Quale campionamento scegliere? Mentre la psico-acustica suggerisce che quello a 44.1 kHz è quasi sufficiente, anche se raramente ci sono segnali reali registrati sul vinile a frequenze oltre i 20 kHz, risulta evidente che è meglio campionare a frequenze più alte.
Quanto più alto? Rate quadrupli (cioè 4 x 44.1 = 186.4 kHz o 4 x 48 = 192 kHz) possono apparire intriganti alla schiera dei numerologisti ma risultano spesso inutili se non addirittura uno spreco. Una prima, ovvia, ragione è l'assenza nel segnale sorgente di contenuti a così alta frequenza, mentre l'altra, più seria, è che molti chip ADC dichiarati dal costruttore capaci di raggiungere queste frequenze in realtà non lo sono. I convertitori analogici/digitali (ADC) moderni sono quasi tutti del tipo sigma-delta (il link è a una pagina di wikipedia in inglese) cioè convertitori che operano a diversi MHz, pesantemente sovracampionati e a un basso numero di bit, seguiti da filtri per l'anti-aliasing, la decimazione e una grossa quantità operazioni sul rumore per spostare il grosso dell'errore di quantizzazione al di fuori della banda audio.
Per un ADC a 44.1 kHz, il filtro del rumore deve ripulire la parte al di sotto dei 22 kHz, mentre quello a 96 kHz deve lavorare sotto i 48 kHz e quello a 192 kHz sotto la banda dei 96 kHz, ma si scopre subito che molti di quegli ADC che operano a 192 kHz esibiscono molto rumore formato sopra i 48 kHz ancora ben dentro la banda di interesse audio che si estende, in questo caso, fino ai 192/2=96 kHz. Al tempo stesso le loro curve caratteristiche mostrano come il filtro anti-aliasing abbia un taglio ridotto e sia piatto dentro la banda d'interesse: la ragione ultima di questo comportamento è che molti ADC 4x sono in realtà disegnati per lavorare a 2x e sono quindi spinti oltre i propri limiti progettuali per poter includere un'ulteriore ottava che però non è trattata in maniera appropriata portando quindi a uno sforzo completamente inutile.
Gli spettri precedenti dimostrano chiaramente questo punto per il chip PCM1804, a suo tempo uno dei migliori tra i convertitori analogico/digitale. Le figure mostrano il rumore di fondo e la distorsione armonica per un segnale d'ingresso di 1 kHz a -60 dBFS. I rate di campionamento, da sinistra verso destra sono di 48, 96 e 192 kHz, rispettivamente. Osservate la montagna di rumore sopra i 48 kHz per il campionamento a 192 kHz. (Notate che l'innalzamento del rumore di fondo al di sotto dei 48 kHz è principalmente un artefatto dell'algoritmo che esegue la trasformata di Fourier, poiché la dimensione dei rettangoli dell'istogramma cresce con l'aumentare del rate di campionamento.)
Avendo eliminato le alte frequenze, torniamo alle opzioni 88.2 kHz o 96 kHz per la trascrizione dei dischi: uno dei vantaggi nell'usare un rate doppio, anche quando si tratti di trascrivere un CD, è che in questo modo il filtro anti alias dell'ADC taglia principalmente intorno ai 44.1 o ai 48 kHz e non ai 22 o 24 kHz. I filtri ADC sono parte del chip in silicio e quindi sono spesso pensati più partendo da problemi di economia progettuale che non concentrandosi sulle prestazioni: averli attivi fuori dalla banda in cui possono fare danni permette l'uso successivo di migliori campionatori basati su software per convertire i dati a 44.1 kHz per l'eventuale registrazione su un altro supporto.
Un altro motivo oggettivo per scegliere il 2x è che molto post-processing digitale semplicemente funziona meglio in uno spazio di frequenze più ampio: programmi di equalizzazione digitale che lavorino al minimo della rotazione di fase, come quello usato in Audition, operano come una trasformata della controparte analogica. Questo produce qualcosa di molto simile a un equivalente filtro analogico, ma con una sottile differenza: nel dominio del campionamento discreto, metà della frequenza campionata acquisisce le stesse proprietà che una frequenza infinitamente alta ha nel dominio del continuo. Questo implica che la risposta del filtro digitale si sposta, progressivamente col crescere della frequenza, dalla funzione analogica che cerca di riprodurre. Questa deviazione può essere controllata attraverso il programma, un metodo chiamato "filter warping", ma non sempre viene messo in pratica. Per questo è probabilmente meglio dare per assunto che i filtri funzionano meglio a un'alta frequenza di campionamento.
Ancora un altro argomento a favore dell'uso di alte frequenze di campionamento è che qualsiasi operazione non lineare eseguita nel dominio digitale insidiosamente viola il teorema del campionamento: ogni non linearità genera armoniche e prodotti di inter-modulazione e alcuni di questi prodotti superano la metà della frequenza di campionamento e quindi vengono riflessi irrimediabilmente nella banda udibile: la seconda linea di difesa è quindi ancora una volta lavorare a alte frequenze di campionamento. Questo vale anche quando si compiano delle operazioni all'apparenza lineari come un cambio di guadagno o un'equalizazzione. Infatti, nel dominio discreto nessuna operazione è realmente lineare: arrotondamenti e troncamenti dovuti all'accuratezza numerica finita sono intrinsecamente non lineari e gli errori generati in questo modo saranno moltiplicati dall'aliasing. Questo fenomeno è spesso non noto o non compreso dai progettisti e dagli utenti dei programmi di elaborazione dei segnali acustici, ma è mia opinione che potrebbe essere anche una delle ragioni principali per cui alcune produzioni digitali moderne suonano così male e perché alcune registrazioni ad alta risoluzione sono, soggettivamente, preferibili alla risoluzione standard.
Questo ci lascia quindi con un'ultima scelta da fare: 88.2 o 96 kHz per le nostre registrazioni? Se il risultato finale è pensato per essere poi trascritto su un CD, un DVD-A o un file (che sia ad alta risoluzione o un MP3) allora rimanete sugli 88.2 kHz perché questa scelta permette una riduzione ai 44.1 kHz praticamente trasparente anche con convertitori di qualità mediocre. Detto questo, io sconsiglierei il DVD-A, perché il formato è pressoché morto e la disponibilità in futuro di trasporti in grado di gestirlo non è assicurata. Inoltre, una volta scritto è praticamente impossibile riuscire a estrarne i dati audio, operazione che potrebbe venire utile nel caso i file originali andassero persi.
Sto per caso mettendo in dubbio l'essenza analogica dell'LP?
Oh, certo. Nulla è come appare.
Vedete, mentre molti considerano il vinile come la quintessenza del supporto analogico, spesso non lo è: come sappiamo bene, a partire dagli ultimi anni 80, molti LP sono stati registrati, lavorati e masterizzati nel dominio digitale, una di quelle cose che spesso si trova dichiarata orgogliosamente nelle note.
Ma c'è un'altra, molto meno visibile, sorgente di LP digitali: i dischi sono necessariamente incisi con uno spessore variabile dei solchi, meno profondi per le parti quiete, piu' scavati per quelle più impegnative per permettere un'escursione maggiore dello stilo. Il sistema di controllo dell'incisione stabilisce lo spessore dei solchi dinamicamente attraverso l'informazione proveniente da un'altra copia degli stessi suoni con qualche centinaio di millisecondi di anticipo rispetto alla testina incidente. Ai vecchi tempi questa tecnica era realizzata attraverso una registratore a nastro con due testine di lettura debitamente separate. Ogni testina alimentava esattamente la stessa catena di componenti: le uscite venivano quindi inviate, una al controllo dello spessore e l'altro all'amplificatore della testina incidente. Un sistema eccellente, ma costoso, con un componente a nastro appositamente dedicato, con i problemi di allineamento e mantenimento associati insieme ai suoi componenti doppi, per il elaborazione del segnale.
Quando componenti di ritardo digitali divennero disponibili alla fine degli anni 70, i registratori a doppia testina vennero abbandonati e rimpiazzati con un registratore a testina normale che mandava il segnale diretto al controllo della spessore e un messaggio ritardato, attraverso un ADC, il ritardo digitale e un DAC alla testina incidente. Per cui molti LP venivano spinti dentro e fuori del dominio digitale ancora prima di essere incisi nel vinile, e spesso senza che l'artista e/o il produttore sapessero nulla (e se anche avessero saputo, i sentimentalismi analogici dovevano ancora essere scoperti).
E se questo non fosse già di suo abbastanza c'è un terzo modo per un LP di divenire digitale: per le pubblicazioni diffuse a livello mondiale era abbastanza comune generare un certo numero di copie analogiche del nastro master originale. Queste copie venivano quindi distribuite ai vari punti della catena di produzione sparsi in tutto il pianeta. Ovviamente più in là si andava nel tempo, più copie venivano estratte dalla copia del master e più la qualità di abbassava. Ancora una volta, quando i registratori a cassette digitali divennero disponibili, fu molto semplice passare alla distribuzione di copie digitali del master, spesso usando macchine U-Matic basate sui Sony PCM1610 e 1630.
I primi ADC e DAC usati in questi processi erano abbastanza rozzi, con una lunghezza della stringa digitale di 14 bit e un rate di campionamento tra i 40 e i 50 kHz. Poiché gli LP che sono stati incisi passando attraverso questo processo non contengono alcuna informazione reale oltre i 20-25 kHz, non ha alcun senso archiviarli in un formato ad altissima risoluzione.
L'origine di un disco si controlla abbastanza facilmente con un qualsiasi programma che abbia un buon analizzatore di spettro, come per esempio, l'Audition: trascrivete LP con un rate superiore agli 88.2 kHz, quindi caricate il file ottenuto nel programma con l'analizzatore di spettro, selezionate alcuni secondi di musica abbastanza densa e riportate in un grafico lo spettro di quella selezione. Una registrazione che nel processo di produzione sia passata attraverso il dominio digitale con una risoluzione standard mostrerà un crinale abbastanza pronunciato e unico attorno ai 20 kHz causato dal filtro anti-alias durante l'elaborazione digitale.
Un disco completamente analogico probabilmente non mostra quel crinale, anche se questo non necessariamente significa che ci sia dell'informazione utile oltre i 20 kHz: dobbiamo ricordare umilmente che i livelli di distorsione armonica propri dell'LP e delle testine raggiungono facilmente il 10% nelle alte frequenze e quindi qualsiasi informazione intorno ai 10-20 kHz dà origine a prodotti di distorsione armonica abbastanza pronunciati nella banda 20-40 kHz. Spesso quei prodotti vengono scambiati per informazione musicale e considerati una prova della superiorità del vinile. Ma, purtroppo più spesso di quanto non vorremmo, non lo sono.
Quei lettori che sono interessati ad approfondire l'argomento dei limiti nelle prestazioni dei sistemi di incisione del vinile, possono andarsi a leggere il sito www.etec.dk (in Inglese) che parla dei moderni incisori Ortofon. Questi ultimi sono progettati come testine incidenti a 4 canali che lavorano a velocità dimezzata e che hanno, quando si suoni a velocità normale, la migliore estensione negli alti di qualsiasi altro incisore commerciale mai costruito, avendo una risposta pressoché piatta fino ai 25 kHz. I più comunemente usati Neumann SX68 e SX74 non raggiungono minimamente questi livelli.
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