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Autore: Lucio Cadeddu
Pubblicato: ottobre, 2023
Sito web: Milano/Roma High End Show
Lo confesso: non sono un amante delle fiere HiFi, credo di averlo scritto più volte e la mia assenza da queste manifestazioni ne è la prova più evidente. Ogni tanto però, come fosse un precetto pasquale, mi ci sottopongo, nella speranza che qualcosa nel frattempo sia cambiato.
Premetto che sono stato a Milano due giorni interi e sono stati completamente dedicati alla visita delle salette e agli ascolti, quindi parlo con cognizione di causa. Non si è trattato di un rapido mordi e fuggi di un sabato pomeriggio, come fanno tanti. Inizio con gli aspetti positivi.
Pubblico. L'affluenza di pubblico è stata notevole, in certi momenti si faticava a farsi strada nei corridoi, invero un po' angusti, dell'Hotel Melià. La mostra si sviluppava su tre livelli, ma la maggior parte delle salette audio si trovava al piano +1. Tanta gente significa che c'è ancora un buon interesse per questo settore, anche se magari tanti erano spinti solo da pura curiosità. Infatti, chiamandosi la mostra Milano High End, in teoria avrebbe dovuto essere un'esposizione del top della produzione mondiale e, come accade per una mostra di supercar o di preziose auto d'epoca, il popolo è costituito principalmente da curiosi e non certo da potenziali acquirenti. I prezzi dei componenti, molto spesso a 5 cifre, allontanano ovviamente il pubblico generalista, e lo attraggono solo per pura curiosià.
Quanti di quelli che vanno al salone della nautica di Genova o a un'esposizione di auto sportive d'epoca hanno in realtà la possibilità di acquistare realmente quegli oggetti? Una piccolissima percentuale. E va bene così, naturalmente, è nella natura delle cose. Chi si lamenta che a una mostra High End mancano gli impianti di costo terreno sbaglia, perché il target è insito già nel nome della mostra. Anzi, direi che i pochissimi impianti di basso costo (basso...relativamente ai mostri da 300.000 euro) erano abbastanza fuori contesto, ancorché benvenuti.
Varietà di soluzioni. Le diverse sale offrivano una panoramica abbastanza ampia di ciò che è presente sul mercato: dallo stato solido al top, passando per le soluzioni valvolari più o meno costose, dal digitale liquido a quello solido (un po' raro, in effetti) fino a qualche buona esibizione analogica, con bei giradischi e persino registratori a bobine. Anche per i diffusori c'era ampia scelta di tipologie diverse: dinamici, planari, largabanda alta efficienza e quant'altro. Insomma, se un neofita avesse voluto avere un'idea di quanto vario possa essere l'approccio all'HiFi, questa mostra offriva sicuramente tanti spunti.
Qualità sonora. Sgombriamo subito il campo da aspettative eccessive: la maggior parte degli impianti suonava male, talvolta malissimo ma, siccome sto parlando degli aspetti positivi, segnalo che qualche saletta ben suonante c'era, a mio parere quella Audio Natali con le Wilson Audio Sasha V (con l'eccellente collega Marco Cicogna a fare da preparatissimo Cicerone) e quella LP Audio con le German Physiks erano nettamente sopra al resto. Altre sale con impianti monstre erano semplicemente imbarazzanti, per il rapporto qualità/prezzo tendente allo zero. C'era anche qualche saletta più terrena che se la cavava bene, da quella Albedo, passando per quella con le Pylon Audio, le Maggies e le Estelon (ok, questa non era esattamente terrena, visti i costi). In definitiva, un neofita qualche idea di come suona un impianto al top poteva farsela, avendo la pazienza di aspettare la saletta semivuota e di potersi sedere in una posizione ideale. Chi non ha potuto fare questo, è meglio che si astenga dal giudicare gli impianti.
Capitani coraggiosi. Spendo due parole per alcuni espositori che hanno avuto il coraggio di proporre qualcosa di diverso. Non posso non citare i ragazzi di Albedo per la dimostrazione live vs recorded: un duo chitarra e mandolino suonava in mezzo ai diffusori e, subito dopo, lo stesso brano, inciso sul loro album, veniva riprodotto dai diffusori. È vero, non sapevamo in quale ambiente fosse avvenuta la registrazione, quindi non si trattava di un vero live vs recorded, ma il risultato è stato ottimo: un impianto che ha il coraggio di confrontarsi con gli strumenti acustici veri e non ne esce sconfitto è una gran bella cosa. Peccato però che i gestori della sala, quando hanno fatto suonare il disco, non si siano preoccupati di controllare i livelli, perché il volume era - fonometro alla mano - di circa 8 dB (!!!) più alto di quello prodotto dagli strumenti live, rendendo il confronto un po' furbo, diciamo così: un suono più forte viene percepito spesso come migliore. Comunque sia, qualcosa di insolito e coraggioso, bene così. Nota a favore anche per la selezione musicale, molto varia, persino dei brani hip-hop, peraltro ottimamente incisi (Travis Scott).
Altrettanto coraggiosa e fuori dagli schemi la dimostrazione di Mike Borghese Audio, a saletta chiusa e dietro prenotazione. Si potevano ascoltare e commutare diverse coppie di diffusori nascosti da una tenda come Pitagora quando parlava ai suoi adepti, inserire o disattivare un DSP, valutare la bontà e l'influenza del trattamento acustico ambientale (semplice ed economico) e, infine, sottoporsi a una bizzarra prova in doppio cieco per valutare l'influenza della componentistica passiva in due crossover identici, uno con componenti standard e l'altro con condensatori e induttanze audiophile. Il messaggio che passava era che pesa di più l'ambiente che la componentistica, di fatto il mantra che ripetiamo ormai da quasi 30 anni qui su TNT-Audio. Presentazione scanzonata, ma ragazzi giovani, simpatici e preparati. Conoscendo bene questo settore, ed augurando loro il meglio perché se lo meriterebbero, credo non faranno molta strada.
Fuori dal coro erano anche le due salette, diciamo così, entry-level, ovvero quella Indiana Line e quella Technics. Nella prima elettroniche Serblin & Son ed Exposure, a dar voce a delle casse Tesi 661, nella seconda due impianti full Technics, con diffusori sia da pavimento che bookshelf. Paradossalmente questi impianti suonavano più credibili ed equilibrati di tanti altri con uno o due zeri in più. Operazione coraggiosa ma pericolosa per chi espone (male) impianti molto costosi.
Un plauso anche alla saletta dell'organizzatore, che suonava come al solito divertente, con in più il coraggio di osare pressioni sonore molto elevate. E il rock deve prima di tutto suonare forte, amen.
Non me ne vogliano gli altri espositori, se non li ho citati è perché non c'era molto (di buono) da dire. E infatti...
È proprio il caso di dirlo: spesso le note (musicali, e non solo) erano dolenti. Ripeto: la maggior parte delle impianti suonava malissimo, complice un'installazione forse non ottimizzata e l'acustica delle salette spesso infame. Tuttavia, salette infami identiche - per l'acustica - suonavano in modo diverso, alcune bene, alcune inascoltabili, evidentemente il motivo non è da ricercare tutto nella saletta. Non si può dimostrare un impianto da 100-200.000 euro senza prevedere qualche migliaio di euro di pannelli e trattamenti acustici, è un suicidio commerciale.
Maleducazione e poca professionalità. L'altra nota dolente arriva dalla maleducazione dei visitatori unita alla scarsa professionalità di chi esponeva: discorsi a voce alta (forse dovuto a sordità galoppante, vista l'età) mentre gli altri cercano pazientemente di ascoltare, e devo dire che talvolta a disturbare erano più gli operatori stessi che i visitatori. Inconcepibile. A un espositore di un buon impianto ho detto: “Troppo chiasso, parlate meno e suonate di più”. Capisco la noia di stare ore a far sentire musica, ma non ve l'ha mica ordinato il medico. Se dovete chiacchierare o lo fate a bassa voce, o uscite fuori. Altrimenti tanto vale esporre gli impianti spenti, tanto chi li apprezzerà solo per l'estetica ci sarà.
Ancora: perché non mettere dei fogli che spieghino quale diffusore è in funzione, quali componenti stanno suonando e, magari, il loro costo? Evitereste tante domande, per esempio. Non è difficile da realizzare...a meno che di certi prezzi non ci si vergogni un pochino. Ci sta, e avete tutta la mia comprensione ;-)
Musica? Quale musica? Talvolta ho chiesto di poter ascoltare dei brani di mia scelta. Non sempre è stato possibile. I motivi possono essere tanti. Uno di sicuro è la paura che il visitatore proponga cattive incisioni, che fanno sfigurare l'impianto. In effetti, è successo più volte, qualcuno ha chiesto (e ottenuto!) di ascoltare un brano di Vasco Rossi, inciso malissimo, e un brano di un indeterminato pop-rock anni '70, compresso dinamicamente e privo di basse e alte frequenze. Ragazzi...ma davvero giudicate gli apparecchi HiFi così??? Sarebbe come giudicare una Ferrari alimentata con la benzina agricola. Non finisco mai di stupirmi dei personaggi che bazzicano in questo settore.
In una saletta ho chiesto di ascoltare un brano specifico per organo e coro e mi è stato proposto un brano di solo organo, dalla colonna sonora di Interstellar. Ora, se vado in una steak-house, non mi aspetto che invece della fiorentina che ho chiesto mi portino una pizza all'ananas. E già, perché quel brano per organo della colonna sonora di Interstellar è una vera...pizza. Pure con l'ananas sopra: musicalmente inesistente, fastidiosa senza il supporto delle immagini e inutilmente spettacolare. In ogni caso: trovo fuori luogo - e pure un po' scortese - che l'interlocutore giustifichi la sua scelta con così sente qualcosa di nuovo. Lo so già che la pizza all'ananas non mi piace. Preferisco mi si risponda “in questa steak-house niente carne, solo pizze all'ananas”. Credo di avere una cultura musicale vasta, e sono sempre alla ricerca di stimoli nuovi, ma non vado a una mostra HiFi per subire a forza i gusti musicali (discutibili) di qualcun altro. E poi, signori, siccome non era l'unica saletta a proporre colonne sonore...se volessi ascoltarle andrei al cinema o lo farei con uno schermo davanti.
La Sagra della salsiccia e del sassofono. Sempre a proposito di musica, ormai le mostre HiFi stanno diventando la sagra paesana della salsiccia e del sassofono. La prima per via del genere maschile presente nel 99% dei casi (singolare maschile, direi), la seconda perché non c'è saletta dove non mi abbiano ammorbato con brani per sassofono solista. In alternativa, cantante femminile jazzata su un letto di pianoforte e contrabbasso. Oddio, qualche cantante jazz la vedrei anche bene su un letto, ma non di pianoforte né di contrabbasso. Sì, lo so che questa musica non mette in crisi gli impianti, però c'è un limite a tutto. Ripigliatevi.
Per quanto riguarda il genere singolare maschile attempato, non ditemi “Eh, però qualche donna e qualche giovane c'era”. Li avete guardati negli occhi? Avessero avuto il teletrasporto si sarebbero smaterializzati all'istante. Così, puf!
Oi, ancora i Pin Floi! Sarà stato anche il 50esimo anniversario di The Dark Side of the Moon ma...non se ne può davvero più: Pink Floyd ovunque, in tutte le sale e le salse, e non solo TDSOTM, ma anche Animals e altri album. Il mondo e la musica, dagli anni '70 in poi, sono andati avanti, sapete? Non sarà il caso di fare un passetto anche voi? Capisco che quelle note vi riportino alla mente il vigore dei vostri 18 anni, ma la musica non è una valida alternativa al Viagra, bisogna farsene una ragione. E per chi fa suonare queste cose a oltranza: come pensate di attrarre un pubblico meno matusa? Esiste tanto rock moderno, o anche pop e persino rap, inciso benissimo che farebbe suonare meglio i vostri impianti rispetto alla dinamica compressa delle incisioni dei Pink Floyd degli anni '70. Accidenti, sembra che il rock si sia fermato, come le erezioni di tanti ascoltatori, agli anni '70, poi il nulla.
Cui prodest? Infine un'osservazione generale, una domanda che mi martellava insistentemente il cervello in questa due giorni: cui prodest? Ossia: a chi giova questa esibizione muscolare (e anche un po' testicolare) di componenti top? Aiuta i giovani a sognare? Ne dubito, perché i giovani non c'erano e, comunque, con quelle cifre acquisterebbero ben altro, se potessero. Ascoltate i testi della musica, diciamo così, giovane. Non troverete mai “Sogno un Goldmund” semmai “datemi una Lambo e un Rolex”.
Serve agli audiofili con impianti di medio livello per pianificare un upgrade? Forse, ma nella maggior parte dei casi gli impianti dei visitatori suonano meglio del 90% di quelli esposti. Ditemi che non è così, se avete il coraggio.
Serve a vendere impianti da 300.000€? Neppure, perché chi ha queste disponibilità economiche contatta direttamente il negozio o addirittura l'azienda stessa e si fa fare una demo a casa sua. Se spendo 300.000€ in un impianto voglio che il progettista o il CEO dell'azienda vengano a casa mia, cucinino per me, facciano le pulizie per una settimana e mi facciano la lavanda dei piedi come Sua Santità nel Giovedì Santo, oltre che sistemare stanza e impianto.
Quindi, francamente, non ho trovato risposta. Mi resta la sensazione amara che ce la cantiamo e ce la suoniamo (pure male) da anni, sempre noi: le stesse facce, gli stessi discorsi, le stesse lamentele...e non se ne esce da questo pantano. E se provassimo a fare una mostra di soli impianti terreni o anche entry-level? Leviamo quel titolo High End prima che resti solo la “End”, ché anche gli irreprensibili (e più ricchi) tedeschi si sono accorti che fare una sezione di impianti terreni da 5000€ forse a qualcosa potrebbe servire, vedasi ultimo Munich Show. Siamo ancora in tempo.
[Foto cortesemente fornite da Stefano Zaini e Jacopo Brandani].
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