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Visitatore: Carlo Iaccarino
La mostra si è svolta dal 9 al 12 maggio 2018 presso il M.O.C.,
centro fieristico di Monaco di Baviera, in Germania
Scritto: Maggio 2019
Sito web ricco di informazioni: High
End Society
Eccomi di nuovo a godere della mia fuga annuale a Monaco per lo High End
Show.
Al solito, vi rimando pigramente alle premesse ai miei resoconti del 2014, 2016, 2017 e 2018.
Quest'anno, ho avuto subito la sensazione di un cambio di passo rispetto
alle passate edizioni, a cominciare dalla conferenza stampa: oratori in
piedi sul palco e non dietro al solito tavolone, presentazioni brevi,
informali, poche chiacchiere e pochi dati, giusto quelli che servono per
dare la prova di migliori risultati organizzativi rispetto all'anno scorso
sia quanto ad espositori (551 contro 530) che quanto a spazi chiusi
allestiti (223 contro 198).
Sono tornati a confermare con enfasi che loro, dal MOC, non se ne vanno ed,
anzi, hanno un contratto per i prossimi anni. Ma hanno anche detto che
attendono con interesse il completamento dei frontistanti spazi per fiere
motoristiche, i cui lavori erano ancora lungi dal completarsi, tradendo le
mie fallaci previsioni passate.
Hanno, piuttosto, sottolineato i loro progetti collaterali.
Innanzitutto il loro programma di formazione di rivenditori ed installatori, magari per noi di minore interesse immediato, visto che è rivolto al mercato Tedesco.
Più rilevante è senz'altro il progetto UNheard tenuto
con Dynaudio.
Sono stati selezionati 30 artisti (per ora) non famosi e senza un contratto,
e si è data loro la disponibilità di un completissimo ed
attrezzatissimo studio di registrazione e di affermati tecnici del suono,
per incidere i loro brani, lasciando loro anche tutti i diritti di
sfruttamento commerciale delle registrazioni così prodotte.
All'uopo è stato allestito uno studio mobile ricavato all'interno di
un container, con un lato totalmente trasparente, così gli astanti
possono assistere alla sessione di registrazione e godersi la performance
degli artisti. Per la mostra, hanno parcheggiato questo studio mobile
all'interno del MOC, nello spazio aperto dove c'è anche il
biergarten: non dev'essere stato facile piazzarlo lì dentro.
Sfortunatamente, il clima non è stato dei migliori, quindi non c'era
mai molta gente ad assistere alle registrazioni... Comunque, sul web trovate
vari
video che illustrano il progetto e le registrazioni.
Quest'anno, il brand ambassador scelto dalla H.E.S. è stato
Steven Wilson, musicista prog-rock di fama mondiale... che ci ha
detto di detestare questa etichetta, perché per lui è
sbagliato dividere la musica in generi.
Di recente è balzato agli onori della cronaca musicale per avere
curato diverse riedizioni di album classici del rock, di artisti come King
Crimson, Yes, Jethro Tull ed altri.
Ci ha tenuto a specificare che lui opera un re-mix dei vecchi nastri, non
una rimasterizzazione. Sta molto attento a non applicare una diversa
equalizzazione ai suoni e a non giocare con la dinamica del disco,
piuttosto si accosta ai nastri multitraccia originali con rispetto e, usando
le attrezzature moderne, migliori di quelle dell'epoca, mixa nuovamente le
varie tracce cercando di ridare luce a particolari magari sepolti nella
versione originale. Ci ha detto di detestare l'impostazione attuale che si
da alla fase di mastering, dove si produce un master in funzione
dell'utilizzo principale che si prevede che il pezzo abbia: un master per
roba che si suona in auto, un altro per roba che si sente sul web, e
così via. Invece, quando lui finisce il nuovo mix delle tracce,
praticamente non si passa mai alla fase di masterizzazione: il risultato
finale è quello che lui ha ottenuto col mix delle varie tracce, per
lui suona bene così ed è quella la versione che finirà
nel CD o che verrà resa disponibile al download; ed è quella
anche la versione che passerà in radio (sebbene ogni radio abbia una
sua firma acustica frutto della combinazione fra EQ e compressione
applicati al segnale in uscita, ma questo particolare è stato
lasciato sullo sfondo...).
Un'altra novità molto interessante di quest'anno è stata
l'iniziativa "S
ounds Clever".
La H.E.S. ha invitato gli espositori ad allestire impianti bensuonanti non
più cari di 5.000 Euro; chiaramente per attrarre al settore un
maggior numero di persone e convincerle che non si deve necessariamente
spendere un occhio della testa per portarsi a casa la vera HiFi. Non
è un'idea inedita - se non mi sbaglio si fece qualcosa di simile
tempo fa ad un RMAF negli USA - ma credo sia comunque un'iniziativa
meritevole di plauso, un buon segnale da parte di un'industria spesso vista
come dedicata a produrre trastulli per ricconi (maschi) annoiati.
Ora, capisco che si tratti di una somma che per molti di noi è
già proibitiva, però considerate un paio di cose.
In primo luogo, 5K è il LIMITE SUPERIORE del prezzo dell'impianto;
infatti c'erano anche proposte dal costo molto minore.
Inoltre, fra i 18 (19, secondo il sito web) impianti proposti dai vari
espositori (principalmente dai distributori, figura che più
agevolmente può proporre un bundle di prodotti a marchi diversi) ve
ne erano vari in un certo senso modulari: si inizia coi pezzi
essenziali che vogliamo a tutti i costi (per esempio, cuffie e
amplificatore), e in un secondo momento espandiamo l'impianto con gli altri
pezzi (giradischi, lettore di file audio, ecc.).
Da ultimo, sebbene 5K non siano esattamente spiccioli, l'idea è di
mostrare che un alto livello di QUALITÀ è comunque
raggiungibile: non è una materia di consumo facilmente disponibile,
ma è qualcosa comunque accessibile, ci si può arrivare, sia
pure con uno sforzo, che le belle cose spesso richiedono (e meritano).
Eppoi... la mostra si chiama pur sempre High End :-)
L'ultima cosa che mi ha fatto pensare ad un rinnovamento nell'organizzazione
è stata la campagna pubblicitaria.
Quest'anno, ho visto pubblicità della mostra in molti più
posti, e mi è sembrata visivamente efficace.
Guardate cosa c'era nientemeno che all'aeroporto!
E questa è la grafica riepilogativa dei vari tipi di messaggistica
pubblicitaria organizzata per quest'anno: materiale presente nelle strade
cittadine, lungo le autostrade, alle stazioni, ecc.
Tutto considerato, una campagna molto efficace. Ho avuto l'impressione di
una maggiore visibilità, quest'anno; e vicina alla gente
comune, più che a noi. Mi sbaglierò, ma credo
sia il primo anno che compare una grossa scritta "hi fi show", in
evidente risposta alla domanda: "High End: ma che
è?" che la gente potrebbe farsi guardando la
pubblicità della mostra senza saperne nulla.
Finisco col mio solito, dovuto caveat.
Come ho sempre specificato, io non sono un giornalista di professione, e
scrivo qui solo le mie impressioni, nel tentativo di farvi passeggiare con
me fra i corridoi, le hall e le salette della mostra, come se fossimo amici
che la visitano insieme. Per vostra (nostra) fortuna, alla mostra c'erano
tantissimi veri giornalisti provenienti da ogni parte del globo,
così potremo contare su tanti veri report completi e
professionali sulle varie riviste e siti internet, con un sacco di
fotografie professionali e anche riprese video. Io credo davvero che questi
report meritino grande rispetto, ho visto con quanta dedizione e fatica
vengono fatti e, proprio come voi, non vedo l'ora di leggerli e
guardarli.
Come ho scritto, credo che una grande novità per quest'anno sia stato
il Sounds Clever, proposte di impianti sotto i 5.000 Euro pronti a
produrre musica di buona qualità.
Ecco, quindi, cosa ho visto in proposito. Non sono tutti gli impianti
proposti. Alcuni espositori non hanno preso la cosa troppo seriamente e, pur
avendo preparato la lista dei componenti dell'impianto, poi non l'avevano
assemblato e messo in funzione; in altri casi mi è semplicemente
mancato il tempo di trovarli o di arrivare da loro in tempo utile da
rispettare i soli ristretti intervalli di tempo in cui facevano suonare
quegli impianti. Ad ogni modo, ecco quello che ho visto.
Questo era l'impianto proposto da The High End Company, il distributore
tedesco di Totem Acoustics, per
2.129 Euro (ove non diversamente indicato, leggerete i prezzi riferitimi, al
lordo dell'IVA tedesca al 19%).
L'impianto era composto dai nuovi diffusori attivi KIN PLAY che
accettano in ingresso segnali analogici (RCA o spinotto da 3,5 mm) e
digitali, cablati (ingresso ottico - fino a 24/192) e non (Bluetooth Apt-X);
ad essi si affiancava il subwoofer KIN SUB, oltre accessori (cavo
d'alimentazione per un diffusore, cavo di potenza per connettervi l'altro
diffusore, cavetto ottico, telecomando, piedini in gomma). Si può
inziare a suonare musica da uno smartphone connesso ad un servizio web come
Tidal, e dalla TV connessa col cavetto ottico (tenete presente che molte TV
smart moderne possono suonare i file tramite la rete di casa e il
web), ed in un secondo momento aggiungere una sorgente analogica (in quel
caso, un giradischi con pre-phono incorporato).
Diverso l'approccio di Naim, che,
per 1.199 Euro, proponeva il suo famoso streamer/player all-in-one
mu-so (ma non la nuova versione... forse si tratta di un prezzo
"fino ad esaurimento scorte", anche se non mi sembra esattamente
un affare).
Forse più interessante l'impianto proposto dalla Reson
Per 2.715 Euro la proposta comprendeva il piccolo music server/streamer
Rondo (l'affarino... rotondo che si vede vicino al tablet su cui sta
girando l'app proprietaria per farlo funzionare), il DAC/ampli
cuffie/preamplificatore AMI DDH-1 e le cuffie PerfectSound
d902 (nella foto ne vedete due, perché in effetti questo modello
prevede due diversi padiglioni intercambiabili a seconda dell'utilizzo). Per
me, questo era un impianto che dava una corretta sensazione di valore e un
discreto assaggio di tecnologia contemporanea per l'audio di qualità.
Anche questo impianto può essere progressivamente migliorato, dal
momento che il DDH-1 presenta anche un ingresso analogico (su spinotto
stereo da 3,5 mm) ed un'uscita analogica, alla quale connettere o un paio di
casse attive o un amplificatore (anche integrato: il livello di uscita
può diventare fisso) per pilotare dei diffusori tradizionali
passivi.
Molto più tradizionale la proposta di impianto della Polacca Taga Harmony.
Per 3.591 Euro proponeva un impianto formato dall'amplificatore integrato
HTA-1200 stereo (80W su 8 Ohm) ibrido (12AX7/12AU7 nella sezione pre)
con ingresso phono (MM/MC) e digitale (coassiale/ottico, capace di trattare
segnali fino a 24/192) e presa cuffia; per completarne l'interfaccia
digitale aggiunge il DAC DA-300, capace di trattare segnali sia PCM
che DSD (il chip è lo ESS Sabre ES9018K2M); i diffusori previsti
erano i Platinum B.40, da supporto. Nel prezzo sono inclusi la
cavetteria (USB, di segnale e di potenza, di alimentazione con filtro) e,
per farla ancora più insolita, quel diffusore sonoro che si vede alle
spalle nella foto.
Di stampo altrettanto tradizionale la proposta di SVS, marchio statunitense che si
è guadagnato solida fama per i suoi subwoofer, od ora anche per i
diffusori a gamma intera.
Per 4.624 Euro, l'impianto era composto dai diffusori da pavimento Prime
Pinnacle e dal piccolo, ma potente (800 W) subwoofer attivo
SB-3000 (quello nero, nella foto) le cui regolazioni avvengono a
mezzo di un DSP interno che si comanda con l'immancabile apposita app
da scaricare sul vostro smartphone.
Il tutto era pilotato dal Prime wireless SoundBase, un aggeggio
(nella foto, è lo scatolino con due manopole piazzato sul tavolo fra
i due vasetti di fiori) che incorpora un amplificatore stereo (300 W/ch), un
DAC (192/24), presenta ingressi analogici (RCA e spinotto stereo da 3,5 mm)
e digitali, sia cablati (ottico e ethernet), sia senza filo (WiFi e
Bluetooth Apt-x), nonché uscite linea, per subwoofer e per
cuffia.
Ho ascoltato l'impianto mentre suonava file in streaming da Qobuz e,
considerando lo spazio aperto e rumoroso, mi è sembrato promettente.
Ciò che mi ha più interessato è l'idea che mi sono
fatto che hanno incluso il subwoofer più per onore di bandiera che
per reali necessità visto che il tutto non suonava male neppure a sub
spento: uno spegnimento che potrebbe farvi restare in tasca 1.500 Euro; e,
nel caso, potete sempre aggiungere il sub il Natale successivo ;-).
A metà fra tradizione e modernità, l'impianto proposto da PRO-JECT prevedeva, come
sorgenti, un giradischi a cinghia X2 (ma sul loro sito web compare
solo un modello X 1...), con braccio e testina premontata MM di
derivazione Ortfon ed uno stream box DS2T. Il tutto connesso
ad un amplificatore integrato stereo Maia DS2, da oltre 100 W/ch con
ingresso phono MM/MC, ingressi analogici e digitali (capaci di trattare
segnali fino a 24/192 PCM e DSD 256), cablati e non; a valle si trovava una
coppia di diffusori da pavimento 15DS2. Tutta questa roba, cablaggi
inclusi, era proposta a 4.650 Euro; naturalmente, anche in questo caso si
può iniziare soltanto col vostro smartphone connesso via Bluetooth
Apt-X (o il vostro PC connesso via USB) all'ampli, che a sua volta pilota
le casse, per circa metà importo; o si può scendere anche di
più se vi avanzano un paio di cuffie :-) E col tempo aggiungere i
pezzi che vi servono...
Vorrei esprimere il mio apprezzamento per questa proposta. Mi è
piaciuta la cura posta nell'allestirlo e nel dimostrarlo, ben al di
là dello sforzo di riempire una lista coi pezzi più economici
a catalogo. L'impianto era stato ben installato nel medesimo spazio chiuso
costruito per le demo di un grande e potente modello di tutto-in-uno (DSP,
amplificatore, connessioni e diffusore) di Cabasse, di ben altra caratura e
prezzo, così massimizzando gli sforzi per costruire un ambiente
bensuonante. Inoltre, il suono era piacevole; addirittura forse poteva
essere migliorata la sorgente analogica, il cui suono non mi aspettavo fosse
peggiore di quella digitale. Infine, per l'ascolto dell'impianto erano
previsti degli orari, tutti sempre rispettati con precisione, anche se nella
saletta arrivava gente attirata solo dal megadiffusore di Cabasse e che
finiva per "sorbirsi" nell'attesa anche l'impianto "da
poveri".
Impianto tradizionale, ma molto meno caro, era quello del distributore
tedesco di Indiana Line. Per
1.800 Euro proponeva un impianto formato da lettore CD ed ampli integrato (2
x 50 W, Bluetooth ed ingresso USB) della spagnola Vieta ed una coppia
di Tesi 561, diffusori da pavimento a 3 vie di Indiana Line.
Il suono di questo impianto mi era apparso un po' "loudness",
però devo ammettere che si lasciava ascoltare e, soprattutto, la
musica diventava coinvolgente, col classico piede che seguiva il tempo ;-)
Magari era merito della musica, ma ho avuto comunque l'impressione che
l'impianto faceva proprio il suo mestiere: attrarre gente che è
interessata ad una buona riproduzione domestica del suono, ma non può
contare su grosse finanze, un po' come eravamo noi da giovani... ;-)
L'impianto proposto dalla Giapponese STAX per 2.700 Euro era formato
dalle cuffie elettrostatiche SR-L 700 Pro e dall'amplificatore/DAC
portatile SRM-D10. Non ho ben capito il senso di proporre un
amplificatore mobile, dal momento che quelle cuffie non mi sembravano
le più comode da indossare mentre si passeggia. Però per
queste incompetenti orecchie, il suono era davvero piacevole; magari si
può pensare come un dispensatore di sollievo musicale antistress da
mettere in valigia per il vostro prossimo viaggio d'affari - beh,
sicuramente sarete degli impegnatissimi manager di successo per concepire un
personal stereo di tal fatta;-)
L'amplificatore era connesso ad uno streamer, comandato da un touchpad. In
realtà anche gli altri amplificatori che pilotavano le altre cuffie
in funzione nella saletta erano connessi ad uno streamer, quindi tutti
attingevano allo stesso archivio musicale comandato dallo stesso touchpad,
così potevate scambiare in tempo reale l'ascolto delle varie cuffie
ascoltando esattamente lo stesso pezzo. Un modo simpatico per apprezzare le
differenze fra i vari modelli, ma anche una mossa che denota grande
sicurezza di sé: non temevano che la gente potesse percepire tra i
vari modelli differenze troppo piccole da giustificare la differenza di
prezzo.
La anglo-portoghese Innuos proponeva,
invece, un impianto molto più caro, ma anche più
contemporaneo, formato dal loro server/streamer ZEN Mk3 1Tb e
da un paio di apprezzatissimi diffusori attivi LS 50 wireless di KEF
that, a dispetto delle loro piccole dimensioni, riempivano di suono
l'ambiente. Nel prezzo di 4.811 Euro erano inclusi i cavidi alimentazione,
USB e di rete.
DALI aveva messo su un impianto
per 4.376 Euro formato dai loro diffusori da pavimento a 2 vie Oberon
7 pilotati dal nuovissimo BluOS streaming amplifier M10
della cugina NAD, connessi con il
RM 230 C, modello base dei loro cavi di potenza. Stiloso, compatto e
tecnologicamente avanzato. Non vi so dire molto del suo suono, per via
dell'ambiente rumoroso ma, per quanto possa aver tratto da tale esperienza
di ascolto, mi sembrava un suono bilanciato, talvolta aspro, ma, ancora una
volta, non so dirvi quanto questo dipendesse dai vicini chiacchieroni o
dalla qualità del file riprodotto.
Cocktail Audio proponeva un
impianto composto dal suo ripper/server/streamer X-45 1 TB (ha anche
un ingresso phono MM, un ingresso linea, uscite audio RCA e XLR, il DAC
interno è un doppio Sabre ES 9018QM, e così via...) e dai
diffusori da pavimento attivi nuPro X-6000 della Nubert. Il tutto, oltre cavi XLR ed una
multipresa, entrambi della tedesca In-Akustik, per 4.780 Euro.
Ho notato un gran numero di soluzioni "all-in-one" che
concentravano un sacco di funzioni nei diffusori, una volta visti solo come
l'ultimo anello della catena audio ed ora contenenti l'intero impianto. Ne
ho visti vari, in giro per la mostra, ma uno che mi ha molto intrigato sono
stati i piccolissimi LSX di KEF, diffusorini attivi (con
DSP interno) con ingressi digitali sia cablati (ethernet e toslink), sia
senza filo (Bluetooth Apt-X e Airplay2), possono suonare musica in streaming
dal web (Spotify e Tidal) o dal vostro archivio domestico (DLNA), funzionano
con Roon, ecc. Durante la dimostrazione, Johan Coorg, della Kef, comandava
questi diffusori col suo smartwatch, e mi ha fatto vedere che l'impianto
comprendeva anche un altro paio di LSX nell'ambiente vicino che suonava la
stessa musica in perfetta sincronia, nonostante fossero collegate solo in
wireless: nessuna latenza (in realtà qualche microsecondo, mi ha
detto Coorg - immagino ben al di sotto della risoluzione delle mie orecchie
e cervello). Come al solito, la KEF esibiva anche un impianto completato con
uno dei loro grandi diffusori tradizionali passivi da pavimento; però
le piccole LSX riuscivano comunque a riempire di suono l'ambiente, anche se
non in modo così pieno ed esteso in basso, e vorrei vedere...
Un'altra cosa che ho notato quest'anno è stata che gli espositori
avevano organizzato moltissimi interventi a tema, specialmente dimostrazioni
illustrate dei prodotti - con orari rigidamente predisposti - con gente che
non solo faceva semplicemente sentire la musica, ma illustrava anche come
quei prodotti erano stati pensati, progettati e realizzati, a quali bisogni
dei clienti erano destinati, ecc. Credo che questa sia un'ottima via da
seguire, perché coinvolge gli astanti molto più di una normale
dimostrazione del prodotto in funzione. Tuttavia, molte di queste
interessanti dimostrazioni (direi quasi tutte) si sono tenute in Tedesco, e
solo quando ho auto l'occasione di contatto diretto con i - sempre
gentilissimi e disponibili - responsabili di sala ho potuto avere una
conversazione in Inglese e capire cosa fosse stato detto prima; però
non è un modo che ha la stessa efficacia e, soprattutto, fa impiegare
molto più tempo ad entrambi.
Ora, io capisco che è un mio difetto quello di non conoscere la
lingua del mio ospite.
Ma, visto che questa mostra è il riferimento mondiale del settore, mi
aspettavo comunque che qualcuna (vabbe', molte) delle demo sarebbero state
tenute almeno alternando fra quelle in Inglese e quelle in Tedesco. Di certo
avrebbe agevolato i visitatori statunitensi e britannici, e quelli che
vengono da tutti quei posti in cui gli affari internazionali vengono
abitualmente condotti in Inglese, come i paesi orientali. Si tratta di un
problema che ho avuto solo quest'anno, poiché nelle mie scorse visite
ho potuto tranquillamente seguire molte dimostrazioni, tenute in
Inglese.
Di certo gli espositori avranno saggiamente deciso anche questo aspetto
della loro presenza alla mostra, ed è naturale che vogliano
soddisfare i loro clienti più diretti, il loro mercato interno.
Tuttavia, io credo che questo aspetto della mostra sia uno dei pochissimi -
forse il solo - che avrei cambiato. Lo scrivo principalmente perché
mi è apparso come un difetto che offuscava dall'interno la rilevanza
internazionale della mostra, qualcosa davvero in contrasto con il suo ruolo
come riferimento internazionale di questo settore specialistico. È
come se organizzassimo una mostra internazionale qui in Italia e tenessimo
le dimostrazioni solo in Italiano: chiunque rileverebbe l'incongruenza,
visto che la nostra lingua è molto poco conosciuta al di fuori della
nostra penisola e dei teatri d'opera :-)
Bene, penso che possa bastare come "prima parte". Al solito,
seguiranno altre parti, con meno chiacchiere e più immagini, ma non
chiedetemi quando.
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