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Autore: David Hoehl - TNT USA
Pubblicato: Ottobre, 2020
Traduttore: Roberto Felletti
Salve classe, e bentornati dalle vacanze estive. Oggi cominciamo con una piccola lezione di storia. «Oh no, il trombone ha intenzione di sconfinare di nuovo nell'antica Grecia del Vecchio Scriba,» sento qualcuno borbottare. Va bene, una nota di demerito per voi! No, questa volta eviterò la storia antica in favore di qualcosa che è un po' più recente: i primi giorni dell'(ex) amato Compact Disc. «'CD'? In una rubrica 'vintage'?!? Stai scherzando, vero?» Nemmeno un po'! Pensateci un attimo. I primi lettori CD sono stati immessi sul mercato 37 anni fa. Quando ho cominciato a collezionare 78 giri, nei primi anni '70... «Oh, allora sì, 'è' storia antica.» Bene! Allora vi fermerete in aula studio dopo la lezione! Ora, per continuare, all'epoca la maggior parte dei miei acquisti, costituita da “dischi antichi” (qualunque cosa da metà anni '30 in poi), non aveva ancora 37 anni di vita. Posso garantirvi che chiunque li collezionasse all'epoca era considerato un appassionato di “antiquariato”, decisamente non un “modaiolo”. Inoltre, se parlate con chiunque non abbia ancora l'età per essere considerato un “boomer”, scoprirete che oggi i CD fisici vanno quasi altrettanto forte di... beh, un'imitazione cinese COBY del Discman.
I lettori abituali di questa rubrica avranno familiarità con le discussioni sui problemi particolari che i primi dischi analogici presentavano e su come risolverli. Oggi noi rivolgiamo l'attenzione a un problema particolare che i primi dischi digitali presentavano; la prossima volta esamineremo come risolverlo, specialmente a beneficio di coloro tra noi a cui piace salvare la musica nei “server” informatici.
Oh, e già che ci siamo parleremo di alcune competenze informatiche vintage. «Prof, posso andare in bagno?» No!
Come è noto, quando fu commercializzato il CD venne proposto come il supporto che avrebbe offerto il “suono perfetto per sempre”. Non c'è bisogno di dire che quell'iperbolica promessa si dimostrò vana: ben presto quel “per sempre” dovette fare i conti con sviluppi indesiderati quali la bronzatura, e il “suono perfetto” fu travolto dalla scomoda realtà, perché se qualcosa è perfetto non puoi vendere alla gente dei “miglioramenti” (probabilmente insignificanti). Ma c'è di peggio: come per quasi tutti i supporti a partire dal cilindro di cera, la tecnologia per la riproduzione della musica è rimasta indietro rispetto alla tecnologia di registrazione, e i primi convertitori da digitale ad analogico montati nei lettori CD di prima generazione (come quello nella foto a destra) in realtà erano componenti rumorosi che generavano artefatti in alta frequenza su ogni segnale che li attraversava. Per un nuovo formato costoso, i cui argomenti di vendita principali includevano la presunta libertà da qualsiasi accenno di rumore di superficie, una caratteristica simile era chiaramente inaccettabile. Ma cosa si sarebbe potuto fare?
Ed ecco la soluzione innovativa escogitata dall'industria: quando si crea un master per CD si enfatizza la gamma alta, poi la si taglia, insieme al rumore in alta frequenza del convertitore D/A, di una quantità corrispondente in riproduzione. «Ma aspetta,» sento qualcuno riflettere, «non è la stessa cosa che la curva RIAA faceva su quei presunti vecchi LP che il CD avrebbe dovuto sostituire?» Molto bene! Vi do punti extra e un 10 per il compito! Anche se, per essere precisi, non è esattamente così: è solo metà di ciò che la curva RIAA faceva e fa. Gli LP integrano una routine di enfasi/taglio per la gamma alta (per sopprimere il rumore di superficie) e una routine di taglio/enfasi per la gamma bassa (per ridurre l'escursione del solco alle basse frequenze e quindi aumentare il tempo di riproduzione). Non avendo solchi fisici, i CD non necessitavano del secondo trattamento (e tuttora non ne necessitano); l'espediente è sufficiente per le alte frequenze, essendo necessario per mascherare il rumore. Di conseguenza, l'enfasi/taglio in gamma alta, procedura definita “pre-enfasi”, è stata inserita nello standard Redbook e ogni lettore CD che riporta quell'elegante logo “Compact Disc Digital Audio” dovrebbe essere interamente compatibile.
Bene, ora abbiamo sollevato il velo sulla pre-enfasi, ma la storia non finisce qui. In realtà lo standard Redbook aveva stabilito che la pre-enfasi fosse facoltativa e infatti soltanto alcuni produttori di CD scelsero di applicarla; i lettori avrebbero attivato i loro filtri di de-enfasi (analogici, un aspetto che più avanti si dimostrerà importante) soltanto se avessero individuato un particolare stato nell'indice delle tracce oppure alcuni indicatori nel sotto-codice del disco. Poiché la tecnologia informatica è quella che è -- e, diciamolo, un lettore CD non è che un computer specializzato nella lettura e nell'interpretazione di dati memorizzati su un disco ottico -- la qualità dei convertitori D/A è migliorata rapidamente nel tempo e nel giro di alcuni anni la pre-enfasi è stata ritenuta inutile e, sebbene non del tutto, non viene applicata nei CD di nuova pubblicazione.
Allora perché ce ne preoccupiamo? Beh, perché la pre-enfasi è presente in un discreto numero di prime uscite significative su CD -- non solo di artisti di classica che colleziono, ma anche di icone popolari quali Miles Davis, Bruce Springsteen, Billy Joel, Beatles (Abbey Road, stampa col triangolo nero) e Pink Floyd (comprese almeno un'edizione di Dark Side of the Moon e di The Wall), giusto per fare qualche nome -- e senza compensazione la musica è caratterizzata proprio da quel suono stridulo del quale i discepoli dell'analogico accusano sempre ogni cosa che abbia la parola “digitale” nel titolo. Tuttavia, poiché la pre-enfasi non è obbligatoria ed è stata implementata sporadicamente per un buon quarto di secolo o più, non è in cima alla lista delle preoccupazioni progettuali dei produttori. Pertanto, se avete uno di quei CD “vintage” di cui abbiamo appena parlato, la riproduzione non compensata può verificarsi più facilmente di quanto possiate pensare; nonostante la capacità di de-enfasi faccia parte dello standard Redbook, non in tutti i lettori CD, anche quelli costosi, è stata implementata. Più specificamente, per i nostri scopi, nella pre-enfasi la nostra vecchia nemesi Procuste ha trovato un'arma per contrastare la strategia che, alcuni anni fa, avevo delineato per la sua sconfitta. «Lo sapevo! Sta passando alla storia dell'antica Grecia!» Non si parla in classe, per favore, altrimenti vi farò restare finché non avrete scritto “filtro anti-aliasing Chebyshev” alla lavagna 100 volte.
Se voi due che lo avete letto mi perdonerete un veloce riassunto a beneficio di chi non lo ha letto, nel mio precedente articolo sostenevo l'archiviazione di musica su hard disk come un modo per sfuggire ai problemi del “letto di Procuste” imposti dalla durata in riproduzione dei supporti fisici, che si tratti dell'incapacità dei 78 giri di non poter immagazzinare più di 4 o 5 minuti di musica (e quindi di non poter far ascoltare niente di più lungo senza interruzioni) oppure i circa 25 minuti di un LP o ancora i circa 80 minuti di un CD, obbligando ad accoppiamenti per musica di minore durata. Per esempio: una sinfonia potrebbe essere suddivisa su sei od otto lati di dischi a 78 giri, con pause nel mezzo di ogni movimento che duri più di quattro minuti; una copia su computer potrebbe essere giuntata per ottenere un'unica esecuzione continua. Al contrario, copiate un CD di, diciamo, sonate di Scarlatti su un hard disk, suddividetelo in parti singole e non dovrete più avere a che fare con una “suite” artificiale che il compositore non aveva mai inteso in quel modo.
A meno che, ovviamente, quel CD di Scarlatti non sia di Huguette Dreyfus su etichetta Denon. In tal caso avremmo un problema. Quel disco ha la pre-enfasi.
Vedete, copiare (o “rippare”) i CD con pre-enfasi fa venire fuori un problema nascosto. Ricordate quando ho detto che i filtri di de-enfasi dei lettori CD erano (e sono) dispositivi analogici? In quel contesto essi svolgono bene il loro compito di riaggiustare l'equilibrio in gamma alta. I lettori CD dei computer, tuttavia, sono progettati per gestire dati informatici generici, non per l'audio, e non (almeno non necessariamente) integrano filtri audio analogici. Inoltre l'operazione di ripping di un CD bypassa il feed audio analogico dell'unità ottica e trasferisce i dati digitali dal disco direttamente nel computer attraverso un collegamento interno, un cavo USB o quello che è, e quindi nessun filtraggio di de-enfasi viene mai applicato durante la copia. Anche in riproduzione non viene applicata alcuna de-enfasi dal software audio del computer. Di conseguenza, quello che ascoltate da un CD (con pre-enfasi) “rippato” è quel suono stridulo, acuto, che tutti noi conosciamo e detestiamo. In questi casi copiare la musica su un computer non è una fuga soddisfacente dalla tirannia dei dettami temporali dei CD. Procuste sorride beffardamente.
La bella notizia è che esistono dei metodi per togliergli quel sorriso dalla faccia. In realtà queste tecniche saranno di beneficio anche a coloro che continuano ad ascoltare i CD fisici, se hanno lettori che non individuano né decodificano la pre-enfasi. La brutta notizia è che il metodo è simile a quello di una buona square dance: bisogna lavorarci su. Avendo delineato il problema, ci fermiamo qui per l'intervallo. Siete pregati di ritornare prontamente ai vostri posti quando suonerà la campanella della prossima ora.
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