Milano hi-fidelity 2016 - una sorta di reportage

La ruota di Pripyat

[Milano Hi-Fidelity 2016 Hotel Melia]

Reporter: Lucio Cadeddu
Pubblicato: Aprile 2016

Il 2 e il 3 aprile si è svolta la ventesima edizione di quella che è a tutti gli effetti diventata un vero “classico” delle mostre italiane. Dopo diversi cambi di location, quest'anno la manifestazione è approdata nell'Hotel Melià, un 5 stelle lusso molto bello e accogliente. L'inossidabile organizzazione di Stefano Zaini (The Sound Of The Valve) ha ancora una volta fatto centro, proponendo spazi adeguati, ordine e un tocco di eleganza in più rispetto al passato.

Con la progressiva scomparsa dei negozi fisici le mostre del settore hanno provato, moltiplicandosi, a colmare le mancanze di spazi dove gli appassionati possono ascoltare e, di conseguenza, organizzare, pianificare e realizzare i tanto agognati upgrade dei propri impianti HiFi. Ascoltare, giudicare e decidere nella saletta di una mostra HiFi, però, è compito assai arduo, per una quantità di ragioni ben note: non sempre gli spazi sono adeguati, raramente gli impianti sono sistemati al meglio e posti nelle condizioni ideali, e ancor più difficilmente l'atmosfera circostante consente di ascoltare con la dovuta calma e la necessaria concentrazione.

Per questi motivi, in fondo, una mostra non può fare più di ciò che ha sempre fatto: far conoscere prodotti (“mostrarli”, appunto), stimolare curiosità, innescare un desiderio d'acquisto. Purtroppo, per ragioni diverse, soprattutto quest'ultimo aspetto, che secondo me è prioritario e motore primo del mercato, non viene realizzato appieno. Sarò sincero: se fossi un neofita e volessi farmi venire la voglia visitando una mostra HiFi temo resterei molto deluso.

Proverò a spiegare il perché mettendo per iscritto i pensieri che hanno affollato la mia mente via via che visitavo le salette del Milano Hi-Fidelity 2016. Ciò che segue, pertanto, non è un vero reportage, con tante foto, didascalie e plausi a impianti tutti straordinari. Non sarà così perché nella mia testa ho un'altra idea di cosa dovrebbe contenere una mostra HiFi e il 90% di ciò che ho visto a Milano se ne discosta enormemente.

La mia idea, semplice e banale, è che una mostra dovrebbe servire innanzitutto ad alimentare la passione e il mercato, non a tenere aperta la bombola dell'ossigeno ai pochi anziani audiofili rimasti ancora in piedi, a caccia di un modo diverso ed emozionante per investire il proprio TFR.
No, credo che una mostra HiFi debba essere attraente non per i soliti noti, ma per i tanti ignoti, giovani e meno giovani, se vogliamo, ma curiosi, desiderosi di scoprire quanto meglio si possa ascoltare la musica con un impianto HiFi. Gli “audiofili” lo sanno già.

Inizio coi freddi dati relativi alla mostra milanese: 22 sale, di varie dimensioni, dislocate tra il piano -1 e +1 dell'elegante hotel. L'acustica delle salette mi è parsa buona, anche quando non erano presenti specifici trattamenti ambientali, pur presenti qua e là. L'affluenza di pubblico mi è sembrata ottima, con un fisiologico calo nella giornata di domenica. L'età media, ahinoi, era piuttosto alta, a conferma di quanto scrivevo nel paragrafo precedente.

Questo settore non riesce a rinnovarsi, i capelli - quando ci sono - sono sempre più bianchi e la sensazione di essere piombati in un istante all'interno di una raffinata RSA è sgradevole e fortissima. L'organizzazione non ha, ovviamente, alcuna colpa in questo, il problema è evidentemente a monte. Chi sono i veri colpevoli? Difficile a dirsi ma certamente le aziende e i distributori qualche responsabilità ce l'hanno, visto che hanno chiaramente puntato, allestendo gli impianti per la mostra, verso un target molto, molto alto. I “mostri” da 100.000€ erano molti, troppi, e anche quando si stava distanti dalla vetta, i 40.000/50.000€ erano la norma. In termini automobilistici era, in pratica, l'equivalente di un salone di supercar. E questo potrebbe anche andar bene, in fondo le supercar attirano l'interesse anche e soprattutto di chi non può permettersele.

L'HiFi, però, paga un prezzo alto a questa voglia di esclusività perché se sulle prestazioni di una Lamborghini o di una Pagani (e sulla loro pornografica apparenza) ben pochi avrebbero da ridire, molto ci sarebbe da dire sul suono - e talvolta pure sull'aspetto - di tanti impianti costosi che erano esposti alla mostra milanese. Alcuni erano francamente imbarazzanti. È chiaro che se a un neofita si fa sentire un certo suono e poi gli si dice che per ottenerlo servono 100.000€ il minimo che possa fare è storcere il naso. Se non scoppiare in una fragorosa e liberatoria risata. Eh già, perché talvolta a suonare meglio erano gli impianti meno costosi e questo è, a tutti gli effetti, un clamoroso autogol per il nostro settore. Dobbiamo essere credibili e, per esserlo, un impianto top deve stupire, lasciare senza parole...anche e soprattutto per come suona.

Poiché non mi è dato capire come mai alcuni impianti suonessero così distanti dalle loro prestazioni reali, sarò caritatevole e non li citerò, non servirebbe a molto stilare una graduatoria in negativo. Certamente non è facile allestire una saletta ben suonante, ma in alcuni casi sembra che i responsabili si siano messi d'impegno per sbagliare tutto. In altri casi, invece, non so se per pura fortuna o per grandi capacità, impianti diciamo così, modesti, suonavano insospettabilmente bene. E questi un po' di ribalta la meritano.

Il primo, che va a conquistarsi la palma del miglior rapporto qualità/prezzo e che, per certi versi, suonava meglio di altri sistemi 10 volte più costosi, è l'impiantino di LP Audio, con le piccole casse Elac Debut B5 (da 350€!) e B6 (da 450€) a dar voce a un insieme di elettroniche Audio Alchemy. Lo stupore dipinto nei volti degli astanti quando si rivelava il prezzo dei diffusori era evidentissimo. Ovviamente, mi sono premurato di chiedere una coppia di questi piccoli miracoli in prova.

[Elac Debut B6]

Anche l'impianto Audio Reference, con le piccole ProAC Studio 100, era godibilissimo.

[ProAC Studio 100]

Tra i pesi medi e medio-massimi, mi hanno convinto, per motivi diversi, gli impianti di AudioGraffiti, con elettroniche Nuprime e NorthStar che alimentavano una coppia di belle Rosso Fiorentino Siena...

[Rosso Fiorentino da Audio Graffiti]

Molto scenografico e ben suonante anche l'impianto full-McIntosh con diffusori Sonus Faber Lilium, presso Il Tempio del Suono

[McIntosh e Sonus Faber]

Interessanti le nuovissime Spendor SP200 Classic, che mostravano grandi potenzialità, un filo trattenute per quella che mi è sembrata essere una certa mancanza di rodaggio.

[Spendor SP200 Classic]

Mi è piaciuta molto la sala con le KEF Blade 2: rigore, precisione e trasparenza di ottimo livello.

[KEF Blade 2]

E sempre godibile ed equilibrata è la saletta di The Sound of the Valve, con persino una buona selezione di musica non noiosa :-)

[The Sound of the Valve]

Via via che camminavo, però, le scarpe mi si riempivano di sassolini fastidiosi che, ora, pian piano, proverò a eliminare.

La musica. Mancavo ben 10 anni da una mostra HiFi e il motivo della mia assenza è da ricercarsi nella noia. Le mostre HiFi mi avevano annoiato e pure rattristato non poco. La musica che si suonava era sempre la stessa e, amara sorpresa, in dieci anni è rimasta quella! Come se il mondo si fosse fermato, come se a far suonare bene gli impianti siano solo le voci femminili con un piano o un contrabbasso sotto. Lo sbadiglio, ahimé, era sempre in agguato. E io recensisco apparecchi HiFi, so bene quanto possa essere noioso usare sempre gli stessi brani, ripeterne piccole porzioni all'infinito alla ricerca delle differenze, dei particolari, dei pregi e dei difetti. Immagino quanto debba essere noioso per una persona della strada o, peggio, per un giovane, che magari è curioso di sentire MEGLIO la sua musica preferita.

Davvero, scusatemi, ma non se ne può più. Volutamente non ho portato i miei dischi, un po' per capire se qualcosa nel frattempo si fosse mosso e un po' per evitare imbarazzi nel malaugurato caso che il mio materiale sonoro avesse messo in evidenza i limiti degli impianti. Sono cattivo, ma non fino a questo punto. Devo dire che, però, la cattiveria viene stimolata quando per ore e ore si massacrano i timpani con nenie che mi fanno addormentare in piedi, pur essendo io uno che non dorme mai :-)
Chissà, magari alla prossima mostra provo a portare qualcosa di un po' divertente, moderno e movimentato. La musica è gioia di vivere, non l'accompagnamento verso l'ultima dimora terrena.

La maleducazione. Quella di 10 anni fa, non so dire se aumentata oppure no, ma comunque fastidiosa. Audiofili che parlano a voce alta mentre qualcuno cerca disperatamente di ascoltare ma, quel che è peggio, operatori che fanno public relations senza porsi troppi problemi, quando magari basterebbe uscire fuori dalla saletta con il curioso di turno o anche semplicemente parlare a bassa voce. Un plauso alla saletta Goldmund/Montagna che, almeno, organizzava sedute collettive da 17 minuti ciascuna, a porte chiuse e in perfetto silenzio. Dovrebbe essere uno standard seguito anche dagli altri espositori, magari con sessioni persino di durata inferiore.

Esclusività. L'aria che si respirava era abbastanza esclusiva, difficilmente un'ambientazione così è in grado di attrarre un pubblico diverso. I prezzi degli impianti, di cui ho già scritto, erano troppo alti per poter attirare acquirenti di fascia entry-level. Se vogliamo nuova linfa in questo settore, e la vogliamo per non estinguerci (tra l'altro la riproduzione tra organismi dello stesso sesso non riesce molto bene, visto che il 99% dei visitatori era di sesso maschile, pure stagionatello) dobbiamo provare a osare un po' di più, richiamare le nuove generazioni, con musica adatta e impianti alla loro portata.

Ho parlato con l'organizzatore della mostra a riguardo di questo tema e secondo Mr. Zaini la colpa è delle istituzioni, che non promuovono lo studio della musica a scuola, e dei media, che quando propongono musica, per bene che vada è quella di SanRemo. Sono solo parzialmente d'accordo con questa visione. La percezione che ho io, che i giovani li frequento davvero tutti i giorni, per lavoro, e per avere una figlia adolescente, è che essi ascoltino molta, moltissima musica. Tonnellate di musica e non necessariamente quella commerciale da discoteca, come dicono i soliti anziani saccenti. Ascoltano un po' di tutto, forse non ascoltano classica o jazz ma non l'ascoltavo neppure io alla loro età. Ascoltavo heavy metal e new wave. Ero un accidenti di metallaro dark! Eppure il buon suono mi interessava eccome, così tanto da spendere tutti i miei sudati risparmi per un impianto stereo quando ero ancora adolescente.

E ce lo vogliamo confessare una volta per tutte? Dai sù, tra noi ce lo possiamo dire, senza troppa vergogna! Quanti dei fighetti che ora ascoltano solo jazz al femminile e quartetti d'archi hanno iniziato il percorso con questa musica? Non saranno stati, forse, i Deep Purple o i Led Zeppelin? I Doors o gli Who? I cantautori italiani? Perché per sentire un cantautore italiano in una mostra HiFi occorre aspettare che sia defunto da almeno 10 anni? Sono sempre più convinto che se uno ama davvero la musica la vorrebbe sentire nel migliore dei modi. Il problema è che i giovani non hanno alcuna idea che ci sia qualcosa di meglio delle loro cuffiette Dr Dre collegate all'Ipod e quando lo sanno, hanno la percezione che il tutto abbia un costo assolutamente lontano dalle loro possibilità.

Noi, fighetti audiophil-chic arroccati nelle nostre torri d'avorio (ormai pure un po' ingiallito dal tempo e dall'incuria) non riusciamo a capire che esiste un mondo sconfinato là fuori, popolato da ragazzi che spenderebbero volentieri qualcosa per sentire meglio i loro artisti preferiti, se sapessero che con pochissimo possono rendere il loro PC o smartphone una sorgente HiFi di ottimo livello, da collegare a un piccolo ampli di qualità e a dei diffusori desktop che non siano quelli in plastica del supermercato.

Abbiamo un'occasione straordinaria, che non si era mai presentata prima: i giovani hanno per le mani delle sorgenti HiFi potenzialmente molto buone, possono accedere a file audio di ottima qualità a costi irrisori, facciamogli capire che basta pochissimo per sentire la musica alla grande, e che non servono 100.000€ per godersela appieno. Se continuiamo così, il solco tra la nostra generazione e la loro diventerà un fossato popolato di coccodrilli famelici e pian piano ci cadremo dentro tutti, a causa delle nostre gambe malferme. E poco importa se i coccodrilli sono quelli Lacoste...

Cosa resterà del nostro teatrino fatto di elettroniche extra-lusso cromate e dorate, heavy-weight, dei nostri diffusori grandi come stufe a pellet, dei nostri giradischi che alla fine si ribelleranno, rifiutandosi di suonare per l'ennesima volta Patricia Barber, Carol Kidd e Cassandra Wilson, e inizieranno a girare in senso inverso, per svelare versetti satanici nascosti nelle loro nenie?

Questo settore, poi, non ha bisogno di persone che dicono che va tutto meravigliosamente bene, di amichevoli pacche sulle spalle, anche perché, data l'età, potrebbero essere fatali, ma necessita di strattoni, di cambi di direzione, di scelte coraggiose e forse anche dolorose. Noi la nostra parte la facciamo, controcorrente da venti anni a questa parte, ci piacerebbe non continuare a predicare da soli nel deserto dove, tra l'altro, fa troppo caldo e la musica suona male. Non fateci diventare dei tuareg dell'HiFi.

The bottom line. La mostra Milano Hi-Fidelity 2016, come patinata vetrina del settore, è stata semplicemente fantastica. Non lo è stata né poteva esserlo, come motore che possa innescare un circolo virtuoso di nuovo interesse verso la nostra riserva indiana. Forse sono io che mi aspetto qualcosa di diverso che, magari, interessa solo a me. Probabilmente, alla stragrande maggioranza degli operatori, curare il ricambio generazionale non importa, è sufficiente alimentare la sopravvivenza del claudicante ospizio audiofilo che mantiene in vita la giostra, pagandone il costoso biglietto, fintanto che la cupa mietitrice non assottiglierà le nostre fila.

Quel che rattrista, però, è che questa è sì una giostra, ma è tristemente ferma a metà degli anni '80, esattamente come la ruota panoramica di Pripyat, in quel di Chernobyl, ferma dal 1986.

[La ruota panoramica di Pripyat]

Per un reportage fotografico completo (dal quale sono state gentilmente concesse alcune delle foto di questo articolo) vi rimando al sito dell'organizzazione: www.milano-roma-hi-fidelity-audio-show.it.

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