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Autore: David Hoehl - TNT USA
Pubblicato: Ottobre 2017
Traduttore: Roberto Felletti
Un giorno del 1965, una bruna donna ceca, indubbiamente profumata di tabacco, si sedette negli studi della casa discografica francese Erato, allungò le mani sui tasti di un clavicembalo - persino in quell'epoca sembrava più un'esotica ospite d'altri tempi che una normale esponente della moderna vita musicale - e suonò alcune note, mentre in sala regia il nastro scorreva. Dieci anni e decine di migliaia di note dopo, quella donna sollevò le mani dai tasti per l'ultima volta e fece la storia, essendo stata la prima in assoluto a registrare l'opera omnia di J.S. Bach per clavicembalo. Il suo nome era Zuzana Růžičková; negli anni che seguirono la Seconda Guerra Mondiale, ella si ritagliò un suo spazio come presenza fissa sulla scena musicale ceca, nonché come apprezzata ospite all'estero. La Erato pubblicò i risultanti LP in un cofanetto con 21 dischi. Lo scorso gennaio, la Warner Classics, avendo acquisito la Erato, ha ripubblicato per la prima volta l'opera su CD, in un cofanetto con 20 dischi, in occasione del novantesimo compleanno della Růžičková. Il tributo è stato elargito appena in tempo: l'artista è deceduta mercoledì 27 settembre, a causa della polmonite. La sua scomparsa, che segue quelle di Nikolaus Harnoncourt e Sir Neville Marriner, nonché quella del suo allievo Christopher Hogwood, è l'ultima di una serie di perdite che hanno colpito il mondo precedente alla musica classica, con la C maiuscola, nel corso degli ultimi due anni.
La Růžičková si era costruita una buona reputazione in Europa, ma il suo nome non è mai stato tanto famoso quanto quelli di Harnoncourt, Marriner e Hogwood, o di Wanda Landowska, sulle cui orme cercò di riportare in auge il clavicembalo come strumento musicale vivo, anziché considerarlo un pezzo da museo. Da adolescente, la Růžičková aveva sperato di studiare con la Landowska, ma era sopraggiunta la guerra. Tuttavia, l'influenza della Landowska plasmò l'estetica musicale della Růžičková, che rispecchiava gli ideali ottocenteschi, almeno quanto il sapere del XX secolo ha fatto con le sperimentazioni storiche. Laddove uno studioso-musicista moderno sceglierebbe automaticamente uno strumento antico, oppure una copia fedele, la Růžičková proviene da un'epoca in cui i clavicembali ricomparivano nelle sale da concerto dopo un paio di secoli di oblio, e quindi le sue radici affondavano negli strumenti storicamente non autentici realizzati dai costruttori moderni della sua gioventù. Ella apprezzò tali strumenti moderni, con una moltitudine di stop, da lei usati abbondantemente per dare colore, sebbene parte delle sue esecuzioni di Bach sia stata suonata con strumenti originali del 1754 e del 1761. Non si faceva nemmeno problemi a modificare gli spartiti, come quando scambiò un paio di preludi dai libri del Clavicembalo Ben Temperato di Bach, perché riteneva che, così facendo, avrebbero rispecchiato meglio le corrispondenti fughe.
La Růžičková ha avuto una vita movimentata, sebbene gran parte non in positivo. Figlia di proprietari di un grande magazzino di successo a Plsen, era una promettente studentessa di pianoforte dodicenne, che di recente aveva iniziato a padroneggiare il clavicembalo, quando i tedeschi invasero la Cecoslovacchia; avendo un cosmopolita retaggio ebraico, da quel momento, e fino alla fine della guerra, visse nel pericolo e nelle difficoltà. I nazisti mandarono lei e la sua famiglia prima a Theresienstadt, dove suo padre morì, e poi ad Auschwitz. Dopo un periodo trascorso ad Amburgo, dove lavorò in condizioni di schiavitù, alla fine della guerra si trovò nel famigerato campo di concentramento di Bergen-Belsen, in Germania. Nel corso di questo terribile dramma, ella conservò un frammento di uno spartito di Bach, che lei stessa aveva ricopiato su un foglio, come consolazione e come monito per non perdere la speranza; in seguito, avrebbe dichiarato: «Lo dice Bach: non disperate, c'è un senso nella vita e nel mondo». Una volta tornata a casa, incontrò, pressoché istantaneamente, l'ex insegnante di pianoforte, che scoppiò in lacrime dopo aver visto in che condizioni erano le mani della Růžičková, dopo anni di abusi. Poi seguì un periodo di recupero, accompagnato da un intenso lavoro sui tasti per riacquistare la tecnica e prepararsi per l'ammissione all'Accademia musicale di Praga. La Růžičková vi completò gli studi, ma poiché sia lei sia il marito, il compositore Viktor Kalabis, si rifiutarono di aderire al Partito Comunista dopo la presa del potere in Cecoslovacchia, le autorità li perseguitarono, negandole il dottorato per il quale si era qualificata. La sua vita fu meno dura dopo la vittoria, nel 1952 in Germania, nel concorso musicale della ARD (la tv pubblica tedesca - NdT), ed ella cominciò a essere una figura importante nel panorama musicale ceco, sebbene le autorità comuniste continuassero a confiscarle gran parte della valuta forte che guadagnava esibendosi all'estero. Solo dopo la “Rivoluzione di Velluto”, che sia lei sia il marito avevano sostenuto attivamente, riuscì finalmente a ottenere il titolo di professoressa che i comunisti le avevano negato, nonostante il suo ruolo di insegnante anziana all'Accademia.
Tra le onorificenze che la Růžičková ha ricevuto, parecchie provengono dalla sua terra natia, ed è stata anche insignita del titolo francese di Cavaliere dell'Ordine delle Arti e delle Lettere. Le sue registrazioni hanno ottenuto il Grand Prix Charles Cros per le sue esecuzioni di J.A. Benda e di J.S. Bach, nonché il Diapason d'Oro per quelle di Henry Purcell. Sebbene Bach fosse sempre al centro del suo repertorio, ella spaziò dal Barocco al moderno, coprendo un'ampia varietà di generi classici, e ispirato dal suo modo di suonare, il marito compose alcune opere moderne per clavicembalo, tra cui un concerto, sei invenzioni canoniche in due parti e acquerelli. Le vennero dedicate, oppure fu l'esecutrice incaricata, delle prime di alcuni lavori di altri compositori moderni, tra cui Jan Rychlík, Emil Hlobil, Hans-Georg Görner ed Elizabeth Maconchy.
Il mio primo incontro con i lavori della Růžičková risale al periodo dell'università (1980 circa), quando acquistai un cofanetto con due dischi, nei quali ella suonava una raccolta di sonate di Scarlatti, e un LP singolo in cui suonava Couperin; entrambe le opere erano su etichetta Supraphon. Per quanto mi ricordi, pagai un bel penny per il cofanetto di Scarlatti, l'unico che riuscii a trovare che contenesse una particolare sonata che cercavo, la K. 113 (L. 345), per clavicembalo; erano i brutti tempi in cui i dischi di Scarlatti con il clavicembalo erano piuttosto difficili da reperire. Al contrario, sono abbastanza sicuro che il Couperin fosse nel cesto delle “occasioni”. Negli anni seguenti ascoltai con molto piacere tutti e tre i dischi, nonostante quelli di Scarlatti non fossero necessariamente il meglio dal punto di vista dello stato dell'arte della tecnica di registrazione, almeno ascoltandoli sull'impianto economico da studente che avevo all'epoca. Avevano colore e vita che non erano sempre evidenti in esecuzioni più “storicamente corrette”. Non ho mai avuto il piacere di conoscere di persona la Růžičková, né ho mai assistito a un suo concerto; i dischi che ho citato sono stati l'unico modo che mi ha permesso di conoscere la sua arte. Tuttavia, è quella capacità di saper infondere la vita alla musica che mi ha spinto a cominciare questo tributo con i suoi traguardi artistici e non, come molti necrologi che ho letto, con le traversie patite durante la Seconda Guerra Mondiale. Sebbene, a quanto si dice, fosse sempre molto aperta nel parlare delle sue esperienze, non posso fare a meno di pensare che lei avrebbe preferito essere ricordata non come una sopravvissuta all'Olocausto che suonava il clavicembalo, bensì come una clavicembalista che aveva perseverato e aveva trionfato sulle avversità, per portare luce e bellezza in un mondo sempre a rischio di quel genere di forze che avevano reso possibile l'Olocausto. La sua era una voce unica, e nel corso di una vita di lotte frequenti ella, incessantemente, l'aveva alzata per arricchire tutti noi.
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