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Libro: Bob Dylan in London: Troubadour Tales
Autori: Jackie Lees e KG Miles, con prefazione di Andrew Muir
Editore: McNidder & Grace - Regno Unito
Prezzo: per favore, acquistate da librerie indipendenti (il prezzo può variare)
Recensore: Mark Wheeler - TNT Regno Unito
Pubblicato: Ottobre, 2021
Traduttore: Roberto Felletti
Il Troubadour Club è ancora un club folk di Londra, sebbene silenzioso oggi per i lockdown, che ospitò Bob Dylan nel 1963 (e successivamente Jimi Hendrix tra gli altri) e che è stato visitato dagli autori, Jackie Lees e KG Miles, per questo splendido volume. Essi sono talmente dediti alla causa che ora sono i curatori della Dylan Room, commissionata come conseguenza della loro entusiastica visita.
Jackie Lees e KG Miles dimostrano la stessa dedizione e accuratezza nelle pagine di Dylan in London: Troubadour Tales.
Bob Dylan disse a Robert Shelton (suo futuro biografo e autore di uno dei molti altri libri su Dylan pubblicati quest'anno) che ripensando a tutto quello fatto finora era come guardare un'altra persona.
«È quasi come se fosse successo a qualcun altro», disse Bob Dylan a Robert Shelton (il futuro biografo autorizzato di Dylan). La conversazione ebbe luogo durante il tour degli USA nel 1966, meno di un anno dopo la fondamentale visita di Dylan in Gran Bretagna (1965). Dylan ha compiuto 80 anni quest'anno (2021). Come molti ottuagenari, sembra che Dylan stia valutando un viaggio che si estende a prima della sua nascita, alle sue origini musicali, e che questo anniversario sia anche valutato da numerosi autori. Il tour britannico del 1965 fu una pietra miliare chiave di quel viaggio, tra le molte visite alla capitale britannica.
L'anno prima di quella conversazione tra Dylan e Shelton, nel luglio 1965 Bob Dylan suscitò una piccola controversia tra i suoi fan con un'esibizione elettrica al Newport Folk Festival. Quella esibizione “elettrica” fu degna di nota perché fu usata l'elettricità, non perché fosse elettrizzante.
È stato riportato che la chitarra elettrica di Bob e gli strumenti elettrici amplificati della sua band, The Hawks, avevano fatto imbestialire gli elementi più folk della sua base di fan, che avevano una devozione quasi Amish per l'avversione agli elettroni. Tuttavia, Joe Boyd, che aveva lavorato al missaggio del suono per il festival, nelle sue memorie, White Bicycles: Making Music in the 1960s, racconta che la reazione del pubblico fu alquanto differente.
Boyd asserisce che «Per gli standard di oggi il volume non era particolarmente alto, ma nel 1965 probabilmente era la cosa più forte che chiunque tra il pubblico avesse mai sentito. Un brusio di shock e meraviglia corse tra la folla. Quando la [prima] canzone finì, ci fu un boato che conteneva molti suoni. Sicuramente ci furono anche dei fischi, ma non erano la maggioranza. Ci furono grida di gioia e di trionfo, ma anche di derisione e di indignazione. I musicisti non si fermarono ad interpretare, attaccarono subito con la seconda canzone.»
Al Kooper (alle tastiere al Newport) ha dichiarato che i fischi furono causati dalla breve durata dell'esibizione di Dylan, non dal fatto che Bob Dylan fosse passato all'elettrico. Al Kooper ha detto: «Il motivo per cui fischiarono è che lui suonò soltanto per quindici minuti, mentre tutti gli altri suonarono per quarantacinque minuti o un'ora. Gli spettatori si sentirono imbrogliati.»
Bob Dylan stesso disse, all'epoca, sull'uscita di Bringing It All Back Home, nel 1965, e della successiva esibizione di Newport: «Non c'è stato alcun cambiamento. Nessuno strumento cambierà l'amore, la morte, in nessuna anima. La mia musica è la mia musica. La musica folk è stata un tale shock. Non ho mai registrato una canzone folk... Adesso voglio scrivere canzoni.» Dylan continuò spiegando che fino a Bringing It All Back Home lo scrivere canzoni era in funzione delle esibizioni, ma era arrivato a un punto in cui aveva capito che doveva scrivere canzoni per il suo successivo album.
E che album aveva promosso a Londra durante il tour commentato in questo libro accurato. Il lato 1 era elettrico. Nei tour successivi, del 1965 e del 1966, le sue esibizioni elettriche (ora accompagnate dagli Hawks) spesso venivano accolte con derisione dal pubblico. Gli spettatori diventarono particolarmente acrimoniosi durante un tour britannico, compreso un episodio, spesso citato, successo a Manchester, dove uno spettatore aveva gridato a Dylan “Giuda!”
Dont Look Back (Non guardare indietro) è un “rockumentario” del 1967, di D. A. Pennebaker, che parla anche del tour del 1965 in Inghilterra. La scena d'apertura del film mostra Dylan che fa vedere e getta via gobbi con sopra parole e frasi del testo della sua canzone Subterranean Homesick Blues (compresi errori di ortografia e giochi di parole intenzionali). Il vostro Vecchio Scriba ha vissuto molti anni con una locandina di Dont Look Back sul muro e ha visto il film alcune volte, quando arrivava nei nostri cinema d'essai di zona.
Famoso precursore dei video promozionali, per promuovere Subterranean Homesick Blues fu filmato nel vicolo conosciuto come Savoy Steps, sul retro del Savoy Hotel. Gli autori di Bob Dylan in London: Troubadour Tales hanno provato senza successo a far erigere lì una Targa Blu. Dont Look Back e Eat the Document colgono Dylan a Londra, durante la transizione dal folk al rock elettrico e la susseguente, e conseguente, baraonda (dalla prefazione di Andrew Muir: «Gli anni '90: vivevo a Fulham, gestivo la mia fanzine di Dylan»).
Jackie Lees e KG Miles scrivono, come parole d'apertura, nell'introduzione di Bob Dylan in London: Troubadour Tales, «Questo libro vi farà ripercorrere i passi di Bob Dylan dalla prima volta in cui ha messo piede nella capitale, nell'inverno del 1962.» Come veniva detto a tutti noi a “squola” sullo scrivere qualsiasi cosa: dite ai lettori quello che avete intenzione di dire loro; poi ditelo; poi dite loro quello che avete appena detto.
Troubadour Tales (Racconti di un menestrello) all'inizio vede Bob Dylan esibirsi al Troubadour Coffee House nel quartiere di Londra Earls Court. Questa era un'area insalubre all'epoca, e tuttora non ha ottenuto la gentrificazione dei quartieri di New York Chelsea e Greenwich Village. Le descrizioni di queste prime visite, così influenti su Dylan e gli incontri che ha avuto con i luminari di Londra, sono ricche di trama.
In Troubadour Tales: Bob Dylan in London, gli autori, Jackie Lees e Keith KG Miles, riferiscono storie sulle ubicazioni storiche di Londra significative per Dylan. Il libro comprende le visite dal dicembre 1962, data del primo viaggio di Dylan a Londra, fino all'estate 1993. Si tratta di viaggi chiave nel percorso di carriera di un artista che attira controversie, consensi e appellativi come “il cantautore più significativo dalla Seconda Guerra Mondiale.” Spesso i tour all'estero, per molti artisti, compreso Dylan, sembrano coincidere con cambi di direzione o esperimenti artistici. La visita del 1965 ha segnato il passaggio di Dylan dalla sua ammirazione e incarnazione di luminari quali Woody Guthrie alla definizione della sua propria materialità musicale, quando Bob Dylan si è anche assicurato, rafforzandolo, lo status elevato accordato a un autore-esecutore di musica rock.
L'idea secondo cui questo conta a livello di esibizione, che sia i processi creativi sia quelli esecutivi avvengano meglio nel medesimo cranio, deve molto a Dylan. Parimenti, comunque, le canzoni di Dylan sono state eseguite in maniera incredibilmente soddisfacente da migliaia (se non milioni) di artisti diversi tra loro, da musicisti folk a musicisti di strada, ma anche da artisti quali The Byrds e Jimi Hendrix. L'album del 1965 Bringing It All Back Home rappresenta un significativo spartiacque che indica questa direzione per la branca della musica popolare che tende, a volte, a prendersi piuttosto sul serio.
La sfida che qualunque autore affronta quando si trova al cospetto di His Bobness è il vituperio che ricade su qualsiasi autore che offenda qualunque fazione tra i fedeli di Dylan. Probabilmente, soltanto Frank Zappa attira quel genere di fan ossessivo e pedante che fa congetture sulla semiotica dei suoi lavori quanto Dylan. Dylan è l'unico cantautore ad avere ricevuto il Premio Nobel. Tra questi ossessivi di Dylan ci sono, accanto a veri accademici, pseudo-accademici come i tizi che, in realtà, hanno un PhD in Dylanologia (veramente) e c'è un dipartimento di “Bobness” all'università di Tulsa, di cui dirò più avanti.
Jackie Lees e KG Miles (perché una ha il nome completo e l'altra le iniziali?) riescono a schivare l'intera posizione e postulazione teologica e teoretica del sesso degli angeli descrivendo, evocativamente e chiaramente, episodi dei periodi di Dylan a Londra fino al 1993. Gli editori affermano che questo è soltanto il secondo libro su Dylan ad essere mai stato scritto da una donna, risalendo il primo al 1982, presumibilmente Conclusions on the Wall: New Essays on Bob Dylan (1980), di Liz Thompson, ed escludendo pertanto The Dylan Companion (1990), di Liz Thomson, il suo input editoriale in No Direction Home, di Shelton, A Freewheelin' Time (2008), di Suze Rotoloapos, o Tearing the World Apart, 2018, di Nina Goss). Vedete? Dichiarate qualcosa su carta su Dylan e qualcuno sosterrà di saperne di più.
Questo libro guida e accompagna con successo i lettori in un viaggio attraverso i luoghi storici di Dylan a Londra, sulle orme dell'artista stesso. Fortunatamente, è scritto con uno stile accessibile, evitando qualsiasi tentazione di un flusso di coscienza alla James Joyce, al quale His Bobness stesso avrebbe potuto benissimo soccombere. Voi seguite, pagina per pagina, queste orme e fate un pellegrinaggio mentale.
Sarebbe anche possibile usare questo libro come una guida incompleta dei luoghi storici di Londra frequentati da Dylan e visitare le medesime strade, i medesimi pub e club, caffè e luoghi per concerti; il libro contiene anche un'utile mappa per questo scopo!
È questa qualità del pellegrinaggio, in un'epoca di crescente popolarità dei pellegrinaggi secolari, che distingue questo libro. Diversamente dalle infinite elencazioni e dalla pesante pedanteria della scrittura riservata agli artisti di culto, questo libro ha uno stile narrativo vivace.
Bob Dylan ha lavorato sodo per creare quest'aura, tuttavia sostiene il contrario. Dylan si lamenta delle domande degli intervistatori e poi si lamenta di come le sue risposte vengono riportate. Quali che siano le proteste di Dylan su queste intrusioni di curiosità, lui ha lavorato molto duramente per alimentarle con questa tipica dichiarazione nel periodo della visita del 1965, «Le mie unghie dei piedi non sono della misura giusta e non riesco a vedere troppo bene il martedì.»
Durante gli anni '70, Bob Dylan raramente concedeva interviste, per cui ognuna di esse diventava un evento atteso. Il vostro Vecchio Scriba ricorda un'intervista di New Musical Express (NME) o Melody Maker in cui Dylan rispondeva a una domanda su Dio con «Perché a Kris Kristofferson non vengono fatte queste domande?» Il suo album successivo era stato Slow Train Coming seguito da Saved, diario della sua breve fase di rinascita.
Effettivamente, Dylan vacilla tra molte cose - fede/laicismo - intensità/superficialità - politico/apolitico, il che aiuta a spiegare il suo duraturo appeal tanto quanto l'intelligenza di alcune cose che ha scritto. Dylan non è un mutaforma come David Bowie, ma non ha paura di trascinare i fan lungo qualsiasi vicolo cieco che all'epoca sembrasse una buona idea, dato che è il viaggio che conta. Nel 1984, a un giornalista, Dylan disse che probabilmente non sarebbe stato capito prima di compiere 100 anni, ma molti libri, in questo suo ottantesimo anno, sperano di confutare quell'affermazione prima del 2041.
Questa è la prima collaborazione tra Jackie Lees e KG (Keith) Miles. Essi hanno intrapreso insieme questo pellegrinaggio attraverso i luoghi londinesi frequentati dal loro riverito e artistico eroe, e soltanto durante il viaggio si sono resi conto che altri potrebbero gradire di seguire le loro orme. Lees ha una carriera come scrittrice per un ente di beneficenza che si occupa di senza tetto e ora è co-curatrice della Dylan Room al Troubadour Club.
KG Miles ha una formazione su Dylan, una formazione tale da parlare alla conferenza inaugurale al Tulsa Dylan Archive, nel 2019.
“È tutto qui?”, domanda il Coro della Plebe, a sinistra del palco, essendo stato precedentemente preparato su altre notizie della Tusla University
KG Miles condivide entusiasticamente la sua conoscenza enciclopedica col mondo tramite vari media, tra cui i podcast, oltre ad essere co-curatore della Dylan Room al Troubadour Club.
Bob Dylan ha compiuto 80 anni il 24 maggio 2021. Questo annuncerà un diluvio di materiale, per lo più riciclato, che esamina le minuzie della sua vita e dei suoi lavori. Il libro di Jackie Lees e KG Miles, TROUBADOUR TALES: Bob Dylan in London, come il suo oggetto, evita di immergersi nel mainstream. Come Dont Look Back, il film di Pennebaker, questo libro documenta alcuni dei momenti e delle esperienze decisivi di una vita interessante che ha prodotto un lavoro affascinante, con uno sguardo più ampio dalla prima visita del dicembre 1962 a un periodo del 1993, quando lui trascorse del tempo nei borghi di Londra emulando la gentrificazione del Greenwich Village.
“Quindi, quanto questi autori sono dedicati all'opera di Dylan?”, domanda il Coro della Plebe, a sinistra del palco, prima di separarsi dal denaro.
Il Coro della Plebe può ascoltare un'intervista con Jackie Lees e K. G. Miles, gli autori di Bob Dylan in London - Troubadour Tales, trasmessa su Phoenix FM The Sound of Calderdale 06/02/2021.
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