Etichetta: Mapleshade Records
Reporter: Arvind Kohli - TNT USA
Pubblicato: Febbraio, 2007
Nel secondo dei miei articoli dedicati alle "etichette discografiche high-end", vi parlerò della Mapleshade Records. Come nel caso della Water Lily Acoustics, la Mapleshade Records è il frutto della passione di un uomo per la bella musica incisa col più alto grado di fedeltà possibile. In questo caso, l'uomo è Pierre Sprey, e questo articolo è il risultato di un'intervista che gli ho fatto.
Arvind Kohli >
Puoi raccontarci in breve la storia della Mapleshade?
Pierre Sprey >
Dalla metà degli anni '70
alla metà degli '80 sono stato consulente per la difesa ed altre cose relative all'ambiente, ma mi interessavano, per passione, anche le incisioni. Avevo molti cari amici jazzisti, tra cui Shirley Horn. Mi piaceva frequentarli e a volte registrarli "live" nei club del centro DC. Presto ho cominciato a ricevere dai miei amici richieste precise di incidere i loro lavori; queste le ragioni che mi hanno spinto ad affinare la mia attrezzatura e la tecnica di registrazione.
La svolta avvenne probabilmente un giorno nel 1986. Shirley Horn volle provare il mio Steinway del 1911 (da poco restaurato); lei si innamorò di questo pianoforte, iniziò a provare, allora alzò gli occhi e disse che avrebbe voluto incidere il suo prossimo album su quel pianoforte, e che mi avrebbe voluto come tecnico del suono. Passammo un paio di weekend utilizzando la mia stanza da pranzo come studio di registrazione; e mi divertii tanto che decisi di aprire la Mapleshade come studio d'incisione per i finesettimana. In ogni modo, l'album che venne fuori fu "Softly" pubblicato su etichetta "Audiophile". Lo studio via via mi impegnò a tempo pieno, non lasciando spazio al mio lavoro di consulente.
Arvind Kohli >
Quindi all'inizio non stampavi né vendevi la musica che registravi?
Pierre Sprey >
All'inizio no. Quello che volevo realmente era incidere musica, non impacchettare e vendere CD; quindi avevo pensato di seguire questa strada. Assieme ai musicisti avrei collaborato alle incisioni, e successivamente avrei venduto i master a qualche etichetta che si sarebbe occupata del processo di commercializzazione. Con il tempo ho capito che non mi piaceva trattare con la gente in musica, e quindi ho deciso di fondare le mie etichette discografiche.
La Mapleshade divenne una casa discografica nel 1990 ed era specializzata in jazz, gospel e blues. Nel 1994 abbiamo aperto la Wildchild! specializzata nei generi: "traditional acoustic" e "roots", incluso il R&B, "Appalachian", "Irish", "African" ed altri generi etnici. In fine abbiamo aperto la Mapleshade Classical nel 1997.
Arvind Kohli >
Ci dici qualcosa sugli apparati e sulle tecniche che utilizzi?
Pierre Sprey >
Le mie prime esperienze le ho fatte costruendomi l'attrezzatura usando dei kit, proprio come un bambino. Da hobbista ho cominciato a sperimentare strumenti e tecniche d'incisione con un approccio purista "high end" (ad orecchio) all'inizio degli anni '80 e l'apprendistato non si è mai concluso. Rimango ancora sbalordito da quanto suoni meglio la musica dal vivo, e finché sarà così continuerò a sperimentare ed far evolvere ciò che faccio.
Grazie alla mia formazione matematica, ben presto ho confermato empiricamente e teoricamente che le teorie sulle sinusoidi utilizzate da quasi tutti gli ingegneri elettronici e acustici sono assolutamente inapplicabili alle forme d'onda della musica. E' ormai provato che le misurazioni delle sinusoidi: la risposta in frequenza, la distorsione armonica, la distorsione da intermodulazione, il "group delay" ecc. non sono di nessun aiuto al fine di distinguere il buon suono da quello scadente. Considerato ciò, tutti i miei progetti ed i miei esperimenti sono stati fatti ad orecchio. Per il buon suono, le misurazioni sono soltanto una perdita di tempo.
Arvind Kohli >
Se utilizzi il tuo orecchio come unico giudice, come fai a ritenere oggettivi i risultati delle prove e non influenzati da pregiudizi/preferenze tuoi personali?
Pierre Sprey >
Tutti i nostri cambiamenti di progetto sono ripetutamente testati con almeno un'altra persona, solitamente il mio partner Ron Bauman di inSound, il quale ha gusti estetici e sonici molto diversi dai miei. Tutti i partecipanti alle sedute d'ascolto devono concordare all'unanimità prima che qualunque cambiamento, sia nell'apparecchiatura che nelle tecniche, venga attuato.
Inoltre credo sia molto importante che le persone sulle quali faccio affidamento per questi test mantengano le loro orecchie "calibrate" tramite ascolti frequenti di musica dal vivo "unplugged" in ambienti piuttosto piccoli. Questo è il suono standard alla Mapleshade, non il suono "assolutamente" falso perseguito da altri.
Arvind Kohli >
Cos'è il suono "assolutamente" falso? Possiamo sapere qual'è il tuo punto di vista?
Pierre Sprey >
Lo standard commerciale assume come riferimento acustico ideale per la riproduzione il suono udibile alla fila M di una concert hall. Io non sono d'accordo. Io sento che, nella maggior parte delle concert hall, in fila M il suono è tutt'altro che buono. Per esempio, lì non si sentirà quasi nulla della stupenda energia degli alti dei violini. I violini sono estremamente direzionali, e i loro acuti più estremi si perdono nei soffitti troppo alti della maggior parte delle concert hall. Se non avete mai ascoltato il suono di un violino da pochi passi di fronte al palco, o in una piccola stanza dove si suona dal vivo, non sapete come un violino dovrebbe suonare. Per sentire realmente la potenza travolgente ed il timbro meraviglioso di una grande orchestra simfonica, nessuna posizione è migliore di quella occupata dal direttore, o poco più in alto. Altro che fila M... [Sono d'accordo, non possiamo sederci tutti là durante una performance. Ma almeno Pierre può piazzarci i suoi microfoni - AK].
La migliore "configurazione" possibile varierà molto e dipendentemente dall'ambiente e dagli strumenti che dobbiamo incidere. In generale il microfono deve essere posto sufficientemente vicino e giustamente orientato rispetto agli strumenti affinché esso possa riprendere tutta la bellezza del timbro ed il dettaglio, ma deve anche stare abbastanza distante da poter catturare le risonanze e le interazioni con l'ambiente. Per esempio, con microfoni omnidirezionali (non uso altro per registrare) riprendere una chitarra acustica ad una sessantina di centimetri è approssimativamente corretto in una piccola stanza, ma in una buona concert hall sarà necessaria una distanza doppia.
Arvind Kohli >
Puoi darci un'idea dei prodotti che la Mapleshade offre oggi?
Pierre Sprey >
Nel nostro catalogo abbiamo oltre cento titoli disponibili direttamente presso di noi, o presso negozi di dischi come Borders o Barnes & Noble. Inoltre vendiamo "on line" un bel po' di oggetti radicalmente puristi che abbiamo sviluppato in studio per raggiungere nuovi standard qualitativi con i nostri CD: cavi, sistemi anti-vibrazioni come mensole, supporti per diffusori ed elettroniche, oltre ad alcuni trattamenti innovativi per i compact disk. Questi accessori contribuiscono in buona parte ai nostri introiti, in definitiva aiutano a sovvenzionare il commercio della musica e ci permettono di incidere quel che gli artisti suonano realmente senza i soliti compromessi commerciali.
Arvind Kohli >
Ci dici qualcosa su i luoghi usati per le incisioni della Mapleshade?
Pierre Sprey >
Circa un quarto delle registrazioni sono effettuate in club o in piccole sale da concerto. Il restante 75% circa invece le facciamo nel nostro studio, che è sempre stato a casa mia. Dalla fondazione della "prima" Mapleshade, ho trasferito lo studio due volte e sempre in un'altra storica abitazione scelta per le sue caratteristiche acustiche. Da un anno e mezzo sono in quello attuale che ha portato un miglioramento acustico soddisfacente rispetto ai precedenti, specialmente per le registrazioni di piccoli ensemble jazz, musica acustica tradizionale e musica da camera.
Comunque, la Sanders Hall di Cambridge, la vecchia sala della musica sinfonica di Boston, è probabilmente il miglior posto dal punto di vista dell'acustica dove io abbia mai inciso. L'acustica era così incredibilmente limpida che ho potuto riprendere una grande opera ("Ethan Frome" è probabilmente il mio miglior CD di sempre) - sei cantanti ed un'orchestra completa con solo due microfoni. Non incido mai in studi commerciali. Generalmente questi hanno un'acustica veramente scadente, troppo "afona", per il mio modo di incidere.
Arvind Kohli >
Come definiresti un luogo con una buona acustica? A cosa guardavi quando acquistavi quelle case?
Pierre Sprey >
Non so descrivere un luogo acusticamente valido in termini geometrici. Ho sentito concert hall dalla forma molto promettente suonare terribilmente mentre stanze dalla forma strana hanno suonato in modo eccellente. Non ho ancora trovato un modello computerizzato o un metodo matematico che possa predire se una sala suonerà bene oppure no. Per quello che ho visto, le conoscienze attuali sull'argomento sono ancora primitive e le simulazioni computerizzate sono in uno stadio infantile ed ignorante. Detto ciò, l'unico modo per valutare l'acustica di un luogo è l'ascolto: quello che ci vuole è un ascolto di 30 secondi di una voce o uno strumento reale in quel luogo. Ecco come ho scelto questo ed anche il precedente studio/abitazione.
Un ingrediente fondamentale per il buon suono nei miei ultimi due studi è un pavimento di assi veramente rigido sospeso su vecchie e pesanti travi. Ritengo che i pavimenti sospesi in legno suonino ottimamente, decisamente meglio di quelli in cemento o legno su cemento. In particolare, i pavimenti sospesi su travi sono fondamentali per un buon basso. Il cemento uccide il basso degli strumenti musicali così come accade con i diffusori e le elettroniche. Chiedete ad ogni buon bassista; loro odiano i pavimenti in cemento. [E' una contraddizione interessante rispetto alle opinioni di molti audiofili sui pavimenti sospesi - AK]. Ricordi il tanto propagandato rinnovamento acustico del Carnegie Hall, rinnovamento progettato dai più specializzati dei consulenti con i loro modelli computerizzati? Durante la ristrutturazione hanno riempito l'intero spazio sottostante l'antico e meraviglioso palco con del cemento; ed hanno massacrato così il leggendario calore del basso del vecchio Carnegie. Quasi dieci anni più avanti, dopo aver negato per lungo tempo che qualcosa era andato storto, alla fine hanno ripristinato quel vecchio e glorioso basso spendendo qualche milione di dollari per asportare tutto il cemento. Un altro indizio interessante: le prime famose registrazioni della Blue Note erano fatte nel salotto della casa dei genitori di Rudy Van Gelder, che aveva il pavimento in legno sospeso.
Arvind Kohli >
Preferisci le registrazioni "live" o in studio?
Pierre Sprey >
Senza dubbio le performance "live" hanno un suono migliore. Io definisco "live" la condivisione di un luogo da parte di tutti i musicisti, i quali possono sentirsi e guardarsi a vicenda, e dove ci sia un minimo di pubblico, non importa quanto grande o formale.
Di contro, l'attuale standard commerciale prevede l'isolamento acustico di ogni musicista e l'incisione su traccie separate. Inoltre ogni musicista solitamente è separato fisicamente dagli altri e deve ascoltare il suono della band in cuffia.
Le ragioni principali che rendono le performance "live" tanto migliori sono tre:
In primo luogo, gli artisti vedono, sentono ed interagiscono tra di loro, e con un certo pubblico che partecipa entusiasta. Tutto questo è importantissimo per provocare emozioni vere ed improvvisazioni realmente spontanee. [Anch'io penso che sia questo il più alto livello di performance - AK]. E' pressoché impossibile per un musicista ricreare qualcosa del genere quando siede da solo in cabina, ascoltando i suoi compagni in cuffia - o ancora peggio, ascoltando una traccia preregistrata che deve sovraincidere.
Secondariamente, una sessione in studio è acusticamente orrenda perché c'è bisogno di zittire ogni risonanza ambientale e di utilizzare barriere acustiche per evitare possibili sovrapposizioni delle tracce. Ma ancora peggio, di solito i microfoni vengono "appiccicati" agli strumenti. In molti casi la batteria, il pianoforte o il basso vengono multi-microfonati. Pensa un po', microfoni penzolanti a pochi centimetri da ogni tom o cimbalo della batteria. Probabilmente potete immaginare che razza di confusione causano la diafonia e le cancellazioni tra tutti quei microfoni. Ed ancora peggio, non sentirete tutto il corpo acustico degli strumenti. Per sentirlo bisogna stare a diversi metri di distanza, in tal modo non si sentiranno solo le fondamentali, la pelle ad esempio, ma tutto l'insieme delle risonanze degli strumenti e quelle dell'ambiente. Ecco perché è molto importante disporre di una sala ben suonante, una di quelle dove gli echi non colorano la bellezza propria degli strumenti.
In terzo luogo, le sessioni incise in multitraccia sono terribili per colpa dell'elettronica necessaria. Bisogna utilizzare microfoni direzionali che alterano il timbro strumentale, enormi consolle di mixaggio con centinaia di circuiti "anti-trasparenza" come operazionali e stadi amplificatori; centinaia di cavi microfonici che sporcano il segnale; l'alimentazione dello studio "avvelenata" da dozzine di dispositivi digitali e computer che iniettano in essa sporcizia a radio-frequenza; un processo di mixaggio che obbliga a copiare una seconda volta il master attraverso la stessa consolle la quale ha corrotto il master originale; e dopo bisogna sottoporre il segnale ad una pesante riequalizzazione per ripulirlo dalle nefandezze elettroniche leggi: distorsioni e rumore che erano stati introdotti durante quel processo; in fine, bisogna "uccidere" certi altri timbri con dosi massiccie di falsi riverberi per ricreare l'acustica in quello studio afono che serviva per i "doppiaggi". [questo processo sembra un pasto da fastfood piuttosto che uno da buongustaio - AK].
Arvind Kohli >
Puoi dirci qualcosa sul tipico setup per le incisioni della Mapleshade?
Pierre Sprey >
Per la maggior parte delle nostre incisioni, che sono riprese di piccoli gruppi nei nostri studi, utilizzo un set di microfoni PZM alimentati a batterie montati su cunei da 2’ x 2’. Questi microfoni sono semi-omni direzionali (i.e. con le capsule semi sferiche), e "pickup pattern" a cardioide. I cunei forniscono un baffle tra i due microfoni, molto simile ad una testa umana.
I musicisti sono disposti a semicerchio con i microfoni intorno, e ci sforziamo di far sì che ogni strumento si trovi alla giusta distanza ed altezza relativamente ai microfoni. La disposizione di ciascuno varia a seconda delle caratteristiche soniche e direzionali di ogni strumento. Troppo spesso non si considera la direzionalità degli strumenti sia nella sistemazione dell'apparecchiatura di ripresa che nelle esecuzioni. Inoltre curo meticolosamente le piattaforme sulle quali poggiano gli strumenti da pavimento (ad esempio: il contrabbasso, il pianoforte, la batteria, l'amplificatore per chitarra). Per il controllo delle vibrazioni e delle risonanze degli strumenti, noi utilizziamo esattamente le stesse tecniche costruttive che stanno alla base dei nostri accessori per elettroniche e diffusori. Tutta questa messa a punto, naturalmente, è valutata ad orecchio.
Il mio obiettivo, alla fine, è quello di riprodurre in modo "trasparente" il "sound" di un gruppo che suona dal vivo per un ascoltatore che siede nel miglior punto d'ascolto possibile. Chiaramente questo implica che io riprenda usando percorsi del segnale cortissimi e semplicissimi e senza alcuna manipolazione del segnale stesso in nessuna fase del processo. Questo è molto diverso dalla filosofia della maggior parte dei moderni tecnici del suono; loro si descrivono come grandi pittori (sarebbe meglio dire truccatori) che migliorano le forme e i colori dei loro soggetti.
Alla Mapleshade ogni cosa è sottoposta a sfide e cambiamenti, ma una delle poche regole ferree presso di noi riguarda la concessione di un tempo illimitato per le incisioni. I musicisti cominciano e staccano quando vogliono e possono rifare i pezzi fino a quando non sono completamente soddisfatti. Per esempio, l'album "Ras Mek Peace" dei Midnite è stato completato in quattro mesi circa. Quell'album è diventato una pietra miliare nella storia del reggae: fu il primo ad essere registrato senza equalizzazione, mixaggio o sovraincisione. I Midnite hanno capito subito ed apprezzato il fatto che noi stavamo provando a incidere senza trucchi. Quando hanno sentito che il CD riproduceva il suono dei loro strumenti esattamente come suonavano nello studio, loro si sono fatti più esigenti di me. [Andiamo Pierre, è davvero possibile? - AK]. Quindi sono trascorsi quattro mesi tra cambiamenti e "tweaking" del loro basso elettrico, degli amplificatori per chitarra e tastiera al fine di ottenere il suono che loro volevano avere sul CD. Ma ne è valsa la pena perché il loro "groove" è pazzesco e quel basso elettrico è il migliore che io abbia mai inciso.
Arvind Kohli >
Come controllerebbe la maggior parte degli studi commerciali i livelli acustici degli strumenti?
Pierre Sprey >
Generalmente gli strumenti vengono ripresi da molto vicino, oppure, per un suono più innaturale, i pickup degli strumenti vengono spesso connessi direttamente alle consolle di mixaggio. In ambedue i casi, i picchi dinamici possono superare il limite massimo consentito dal dispositivo digitale oppure il limite di saturazione del nastro. Utilizzare compressori che schiacciano automaticamente questi picchi semplifica la vita degli ingegneri del suono, che altrimenti dovrebbero stare dietro ad ogni picco smanettando con i controlli dei livelli manuali. Io sono convinto che il miglior compressore è quello che non c'è poiché essi distruggono le eccitazioni dinamiche e la trasparenza.
A volte mi capita di perdere una ripresa a causa di uno strumento che ha un transiente più alto di quanto io avessi previsto e satura il nastro. Ma questo è il prezzo da pagare se vogliamo preservare il segnale dall'azione dei compressori.
Arvind Kohli >
Hai parlato qualche volta dei supporti e del fatto che ne producete per la vendita. Potresti dirci di più su di essi e sulle tue esperienze?
Pierre Sprey >
I miei esperimenti in studio hanno provato che le vibrazioni prodotte dalle fluttuazioni del segnale in un componente per la riproduzione o per la registrazione provocano gli effetti peggiori sul suono finale. E' dimostrabile che le vibrazioni trasmesse dall'aria e quelle generate dal pavimento sono, contrariamente alle opinioni dei guru dell'audio, incoerenti (ad eccezione delle frequenze subsoniche che affliggono i giradischi su supporti traballanti).
Isolare queste vibrazioni è concettualmente l'errore più grave che si possa commettere. Far scaricare questa energia interna tramite piedini rigidi accuratamente progettati in ripiani del materiale giusto ha effetti migliorativi equivalenti all'upgrade dei cavi o della sorgente. I piedini in gomma, di serie sulla maggior parte delle elettroniche, sono i peggiori supporti in assoluto. Questi intrappolano l'energia vibrazionale nei componenti e non ne permettono la dissipazione. L'ottone è il migliore tra i metalli nella conduzione di questa energia, anche se fattori come forma e massa hanno anch'essi un'importanza cruciale. Per la realizzazione della piattaforma che riceve le vibrazioni, il legno è da preferire su ogni altro materiale sia esso sabbia, piombo, granito, marmo, vetro o qualunque altro materiale composito. I diversi tipi di legno hanno un suono che varia enormemente, come è noto a tutti i costruttori di strumenti musicali. I miei esperimenti dimostrano che, per ricevere le vibrazioni, l'acero stagionato all'aria è superiore ad ogni altra specie di legno comunemente disponibile (proprio quello che i liutai sanno da più di 400 anni).
Ancora una volta, nulla di tutto ciò è basato su discorsi teorici ma esclusivamente sulle nostre prove d'ascolto.
Arvind Kohli >
Parlaci di alcuni altri componenti che usi nel processo di registrazione.
Pierre Sprey >
Ogni singolo componente ed ogni tecnica sono stati pesantemente tweakati e modificati nel corso degli anni. Un esempio è rappresentato dal nostro registratore a nastro Sony. Abbiamo rimosso tutti i coperchi per ridurre le vibrazioni, abbiamo smontato i piedini e l'unità è stata installata su una piattaforma in legno. La macchina consentiva di switchare tra 15 ips e 7.5 ips; ma siccome noi usiamo solo il 15 ips, ho bypassato quel circuito ottenendo miglioramenti inimmaginabili. Perché? Perché quel circuito tentava di equalizzare i livelli tra i diversi settaggi per mezzo di transistor. Pertanto, escludiamo i circuiti inutili, i connettori, gli switch (pulsanti d'alimentazione compresi, i led e le lampade al neon, togliamo i coperchi metallici, e ovviamente miglioriamo i cavi e i componenti passivi su quasi tutti gli apparecchi che utilizziamo.
Il preampli per i microfoni che io utilizzo è alimentato a batterie ed ha sei canali in ingresso, e nessun tipo di controllo eccetto quelli del volume per ogni ingresso. Questo è l'unico strumento di mixaggio che mi concedo. Inoltre mi sforzo affinché tutta la catena di incisione sia mantenuta corta dal microfono al nastro. Probabilmente essa è la più corta in assoluto in qualunque altro studio. Confrontatela con quelle di quasi tutti gli studi commerciali dove gli artisti sono isolati acusticamente e fisicamente dalla band, con gli strumenti multi-microfonati e tutti connessi ad una grande consolle, la quale alimenta una moltitudine di componenti (o i loro omologhi digitali) che processano il segnale, tutto ciò prima che esso sia elaborato da un registratore. Come un processo simile (con tanti stadi che degradano il segnale) possa concludersi con un'incisione che si avvicini artisticamente e sonicamente all'evento originale, per me, resta un mistero.
Avendo parlato della catena di registrazione, direi che anche la conversione analogico-digitale ed il processo finale di masterizzazione sono ugualmente importanti. Tanta cura nell'incisione sarebbe vana se non curassi altrettanto la conversione in digitale per conservare intatta la qualità sonora, caricando i file audio nella memoria del computer, montando le tracce e creando i master da inviare al nostro impianto per la stampa.
Arvind Kohli >
Cosa pensi dei formati come CD, vinile, SACD e DVD-Audio.
Pierre Sprey >
Ascoltando il più apprezzato SACD oltre alle incisioni e le attrezzature DVD-Audio non mi è sembrato che suonassero sostanzialmente meglio di un CD accuratamente registrato, anche se il formato CD ha difetti in abbondanza. Tra il SACD ed il DVD-a, quest'ultimo sembra avere migliori possibilità già che è intrinsecamente meno dipendente dal feedback; ma poco importa dato che entrambe i formati probabilmente non sopravviveranno.
Se fosse per me pubblicherei in vinile, ma la comunità audiofila non compra abbastanza musica su questo formato affinché io possa almeno andare in pareggio. Certamente c'è gente che fa profitti con le riedizioni di classici da collezione su vinile; ma questo a me non interessa. Mi sembra che il vinile suoni decisamente meglio di ogni altro supporto, ma necessita di parecchie cure sia in fase di incisione che in riproduzione. Se non si dedicano le dovute attenzioni e sforzi in qualunque stadio dell'intera catena, i risultati possono essere molto deludenti. [lo sto imparando sulla mia pelle - AK].
Arvind Kohli >
Sei tu a cercare gli artisti o sono loro a cercare te?
Pierre Sprey >
Generalmente gli artisti sentono parlare del nostro lavoro dagli altri musicisti e dai fan della Mapleshade. Allora vado ad ascoltarli "live" o preparo una sessione d'ascolto in studio. Non diciamo mai agli artisti cosa registrare. Io preferisco che siano i musicisti a venire da noi con entusiasmo e con un progetto proprio che vogliono incidere.
A volte incontro un artista o un gruppo che si esibisce in qualche luogo e mi avvicino. Per esempio, ho sentito suonare Tao Ruspoli alle nozze della figlia di un amico; lui ha suonato da solo un paio di pezzi di flamenco dopo che la band "regolare" aveva finito. Ho trovato il flamenco tanto eccitante che per una mezza dozzina di anni ho voluto inciderlo; tutto ciò dopo aver sentito un paio di pezzi da un ragazzo ad un matrimonio. Mi aveva stregato e gli ho semplicemente chiesto se voleva incidere. Lui era molto sorpreso per l'offerta: proprio come i suoi maestri gitani, lui suona il flamenco per amore e non per guadagnarsi da vivere. [Effettivamente è un album meraviglioso, la recensione è in arrivo. - AK].
Arvind Kohli >
Puoi dirci qualcosa sulla catena di riproduzione? Qual'è la migliore che hai ascoltato? Quali aspetti della riproduzione ti sembrano i più rilevanti? Cosa utilizzi attualmente? Cosa ti piacerebbe avere?
Pierre Sprey >
Il miglior consiglio che voglio dare agli audiofili è quello di mantenere le orecchie ben calibrate frequentando i concerti, preferibilmente senza amplificazione ed in piccole stanze piuttosto che nelle grandi sale. Altrimenti saranno tentati di mettere su impianti sulla base di uno standard artificiale, colorato dalle imperfezioni delle registrazioni e dall'elettronica usata per incidere.
L'altro errore che vedo commettere comunemente è la ricerca di componenti che compensino i difetti di altri componenti all'interno di un sistema: la cosiddetta sinergia. Questo non significa altro che utilizzare i componenti come dei controlli di tono per supplire alle carenze dei componenti in certe porzioni dello spettro acustico. L'approccio migliore, [ed anche il più conveniente alla lunga, - AK] è quello di cercare i difetti alla fonte e quindi correggerli. [E' un buon consiglio valido anche in altre circostanze della vita - AK].
Ogni componente della catena ha la stessa importanza. Ho ascoltato impianti da 200000 dollari installati su mensole e supporti scadenti e con cavi inadeguati; il risultato sonoro mi ha fatto fuggire dalla stanza. Mentre ho ascoltato impianti da 1500 dollari accuratamente ottimizzati e con "tweaks" intelligenti che suonavano in modo ipnotico.
Gli impianti principali che usiamo sono due. Uno serve per il monitoraggio in studio; esso è necessariamente costituito da apparecchi robusti perché viene sbattuto un po' qui e un po' là. Il secondo è nel nostro laboratorio dei cavi condiviso Mapleshade/inSound ed è fatto con componenti molto più raffinati e delicati.
Il sistema dello studio inizia con un paio di cuffie Stax. Tutto il monitoraggio durante la registrazione è effettuato attraverso di esse. Per la riproduzione post-incisione, ho un amplificatore Scott "vintage" con le EL-84 pesantemente modificato e personalizzato con dei cavi Omega Mikro wires (che vendiamo), e che facciamo noi stessi in partnership con inSound, e dei diffusori Gallo Reference 3. I diffusori sono stati personalizzati da noi, e stiamo pianificando la loro produzione per la vendita. Li abbiamo confrontati con delle Martin Logan CLS tweakate che abbiamo usato per monitorare; ma le Gallo suonavano meglio.
Il sistema del laboratorio consiste interamente di apparecchi progettati o modificati da Ron Bauman e me, prestando un'attenzione particolare al controllo delle vibrazioni e ad un approccio minimalista per il percorso del segnale. La meccanica CD ed il DAC sono il nostro "assalto", radicalmente minimalista, allo stato dell'arte; essi sono progetti totalmente nuovi che utilizzano complesse alimentazioni a batterie e sono in produzione. Il giradischi era un'unità Maplenoll air-bearing ma è stata upgradata con un nuovo motore esterno ed un alimentatore in corrente alternata purista progettato da Ron Bauman, per non parlare di una grossa base in acero. Lo stadio phono alimentato a batterie ed un amplificatore estremo, single-ended da 12 watt a stato solido, con bassi da terremoto e alti stratosferici, sono stati entrambi progettati e realizzati dalla inSound. I diffusori sono dei Gallo Nucleus Reference fuori produzione, quasi certamente la coppia più tweakata nel mondo; Anthony Gallo viene regolarmente per ascoltarle a confronto con i suoi nuovi progetti. I nostri Gallo Reference 3 personalizzati da cima a fondo dovrebbero essere in produzione tra poco.
Pierre è un uomo che ha una sete di conoscenze ed un'umiltà che colpiscono, ed è convinto che "meno è meglio"; ma ha una cura immensa per i dettagli di quel Poco. Ho notato piccole differenze tra Pierre ed i suoi obiettivi (incidere musica) e la ricerca di Toshyo nel creare delle katane o un maestro impressionista che intende catturare la luce ed il colore.
La sua educazione e la sua istruzione scientifica sono state messe da parte, e più simile ad un artista vorrebbe raggiungere la perfezione nella sua arte. E' una persona che non cerca di proteggere le conoscenze acquisite per anni e con fatica, ma è ben contento di condividerle con tutti noi. Non sembra preoccuparsi del fatto che altri possano sfruttare le sue idee per il loro tornaconto, ma come un buon docente preferisce mettere a disposizione il suo sapere così che altri possano imparare. Come Kavi Alexander della Water Lily Acoustics, Pierre è un vero gentleman, per cui non deve sorprendere il fatto che siano buoni amici, e che tra di loro ci sia un grande apprezzamento reciproco. Il rispetto professionale e l'ammirazione che c'è tra di loro, è possibile solo quando gli individui sentono che i loro scopi sono realizzati, così che non c'è posto per la competizione. Dopo tutto, la collaborazione e la cooperazione (non la competizione come spesso si crede) sono il livello più elevato dell'interazione umana.
Su certi temi controversi legati all'audio, Pierre ha forti convinzioni; ad esempio i cavi, i supporti ed i tweak. Io stesso non sono certo dell'efficacia ai fini di un miglioramento sonoro di tutte le sue pratiche, ma anche se lo scetticismo è nella mia natura oltre che un mio dovere, devo ammettere che bisogna provare. Ed effettivamente le sue registrazioni sono così risolutive come non ne ho mai sentite, il che mi rende molto vulnerabile ai suoi consigli. Chissà, potrei persino decidere di provare alcuni dei suoi rimedi.
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