DAC Schiit Bifrost

[DAC Schiiit Bifrost - vista frontale]

L'uovo del curato?

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Prodotto: DAC Schiit Bifrost
Produttore: Schiit - U.S.A.
Distribuito in Italia da: ProAudio Italia srl
Prezzo: €250,00 (dipende dalla configurazione) [listino italiano 389€ in configurazione base]
Recensore:
Chris Templer - TNT Sud Africa
Data della recensione: Marzo, 2015
Traduttore: Roberto Felletti

Introduzione

Prometto di non fare battute sul nome di questo prodotto![1] Quando ho deciso di migliorare il mio music server, mi sono messo in cerca di un DAC che avesse caratteristiche più audiofile; ciò ha portato all'acquisto di una nuova apparecchiatura, il DAC Schiit Bifrost. L'azienda Schiit, diversamente da altri produttori, sembra avere senso dell'umorismo oppure, a voler essere cinici, un piano di marketing ben congegnato.

Sul sito si legge: «L'azienda Schiit nacque quando due veterani dell'industria dell'audio decisero che era il momento di smuovere un po' le acque. I due audiofili sono Jason Stoddard, proveniente dalla Sumo, e Mike Moffat, proveniente dalla Theta.»

Comunque sia, il loro approccio nei confronti della normale gestione aziendale, che prevede la progettazione negli U.S.A. e la produzione all'estero, in Cina, differisce da quella che ormai è la prassi adottata da molte società. Alcune aziende, come Jolida, progettano negli U.S.A., realizzano le singole parti in Cina e poi assemblano i propri prodotti negli U.S.A.; in questo modo, esse possono fregiarsi dell'etichetta “fabbricato negli Stati Uniti”. Al contrario, l'intero processo produttivo della Schiit si svolge negli U.S.A. e pertanto i loro prodotti possono essere definiti veramente “fabbricati in America”.

Presentazione e installazione

Il Bifrost è imballato con cura, con la sola presenza di un logo sulla confezione. Il DAC si trova dentro un sacchetto in plastica ed è tenuto fermo da cuscinetti in gommapiuma; inoltre, viene fornita una guida per l'utente, concisa e particolare. L'apparecchio è disponibile in due versioni: una è dotata di una scheda denominata “Uber Analogue”, in grado di fornire una maggiore qualità; l'altra impiega una scheda dotata di connessione USB 2, per coloro che ne avessero bisogno. L'esemplare inviatomi era di quest'ultimo tipo, poiché era quello disponibile a magazzino.

Il collegamento del Bifrost è stato facile malgrado non fosse fornito alcun cavo di alimentazione, il che mi è sembrato un po' strano. L'interruttore di alimentazione è un semplice modello “a bascula” situato sul pannello posteriore, accanto alla vaschetta IEC. Questa disposizione potrebbe costituire un problema qualora il DAC fosse inserito in un cabinet, poiché, per potervi accedere in situ, si dovrebbe procedere alla cieca, senza poter vedere dove si mettono le mani.
Gli ingressi sono: USB, Toslink e RCA (utilizzato per questa prova). L'uscita è RCA standard, non bilanciata; non è prevista un'uscita bilanciata. Il pannello anteriore è pressoché scarno: a sinistra ci sono il logo e il nome, mentre a destra è presente un pulsante il quale, quando premuto, commuta gli ingressi, identificati da piccoli LED, ciascuno dei quali è contraddistinto da un'icona.

[DAC Schiit Bifrost - vista posteriore]
[DAC Schiit Bifrost - vista interna]

[DAC Schiit Bifrost - i piedini]

Date le sue misure (230 x 170 x 60 mm) e il suo peso (2,3 kg), questo DAC non può certo essere definito un colosso. Un punto debole è costituito dai piedini, i quali sembrerebbero più adatti a non far scivolare i bicchieri da un bancone; oltretutto, sono orribili aggeggi adesivi da 10 mm di larghezza, su un lato. Non li ho usati.

Alcune descrizioni tratte dal sito aziendale:

CONVERTITORE D/A AKM4399 E SEZIONE ANALOGICA A DISCRETI
Indipendentemente dalle possibilità di upgrade, il Bifrost è un prodotto di incredibile valore. Pensate al suo convertitore D/A a 32 bit, AKM4399, uno dei DAC dalle prestazioni più elevate che esistano al mondo. Pensate anche che entrambe le versioni (Bifrost e Bifrost Uber) utilizzano una sezione analogica di tipo JFET, a basso rumore e interamente a discreti, proprio come nei DAC da migliaia di euro.

GESTIONE AVANZATA - BIT PERFECT - DEL CLOCK
Molti DAC, in questa fascia di prezzo, sacrificano ogni singolo campione originale della vostra musica per riuscire ad arrivare a 192 kHz. Ogni segnale in ingresso passa attraverso un convertitore ed è ricampionato a 24 bit / 192 kHz. Il Bifrost non effettua tale conversione e adotta un sistema sofisticato di gestione del master clock allo scopo di fornire al DAC un flusso di dati bit perfect, mantenendo così tutti i campioni originali, siano essi a 16 bit / 44,1 kHz o a 24 bit / 192 kHz.

BIFROST UBER: PRESTAZIONI ANCOR PIÙ NOTEVOLI
Qualora ordinaste la versione Bifrost Uber, beneficereste di uno stadio analogico a discreti basato sul più avanzato DAC Gungnir, la cui topologia sofisticata migliora le prestazioni (sia quelle sonore che quelle rilevabili da strumenti), mentre il servocontrollo, in corrente continua, di cui è dotato elimina la necessità di condensatori lungo il percorso del segnale. Questo non significa che il Bifrost “base” sia scarso; infatti, esso viene spesso confrontato con DAC che costano da tre a otto volte tanto.

COMPLETAMENTE AGGIORNABILE: IL DAC A PROVA DI FUTURO
Siete preoccupati dalla rapidità con cui si evolve la tecnologia degli ingressi USB o dagli sviluppi futuri nel campo della conversione D/A? Il progetto modulare del Bifrost utilizza ingressi USB e schede DAC/analogico separate. Il risultato? In pratica, un DAC a prova di futuro che non finirà nel cassonetto dei rifiuti.

L'ascolto

Ho acquistato l'unità in prova per sostituire il Behringer ULTRAMATCH PRO SRC2496, che al momento utilizzo con il music server. Sebbene il Behringer sia molto valido, si nota un po' di grana e, forse, manca un po' di dettaglio. Con musica semplice, poco impegnativa, e in confronto diretto, il passaggio da un apparecchio all'altro ha rivelato un Bifrost armonioso, con minore spigolosità e, almeno all'inizio, caratterizzato da un ottimo suono. Il mio album preferito, l'ormai stravecchio “Jazz at the Pawn Shop” con il suo sassofono solista, non ha mai suonato così bene. David Oistrakh, violino solista, e Janos Starker, violoncello solista, suonavano in maniera più naturale e corretta.

Passando a opere e strumenti più impegnativi, la felicità provata all'inizio, con il Bifrost, cominciava a diminuire. Le registrazioni di ottoni energici sembravano prive di grinta; le esecuzioni al pianoforte, che avrebbero dovuto essere vivaci, sembravano quasi musica da sottofondo. Con musica per orchestre, alcuni difetti ovvi venivano rivelati. L'esecuzione diventava confusa e peggiorava; diventava anche progressivamente più difficile distinguere gli strumenti, a mano a mano che la trama si faceva più complessa. La versione di Bernstein della “Sinfonia Fantastica” e anche la registrazione di Munch avevano perso molto del loro impatto; le campane, nell'ultimo movimento, sembravano come incassate in una parete. Berstein sottolineava: «E poi ci sono campane a morto che fanno venire i brividi lungo la schiena...»; non con il Bifrost, decisamente per merito del Behringer. La riproduzione musicale deve essere viscerale e dinamica; ecco un'altra citazione di Bernstein, che analizza la questione da un altro punto di vista: «Roba davvero spaventosa. E lo è perché quei suoni che ascoltate ci arrivano dalla prima sinfonia psichedelica della storia, la prima descrizione musicale mai fatta di un viaggio[2], scritta, più di 130 anni prima dei Beatles, nel 1830 dal brillante compositore francese Hector Berlioz. Egli l'aveva intitolata “Symphonie Fantastique” (Sinfonia Fantastica) e fantastica lo è, in tutti i sensi, compreso quello psichedelico». Ribadisco che il Bifrost, in questo caso, ha fallito miseramente, non riuscendo a trasmettere la maggior parte dell'impatto.

Più mi addentravo nella mia collezione musicale, meno il Bifrost mi piaceva. Affrontando opere difficili da riprodurre con un certo grado di realismo, tipo la Sinfonia “Gotica” di Havergal Brian o l'“Ottava” di Mahler che richiedono entrambe grandi orchestre, cori multipli e organo, il Bifrost dimostrava i suoi limiti. Ed era anche in difficoltà, potrei aggiungere, a riprodurre qualsiasi musica d'organo con un basso degno di nota, poiché in questo caso quello che usciva dal Bifrost era pura melma, un'accozzaglia di suoni (o rimbombi) priva di definizione. Le specifiche tecniche dichiarano: “risposta in frequenza 20 Hz/20 kHz ± -0,1 dB, 2 Hz/100 kHz -1 dB” e, se le cose stanno così, allora il Behringer, il DAC interno dello Squeezebox e quello del mio lettore CD Jolida si spingono ben oltre, insieme con tutti i componenti analogici del mio impianto.

Con un ultimo sforzo, volto a cercare di capire cosa il Bifrost facesse alla musica, avevo riprodotto la medesima esecuzione (Munch - Boston Symphony Orchestra - Saint Saëns - Sinfonia n.3 - Sinfonia per Organo) tramite LP, CD, XRCD e anche con il server, attraverso il Behringer, per finire con il Bifrost. La seconda e la terza parte del Primo Movimento, caratterizzate da alcune note di organo molto chiare e profonde, perdevano gran parte del loro timbro e della loro definizione nella poltiglia riprodotta dal Bifrost; con le altre apparecchiature, la gloria ben meritata della registrazione RCA Living Stereo era evidente in tutto il suo splendore. Sebbene non abbia mai ascoltato il nastro pre-registrato Living Stereo sul mio impianto, ascoltarlo su quello di un mio amico ha semplicemente confermato i limiti del Bifrost.

Conclusioni

Il sottotitolo di questo articolo è “L'uovo del curato”, espressione con cui si definisce qualcosa che va bene solo in parte. Questo DAC potrebbe essere l'ideale se inserito in piccoli impianti con caratteristiche più intimiste e, a seconda del tipo di musica, potrebbe essere molto piacevole, poiché si tratta di un prodotto, di per sé, armonioso. Esibisce un dettaglio molto buono, giudicando in base agli ascolti effettuati, e anche la musica di gruppi di ottoni viene riprodotta con delicatezza; se si alza il tiro e si aggiungono grancassa e piatti, allora la miscela musicale inizia a diventare poltiglia. Il brano “Bohemian Rhapsody”, di Freddy Mercury, rappresenta un'altra bella sfida perché, a causa del modo complesso in cui fu registrato ed elaborato, presenta molti livelli differenti di suono i quali, tutti, sfuggono al Bifrost.

Dire che non sono rimasto impressionato da questo prodotto Schiit significa minimizzare la questione, specialmente perché l'ho acquistato.

Apparecchiature utilizzate

L'impianto, per come è stato configurato, ha permesso l'utilizzo delle combinazioni Tact/Tannoy, Triodi/Goodmans o entrambe, contemporaneamente.

© Copyright 2015 Chris Templer - chris@tnt-audio.com - www.tnt-audio.com

Note del traduttore:
[1] il nome dell'azienda, Schiit, viene pronunciato come “shit”, cioè “escrementi”, nell'accezione volgare del termine
[2] in questo caso si intende viaggio psichedelico, l'esperienza sensoriale generata dall'assunzione di sostanze allucinogene (“trip” in inglese)


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