E' praticamente impossibile seguire tranquillamente un telegiornale senza che ci dobbiamo sorbire l'ennesimo, quasi giornaliero, servizio sul riscaldamento globale del pianeta. Predizioni apocalittiche, legami di causa-effetto fantasiosi, interviste a sedicenti esperti climatologi...di tutto pur di alimentare l'isteria collettiva sul problema. Quanto le teorie sul riscaldamento globale abbiano fondamenti (solidi) scientifici è materia di discussione (io nutro una serie di ragionevoli dubbi) che però esula dai nostri obbiettivi. Una cosa è certa: il nostro piccolo mondo dell'audio di qualità sta preparandosi a vivere una nuova...Era Glaciale.
Gli apparecchi HiFi tradizionali hanno la tendenza ad essere grossi, pesanti ed a scaldare come termosifoni. Alimentazioni lineari surdimensionate oltre ogni ragionevolezza (giusto per appagare l'occhio di chi acquista a suon di bigliettoni) e classi di lavoro ad alta polarizzazione o in Classe A richiedono ingombri e consumi di energia semplicemente improponibili in un mondo che si sta dando da fare per ridurre consumi ed emissioni. A peggiorare ulteriormente le cose c'è l'insana abitudine a tenere gli apparecchi sempre in stand-by oppure accesi (il che, per un ampli in Classe A, significa consumare TUTTA la corrente della quale ha bisogno). Sull'argomento avevo già scritto un editoriale un anno fa, nel caso vi fosse sfuggito, citando autorevoli pubblicazioni scientifiche internazionali.
Torno a trattare l'argomento, esattamente a tre anni dalla recensione del T-Amp, perché proprio in questi ultimi tre anni sono successe molte cose che difficilmente possono essere prese alla leggera. Dallo scetticismo iniziale si è passati, pian piano, all'interesse verso le nuove tecnologie switching, sia nel campo delle alimentazioni che delle amplificazioni. Da fenomeno marginale relegato a marchi nuovi e comunque non "di grido" abbiamo assistito ad un vero e proprio proliferare di amplificazioni in Classe D. Da Audio Research a Bel Canto, da Jeff Rowland a Rotel, passando per Yamaha, Onkyo e persino l'italiana Monrio (il nuovo integrato MJ, presto in prova, utilizza moduli IcePower!).
Tuttavia, i più scettici restavano a guardare, sogghignando (ma che ci sarà poi da sogghignare?) e consolandosi l'un l'altro perché "tanto non dura". Ebbene, è notizia di questi giorni che il nuovo amplificatore top di gamma della Mark Levinson, il No. 53, utilizzerà stadi di amplificazione in classe D, accoppiati con un'alimentazione non-switching (tradizionale). Ovviamente, alla Mark Levinson dichiarano che si tratta di tecnologia in Classe D del tutto innovativa ed immensamente superiore rispetto a ciò che offre oggi il mercato...e così dovrebbe essere, visto che il costo è previsto in 20.000$. Per costare 20.000$, il prezzo di un'automobile di media cilindrata, DEVE utilizzare qualcosa di immensamente superiore alla concorrenza.
Comunque sia, la notizia è di quelle che lasciano il segno. Vedrete che al grido dell'ennesimo "Contrordine compagni!" anche quelli che avevano sogghignato, deriso e fatto spallucce saranno costretti a rivedere le proprie posizioni. Ancora una volta. Se un mostro sacro come Mark Levinson, che non è mai sceso a compromessi (l'Azienda, non lui) men che meno per gli apparecchi top di gamma, utilizzando sempre quanto di meglio fosse disponibile al momento sul mercato, è giunto a progettare il suo nuovo "biglietto da visita" con la tecnologia in Classe D...significa che non solo tale tecnologia è matura ma che all'ascolto ha fornito risultati irraggiungibili con le tecnologie tradizionali. Il No. 53 è la massima espressione dell'amplificazione Mark Levinson...se fosse stato possibile raggiungere gli stessi risultati con tecnologia tradizionale...l'avrebbero fatto. D'altra parte, un recensore americano ammise a denti stretti che i piccoli NuForce REF9SE suonavano altrettanto bene, ed in alcune aree persino meglio, dei suoi amati monoblock Mark Levinson N. 33H, top di gamma fino a pochi anni fa. Qualora foste interessati a maggiori informazioni su questo attraversamento del Rubicone da parte di Mark Levinson potete visionare una video-intervista effettuata all'ultimo CES 2008, disponibile su Cinenow.com.
Depurata da tutta la "commercial blurb" che fa da contorno al lancio di una nuova amplificazione top non vi sarà difficile capire che il passaggio è di quelli "storici" e, temo, irreversibili.
I prezzi saranno alti, certo, contrariamente a quel che ci aveva abituato la Classe D: alte prestazioni, consumi ridotti, piccoli ingombri, bassi costi. Per fortuna però c'è qualcuno che crede ancora di sfruttare i vantaggi di questa tecnologia per portare alte prestazioni in casa di tutti. La NuForce, ad esempio, dopo l'impegno per riprogettare i suoi top di gamma REF9 SE V2, si è ora dedicata ad un piccolo ampli da 10 watt per canale, l'Icon-1, presentato anch'esso all'ultimo CES 2008. A 199$ è difficile non pronosticare un successo assicurato, anche perché alla NuForce si sbilanciano in affermazioni del tipo "E' l'SE per tutti". Verrà venduto anche "in bundle" con un diffusore monovia, l'S-1, e l'insieme costerà 399$, cavi compresi. Inutile dire che ci siamo già prenotati per tempo per avere i test-sample.
E se 199$ dovessero ancora sembrarvi troppi, ho appena ricevuto l'ennesima incarnazione dell'ampli basato sul chip Tripath TA2024, stavolta messo dentro un cabinet carino, dotato di alimentazione, ingresso RCA o minijack ed uscite per diffusori del tipo a vite. Il prezzo? 49$ l'ampli + 24$ l'alimentatore. Provate a trasformare il tutto in euro...
Su questo, comunque, consentitemi un certo riserbo (è un'Azienda nuova), quando sarò pronto per la prova vi farò sapere.
A parte gli effetti positivi per il riscaldamento del pianeta, questo è l'aspetto che ci piace di più della Classe D e della tecnologia switching in generale: prestazioni elevate fino ad oggi impensabili a questi prezzi. Con buona pace delle Cassandre. Tre anni fa, quando per primi recensimmo in termini entusiastici il T-Amp, primo esempio di amplificazione in Classe D con un rapporto qualità/prezzo stratosferico, sedicenti "esperti" o semplici audiofili guardarono al dito mentre noi indicavamo la Luna.
Se tanto ci eravamo esposti in quell'occasione, giocandoci tutta la nostra reputazione decennale, evidentemente è perché avevamo intuito l'enorme potenziale di questa tecnologia. Oggi, a tre anni di distanza, anche i grandi nomi ci confermano che avevamo visto giusto.
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