apparecchi di produzione di massa
provenienti dall'Estremo Oriente (azienda Giapponese, costruito in Malesia): è un
apparecchio onesto, con un medio molto buono, ma con un certo degrado qualitativo ad
entrambi gli estremi gamma.
In un impianto malamente assemblato lo Yamaha suonerà in modo terribile, mentre lo H/K
non suonerà bene come può, ma sempre con molto meno degrado dello Yamaha; in un impianto
bene assemblato, invece, lo Yamaha ben renderà conto di sè, mentre lo H/K probabilmente
farà un figurone. Comunque, entrambi tollerano eccezionalmente bene i carichi difficili:
entrambi mettono a disposizione corrente oltre i 20A, con lo Yamaha che è capace di
valori di picco di circa 30A per brevi impulsi (< 20 msec).
Come lettori di CD usati come sorgenti, abbiamo un vecchio Marantz CD53
modificato: gli amplificatori operazionali NJR2114 di serie sono stati sostituiti con dei
circuiti integrati AD OP275, e sono stati cambiati anche certi condensatori di
disaccoppiamento; il risultato è il classico suono Marantz, ma arricchito con più vita e
vigore (come quando su una pizza Margherita ci si mettono prosciutto e funghi).
E poi c'è il Philips CD721modificato, che, al posto degli operazionali di serie 4560,
adopera gli ultraveloci AD 826 (350V/uS, veloce anche per gli standard della Spectral) ed
un ulteriore alimentatore completamente nuovo. Per finire c'è lo Harman/Kardon CD730, il
cui pregio risiede in uno stadio di uscita analogico completamente a componenti discreti
in configurazione duale differenziale, che consuma tutti e 38 i transistor.
I cavi di segnale per tutti sono stati i MIT Terminator 4: nonostante siano lontani dell'essere i migliori, credo che questi cavi non conoscano rivali nel campo del rapporto qualità/prezzo e, naturalmente, sono anni luce lontani dai cavetti generalmente forniti di serie con lettori di questo livello di prezzo.
Il primo set di diffusori era costituito da una coppia di monitor a due
vie in campo vicino JBL Control Monitor CM62, rinforzata dal subwoofer attivo, sempre JBL,
Sub 10 (cono da 10", 100W), con taglio sui 125 Hz, in fase con i satelliti, e con la
manopola del volume usata con giudizio.
Il secondo set di diffusori, in un'altra stanza, era costituito da una coppia di JBL Ti600
da pavimento; mentre il terzo set, quello vagabondo, era una coppia di AR94 da pavimento
modificate.
Sin dalla prima accensione del Thule IA60, sono stato immediatamente
colpito da quello che descriverei come basso carnoso: pieno, rotondo, caldo, ma pareva
anche più potente di quanto avrebbe dovuto.
Di certo non ho mai sentito le relativamente piccole CM62 cacciare tali linee di basso
senza il subwoofer. Le Ti600 facevano letteralmente tremare le finestre, così come le AR.
Quando in un impianto accade questo, la prima cosa da fare è capire cosa causa questi effetti e, così, realizzare se ci si trova di fronte ad un'anomalia o semplicemente ad un suono differente.
Ho ascoltato molti audiofili tessere le lodi dello H/K per la sua
capacità di pilotaggio sui bassi e mediobassi con energia e vigore: è semplicemente
pieno di vita e completamente insensibile alla difficoltà di pilotaggio dei diffusori.
Con tutti i miei lettori di CD come sorgente, queste virtù restavano confermate, ma con
l'inserimento dell'IA60 le cose cambiarono: troppi bassi sia con le JBL Ti600 che con le
AR94. Ora, Dio solo sa quanto ami il buon basso, ma che sia "buono", non
"troppo".
Però ero ancora scettico, così mi feci prestare da un amico una coppia di Concertino
della Sonus Faber; queste casse mi sono particolarmente care, e credo siano la
cosa migliore mai realizzata in questa fascia di prezzo.
Se si può dire qualcosa di loro è che sono molto neutre, quasi timide: se mi danno un
sacco di bassi, allora davvero ci sono molti più bassi del normale.
Di contro, bisogna analizzare il resto dello spettro. Qui le notizie
sono tutte buone: il medio è molto coerente, molto naturale e scorre con facilità.
Molte di queste virtù si ritrovano anche per gli alti, a mio giudizio un pelino più
quieti di quanto dovrebbero: oppure si tratta del confronto coi bassi che dominano la
scena? Ad ogni modo, c'è una chiara sensazione di libertà, la musica ha un grande
respiro, libera di fare ciò che le piace, e l'IA60 prova -e per fortuna ci riesce- a
lasciare diplomaticamente la stanza mentre la musica suona. Proprio bene.
Ciò che sicuramente attira l'attenzione, e quella che credo sia la
migliore forza e virtù dell'IA 60 è la capacità di ricreare la tridimensionalità dello
spazio. Finora non ho mai incontrato un apparecchio di questa fascia di prezzo così abile
nella profondità dell'immagine.
La musica comincia a respirare, si smette di ascoltare e si viene trasportati altrove,
dove il musicista vive. È una sensazione di cui ci si innamora all'istante, qualcosa che
non riuscirete ad ottenere da molti suoi concorrenti.
Poichè continuavo a sospettare che avesse una linea di basso
esagerata, in primo luogo ho staccato il CD730 della H/K, che è un buon lettore, noto per
il suo basso insolitamente pulito ed autorevole (quantunque associato ad una tonalità
globale un po' scura), e mi sono rivolto prima al CD53 della Marantz.
Il palcoscenico ricreato era buono sotto ogni punto di vista, di gran lunga superiore a
quanto gli ordinari prodotti Giapponesi hanno da offrire.
Gli OP275 possono fare meraviglie con i lettori Marantz, come è ben noto e documentato (spulciate
un po' TNT), e questo lettore andava d'accordo con l'IA60, ma... ma ancora con un
certo qual pronunciato basso. Anche quando fu chiamato in servizio il CD721 della Philips
modificato, si produsse un basso accentuato.
Bene. Allora ho connesso l'uscita preamplificata dell'IA60 con l'ingresso della sezione
finale dello Yamaha.
non si sentì più alcun basso pronunciato, mentre lo Yamaha suonava certamente molto
meglio che con la sua sezione preamplificatrice connessa, molto più pulito e trasparente.
Ora la prova del nove: le uscite preamplificate dello Yamaha pilotavano la sezione finale
dell'IA60.
Il conto tornava: in termini di qualità generale il suono era considerevolmente inferiore
a quello del solo IA60, a riprova che nessun dubbio si poteva nutrire sulla qualità
della sua sezione preamplificatrice, ma c'era ancora un basso potente, ora in qualche modo
attenuato dai limiti della sezione preamplificatrice dello Yamaha.
Quindi, le cose stanno così. L'IA 60 della Thule Audio ha ciò che
descriverei come un lieve effetto loudness, che semplicemente enfatizza i bassi. Per
intenderci, è un suono molto piacevole, ma tende a mascherare i medi e gli alti,
rendendoli soggettivamente più morbidi e tranquilli di quanto dovrebbero essere.
In questo modo, i dettagli tendono ad essere mascherati (ma non scompaiono!), e la
stupenda sensazione di tridimensionalità è in qualche maniera compromessa. Per esempio,
il suono delle spazzole metalliche (del batterista, n.d.t.) c'è tutto, ma
semplicemente più silenzioso di quanto dovrebbe, e gli manca il pungente che di solito ha.
Ho provato e riprovato, sono anche andato a "tarare" me stesso ed il CD da un
amico che ha un Theta.
Non voglio dire che l'IA60 ha un basso pesante: è solo che mi sembra aggiungere ai bassi
un tocco che normalmente non c'è. È un effetto sottile, ma chiaramente avvertibile. Si
potrebbe pensare più ad una colorazione del suono che non ad un aumento di volume, ma
l'effetto soggettivo è lo stesso: carnoso, ma pulito.
Il passaggio alla musica da camera, più soffice, migliora le cose, ma solo perchè nel
materiale di partenza ci sono meno bassi. I violini sono molto naturali, con l'esatto
suono che dovrebbero avere dal vivo, molto vicini alla realtà: un notevole risultato, non
c'è dubbio.
Se volete fare colpo su qualcuno, suonate la "1812". Il colpo di cannone li farà saltare a terra per ripararsi, oppure provocherà loro un infarto, tanto che è potente, pulito e convincente. Ma fate attenzione, perchè lasciarvi prendere la mano potrebbe costarvi i diffusori: risparmiatevi l'effetto per l'agente del Fisco.
Mettete su "Everybody Needs Somebody To Love" da "The
Blues Brothers" e, se chiudete gli occhi, vi sarà facile credere di essere lì, non
qui. Ancora più impressionante è la musica Celtica: potrei ascoltare "Ubi
Caritas" di Connie Dover o "Salve Splendor" di William Jackson per
giorni, tale è la forza e la trama del suono prodotto.
Inoltre, siate avvertiti: il basso di questo Thule dà davvero assuefazione! Tornate ad
apparecchi più normali ed il suono vi apparirà più povero, quantunque medi ed alti
suoneranno più bilanciati. Ci vogliono giorni per tornare alla normalità.
Credo che questo apparecchio non rende appieno tutta la sua
potenzialità proprio a causa di quella che viene proposta come la sua maggiore virtù:
l'assenza di controreazione globale. Il suo suono mi ricorda moltissimo quello degli
Electrocompaniet, un'azienda Norvegese con idee simili, ma attuate in modo diverso e ad un
prezzo molto diverso.
Se, da un lato, è davvero esente dalla grossa grana e dai tipici difetti dei transistor,
dall'altro, l'IA60 soffre di un basso maggiore del necessario, una sensazione che ho avuto
anche ascoltando gli amplificatori integrati minori della EC, che costano circa tre volte
tanto.
A mio giudizio, il vecchio H/K 6550, che usa solo 14 dB (5:1) di controreazione globale,
produce un palcoscenico meglio bilanciato, con un basso meglio controllato: non è così
caldo, carnoso o rotondo, ma ha più autorevolezza, vigore ed una migliore definizione.
D'altro canto, in termini di tridimensionalità, l'IA60 sconfigge
chiaramente lo H/K e, naturalmente, anche lo Yamaha. Non si tratta in alcun modo di un
cattivo apparecchio: semplicemente ha una specifica caratterizzazione musicale che dovete
ascoltare per capire.
Se avete diffusori di piccole dimensioni, potreste anche trovare che il suo basso sia
manna dal Cielo, ma se avete diffusori che scendono già in basso di loro, potreste
trovarlo un po' troppo carnoso.
Ma ricordate, bisogna ascoltarlo parecchio per capirlo bene. I suoi aspetti positivi sono
senza dubbio la totale assenza di compressione a livelli normali ed un medio molto
naturale, caratteristiche davvero rare in questa fascia di prezzo.
Dischi prevalentemente usati nella prova:
Celtic Spirit: Various Artists - Narada, ND-63929
Cat Stevens: Greatest Hits - A&M Records, SS-CS0599
Simon and Garfunkel's Greatest Hits - Columbia, CK 31350
Rock Ballads Vol. 1 - Unison, CDP0022
Carreras, Domingo, Pavarotti in Concert/Mehta - Decca 430 433-2
Richard Strauss: Also Sprach Zarathustra - EMI Encore CDE 5 68122 2
The Favorite Opera Arias - Cisco GCD 8004
Enigma: MCMXC a.D. Special Edition - Virgin CD 262 029
Galija: Juznjacka uteha - PGP-RTS 412796
Vangelis: Platinum - Polydor VP 180 197-R
© Copyright 2000 Dejan Veselinovic -
https://www.tnt-audio.com
Traduzione: Carlo Iaccarino
Istruzioni su come stampare questo articolo.