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Prodotto: diffusori Cube Audio Bliss A
Produttore: Cube Audio
Prezzo: ca. 5.000 Euro - (il prezzo può variare)
Recensore: Geoff Husband - TNT Francia
Pubblicato: Gennaio, 2018
Traduttore: Roberto Felletti
Spero perdonerete le mie divagazioni nella prima metà di questa recensione, perché, per vari motivi, i veri altoparlanti largabanda ad alta fedeltà sono rari e costosi. Questa dei Cube Audio non è solo una recensione di diffusori, ma è anche un esame degli stessi altoparlanti, che sono disponibili per l'acquisto come componente a sé stante e quindi rappresentano uno sviluppo piuttosto interessante. Se queste cose vi annoiano, potete semplicemente saltare le prime 2.000 parole...
Quando acquistate una radiolina, essa ha un unico altoparlante. Quell'altoparlante deve saper gestire tutte le frequenze della musica - e, comprensibilmente, le gestisce semplicemente ignorandone alcune. L'altoparlante del vostro piccolo lettore MP3 può riprodurre i bassi con qualche trucchetto, ma in realtà non è che un'illusione e non c'è alcuna risposta in gamma bassa. Ovviamente, all'aumentare delle dimensioni dei cabinet e, contestualmente, all'aumentare del diametro del cono degli altoparlanti, diventa possibile muovere un maggiore quantitativo di aria che produce un basso profondo sempre più crescente - grazie, naturalmente, alle dimensioni dei cabinet e ad altri espedienti tra cui il caricamento con condotto “reflex”. Fin qui tutto bene, ma all'aumentare del diametro del cono l'altoparlante diventa inevitabilmente più pesante e relativamente meno rigido, così deve sforzarsi per muoversi in maniera sufficientemente veloce da riprodurre le frequenze più alte.
A questo punto, il progettista ha una scelta. Con un cabinet di dimensioni maggiori c'è lo spazio per poter alloggiare un altro altoparlante, più piccolo, e anziché far gestire tutte le frequenze a un unico altoparlante, si separa il segnale tramite un crossover e si inviano le alte frequenze all'altoparlante piccolo (tweeter) e quelle medio-basse all'altoparlante più grande (woofer). È una complicazione in più, bisogna pagare per un secondo altoparlante, un crossover e progettarli in maniera tale che si abbinino nel miglior modo possibile - sebbene, essendo i due altoparlanti completamente differenti e l'interazione del crossover mai del tutto benigna, poi inizi una battaglia tra compromesso e progettazione per ottenere il miglior suono possibile per il budget e le dimensioni a disposizione.
Ma se il progettista cerca di contenere i costi, egli/ella può “barare”, aggiungendo un piccolo cono al centro di quello principale (un cono “concentrico” - vi piace questo nome? :-) ). Poiché il cono principale viene pilotato avanti e indietro da una bobina posta al suo centro e ha una certa elasticità, succede che alle alte frequenze il centro del cono più grande si muove avanti e indietro indipendentemente. L'aggiunta di un piccolo cono “concentrico” aumenta l'effetto e così le alte frequenze vengono rinforzate. Niente crossover, nessun altoparlante extra, solo un piccolo cono di carta e il gioco è fatto. Se osservate molti altoparlanti per auto, noterete che la combinazione di economicità e compattezza rende questo progetto universale. Una grande soluzione a basso costo.
Ma se approfondite la cosa, forse potreste scoprire che è molto di più di una soluzione a basso costo per il car-audio e i dispositivi portatili. Eliminando gli altoparlanti in più, con le loro differenti caratteristiche e i crossover che li accompagnano, potremmo, in teoria, riuscire a ottenere un suono molto meno contaminato.
Ma c'è un problema - un'idea economica non è economica quando viene spinta ai limiti... Allo scopo di riuscire a ottenere veramente quelle alte frequenze, il cono deve essere molto rigido e molto leggero, e il magnete deve essere molto potente; lo spazio tra il magnete e la bobina (l'“intercapedine d'aria”) deve essere molto, molto piccolo affinché la Densità del Flusso Magnetico (sembra qualcosa che viene da Ritorno al Futuro) sia la più elevata possibile. Questo significa precisione ingegneristica, magneti di elevata qualità, grande cura nella realizzazione (spazi ristretti, ricordate) e scelta oculata dei materiali e del progetto dei coni (principale e concentrico). In effetti, questi parametri sono l'equivalente della ricerca dell'abbinamento tra altoparlanti e crossover in un sistema multivia - effettivamente, il progettista deve ottenere una transizione uniforme, dal punto di vista meccanico, tra il cono principale e quello secondario, per poi accertarsi che la risposta in frequenza si estenda ai limiti superiori del nostro udito. Per riuscire a far funzionare il sistema correttamente servono molti prototipi, che a loro volta renderanno il risultato ancor più costoso.
Il limite opposto dell'intervallo è altrettanto complicato. Quel cono super-leggero non è l'ideale per sparare i bassi e, allo stesso modo, un sistema di pilotaggio (bobina e magnete) ottimizzato per essere molto veloce e per controllare le frequenze fino a 20 kHz non è l'ideale per muovere la grande quantità d'aria necessaria per scendere sotto i 40 Hz. Per poter ottenere quelle basse frequenze con un unico altoparlante, bisogna utilizzare dei cabinet progettati per rafforzare la gamma bassa - che di solito significa grossi, complessi e costosi...
Pertanto, da soluzione per squattrinati l'altoparlante largabanda (che è ciò che abbiamo qui) diventa rapidamente costoso e complesso da produrre e richiede un cabinet costoso per esprimersi al meglio...
Perché l'altoparlante largabanda, se realizzato correttamente, può presentare qualche serio vantaggio. Il primo è che un tipico diffusore multivia utilizza un crossover per separare le frequenze audio da inviare ai due (o più) altoparlanti. Inserire induttori, resistori e condensatori nel delicato percorso del segnale non contribuisce alla sua purezza, presumendo che il crossover sia ben progettato. Inoltre, quei due altoparlanti sono inevitabilmente piuttosto diversi tra loro (di solito ci sono uno o più coni abbinati a un tweeter a cupola) e aspettarsi che si armonizzino tra due gamme di frequenza è chiedere molto. Un altoparlante largabanda teoricamente perfetto eliminerebbe tutto questo.
Poi c'è il discorso della “sorgente puntiforme”. Quando la musica viene registrata, viene raccolta da un ricevitore puntiforme - il microfono. Se riusciamo a riprodurre la musica utilizzando una sorgente puntiforme, tutte le informazioni di fase saranno preservate. Questo significa anche che quando ci spostiamo nella stanza (o se ci sediamo da qualche altra parte) il suono non risulterà alterato se ci avviciniamo a un altoparlante o all'altro. In questo modo si dovrebbe avere un'“immagine” sonora molto stabile e credibile - specialmente quando si ascolta fuori asse.
E infine, la combinazione di un sistema di magneti molto potente, un cono leggero e un ampio cabinet costituisce un diffusore molto efficiente - in grado di generare una pressione sonora molto superiore (100 dB e oltre) a quella di un diffusore tradizionale. Nell'era degli economici amplificatori a transistor questo è stato dimenticato, ma ora, che abbiamo riscoperto i valvolari di bassa potenza e con i minuscoli amplificatori digitali, quei vantaggi stanno tornando di moda...
Ho citato l'“era degli economici amplificatori a transistor” - bene, torniamo indietro prima di quell'epoca - e ancora prima degli amplificatori valvolari di alta potenza, al periodo precedente la Seconda Guerra Mondiale, quando un amplificatore da 10 W era veramente potente e molto probabilmente veniva usato soltanto nel cinema locale. A casa (e qui parliamo soltanto di persone molto agiate) si poteva avere un impianto che erogava ben meno di 10 W, e quindi, per avere una pressione sonora consistente, l'efficienza dei diffusori era imprescindibile. Ripensando a quei tempi, potremmo trovare dei progetti di diffusori che oggi sarebbero considerati seriamente high-end, specialmente trombe grosse come armadi con altoparlanti Voight/Lowther, molto simili a quelli in produzione oggi.
Qual era il punto? Ebbene, non dimentichiamo che stiamo parlando di un periodo precedente l'avvento del nastro magnetico e in cui gli ascolti migliori erano costituiti dalle trasmissioni radiofoniche in diretta, nelle quali nulla era registrato - una linea diretta dal microfono al trasmettitore. Da qui il segnale veniva irradiato sulle onde lunghe; a quei tempi la scarsità di emittenti radiofoniche significava maggiore disponibilità di banda. Non dubito che, negli anni '30, sedersi in un ampio salotto per ascoltare Last Night of the Proms sulla BBC con un'imponente tromba d'angolo Voigt dovesse essere una magnifica esperienza.
Quindi, come sempre, “la necessità aguzza l'ingegno” e già 80 anni fa si pensò a realizzare altoparlanti largabanda high-end e i vari cabinet per ottimizzarli (e incidentalmente le amplificazioni valvolari per pilotarli). Sebbene ci piaccia pensare di essere sempre all'avanguardia, molte apparecchiature prodotte negli anni '30 erano veramente hi-fi, e quello che i progettisti e i produttori fanno da allora è perfezionare i principi ideati dai nostri bisnonni.
Avrete notato i nomi Lowther e Voigt più sopra; questi due inglesi (i genitori di Voigt erano tedeschi) sono tra le figure più importanti dell'epoca. È tuttora possibile acquistare altoparlanti Lowther molto simili a quelli prodotti 60 anni fa, e i principi alla base di concetti quali le trombe Tractrix, i tubi di Voigt e i diffusori TQWT (Tapered Quarter Wave Tube, tubo a quarto d'onda rastremato) furono ideati da loro. Molti appassionati di hi-fi ucciderebbero per una coppia di trombe d'angolo Voigt, e loro cloni sono tuttora in produzione.
Il che ci porta (finalmente) all'argomento di questa recensione - i diffusori Bliss A di Cube Audio e l'altoparlante che si trova al loro interno - il FA8.
È subito evidente che Grzegorz Rulka, di Cube Audio, prega allo stesso altare dei maestri del tempo che fu.
A un primo sguardo, abbiamo un classico altoparlante “Lowtheresco” - un cono di carta leggero con un cono concentrico più piccolo, un bordo in schiuma e un cestello in alluminio. Il pannello frontale è quadrato con gli spigoli arrotondati e la dimensione è quella classica, 8" (20 cm), sebbene il bordo in schiuma, più largo del solito, riduca leggermente la superficie irradiante. Osservando il cono più da vicino, si nota che c'è un consistente rivestimento sulla carta, che conferisce un aspetto quasi “luccicante”; a quanto pare, è stato applicato per isolare completamente la carta dall'umidità. Tutto quello che vedete è stato assemblato impeccabilmente e, sebbene non sia davvero importante, sapere che la costruzione di un altoparlante di questo tipo è curata e precisa trasmette fiducia sulla sua qualità.
Le cose differiscono un po' di più quando si toglie l'altoparlante e si nota che il cestello, anziché essere ricavato da un blocco di alluminio fuso, è formato da sezioni lavorate a macchina e poi imbullonate. Anche qui la lavorazione e le finiture sono perfette, ma è una tecnica che non ho mai visto prima...
Il cestello sostiene il magnete, che è sufficientemente grande senza però avere le dimensioni di un ananas come quelle del magnete in Alnico dei miei altoparlanti Loth-x (fuori produzione da 15 anni). Tuttavia, le dimensioni non sono tutto, e la combinazione di ferrite e di magneti in neodimio genera una densità di flusso pari a 1,9 T (Tesla) - grossomodo quella che Lowther ottenne nel 1949 (che, tra l'altro, è un complimento ;-) ). La bobina è completamente sospesa dal basso (quindi resta sempre immersa nel campo magnetico) e la corsa (la distanza massima a cui può arrivare) è ± 2 mm - non molto per un altoparlante convenzionale, ma il doppio di quello che riuscite a ottenere da molti Lowther - che di per sé significa che essi sono in grado di funzionare meglio con cabinet provvisti di sbocco reflex (se non l'ideale). L'efficienza dichiarata era 92 dB e la curva dell'impedenza era l'ideale per gli amplificatori valvolari di bassa potenza che non scendono mai sotto i 10 Ω.
Tutto questo si somma a un'alternativa ai Lowther (e a vari altoparlanti simili) splendidamente realizzata (sebbene il campo sia piccolo) e a un prezzo molto competitivo. Inoltre, essi sembrano essere un po' più compatibili con cabinet diversi da quelli delle vere trombe - ma ne parlerò più in dettaglio in seguito.
Questi diffusori, disimballati, sono di un bel bianco lucido e, come gli altoparlanti, sembrano immacolati. Il bianco non è un colore facile da gestire, ma il loro aspetto è superbo. Quanto alle dimensioni, sono diffusori che io definisco “torri medie”, che significa che in confronto ai miei Loth-x Polaris sembrano dei nani.
Mi era stato detto di non far caso alle finiture, perché si trattava di prototipi che avevano viaggiato un bel po' - non riesco a immaginare come possano essere migliorati. I connettori erano eccellenti e avevo pensato che il prezzo dei diffusori dovesse aggirarsi sui 5.000 euro (non avevo idea di quanto costassero), dal punto di vista dei materiali impiegati.
Essi sono venduti come “trombe a caricamento posteriore”, ma in realtà sono descritti meglio come diffusori TQWT - un tubo di Voigt ripiegato in cui l'altoparlante è caricato tramite un condotto rastremato che migliora anche la risposta in gamma bassa. Gli interni sono alquanto più semplici da costruire rispetto a una tromba vera (ne ho costruite un paio), ma secondo me trombe così piccole non riescono a riprodurre un basso accettabile e tutte le “trombe piccole” sono, a tutti gli effetti, dei TQWT o qualche specie di progetto ibrido tromba/reflex, come gli Acuhorn che ho recensito alcuni anni fa. Sospetto che la parola “tromba” suoni più affascinante sul mercato. ;-)
Ma questa non è una critica - come ho lasciato intendere, diffusori di queste dimensioni è meglio che siano dei TQWT, che di per sé possiedono alcune caratteristiche molto interessanti. Generalmente, essi sono leggermente meno efficienti delle trombe corrispondenti e producono un basso che si attenua prima ma in maniera molto più graduale - mentre una tromba può essere costruita per risultare ragionevolmente lineare nel punto in cui essa raggiunge il suo limite inferiore per poi precipitare, come un avvoltoio abbattuto da un'Uzi; con un diffusore TQWT i bassi si attenueranno gradualmente, così a 40 Hz ci sarà ancora una risposta accettabile.
Prima di tutto ho provato i Bliss nel mio soggiorno, confrontandoli con i Loth-x Polaris. Non ho idea di quanto costino, oggi, questi favolosi diffusori, se fossero ancora disponibili, ma resterei sorpreso se non superassero la soglia dei 10.000 euro; quindi, il confronto era un po' come Davide contro Golia. Pilotati dal mio Ayon Crossfire e dalla catena Blackbird/SME V12/Dynavector DRT, i piccoli “Cube” erano di gran lunga il componente più economico dell'impianto.
Va bene la teoria, ma nel caso dei Bliss essi si sono comportati esattamente come mi sarei aspettato da dei diffusori TQWT realizzati alla perfezione... I Polaris avevano esibito velocità in gamma bassa e impatto come ci si aspetta da delle trombe, e il suono era semplicemente più grande. Ma sotto tutti gli altri aspetti, i Bliss suonavano in maniera molto simile - simile dettaglio, favolosa immagine e così via. L'efficienza era ben al di sotto dei 103 dB dei Polaris, ma era prevedibile - ipotizzerei sui 95, al massimo. Ma, più importante di tutto, sera dopo sera stavo seduto ad ascoltare i Bliss senza desiderare disperatamente di tornare ai Polaris - talmente erano ben suonanti.
Le misurazioni effettuate con i miei strumenti di base avevano confermato ciò che sentivo - una risposta molto lineare dai 200 Hz in su, con una grande estensione in gamma alta che imbarazzerebbe alcuni tweeter (che spesso sono attenuati perché troppo aspri). Intorno ai 150 Hz c'era un accenno di risucchio in gamma bassa, ma non è infrequente e potrebbe dipendere dall'ambiente d'ascolto. Mentre i Polaris scendevano in basso fino a 60 Hz e poi abbandonavano la nave, i Bliss scendevano gradualmente dai 200 Hz e, in realtà, a 50 Hz avevano una risposta maggiore dei Polaris. Il risultato era che il basso suonava leggero in confronto ai Polaris, sebbene i giri di basso fossero percepibili abbastanza chiaramente. Data la grossa differenza di dimensioni (i Polaris devono avere un volume quattro volte maggiore) era una bella prestazione, ma quel basso che scende gradualmente ha decisamente i suoi vantaggi...
Alcuni diffusori reflex vi prendono in giro, nel senso che hanno un buon basso con un salto intorno agli 80 Hz o giù di lì - il che va bene ed è buona cosa a meno che quel salto non coincida con qualche risonanza ambientale o con qualche difetto dell'impianto (come una risonanza nel giradischi o nel supporto). Avere un'attenuazione in gamma bassa così pulita significa avere meno probabilità di andare incontro a problemi ambientali, e se la vostra stanza è affetta dalle risonanze, allora esse saranno molto più tollerabili e il basso leggero si adatterà quanto prima. I diffusori di piccole dimensioni - specialmente a cassa chiusa - adottano lo stesso trucco, ma non hanno la dinamica di diffusori più grossi.
La mia stanza è relativamente “sorda” acusticamente, e quindi avevo iniziato a giocare con il posizionamento. Anche in questo caso, la graduale attenuazione permette di sistemare i diffusori a ridosso delle pareti, o anche negli angoli, per rinforzare la gamma bassa con minori probabilità di sviluppare rimbombi.
E così avevo fatto. Alla fine, ero giunto a un compromesso e avevo scoperto che sistemare i Bliss a 50 cm dagli angoli rinforzava considerevolmente la gamma bassa senza compromettere l'eccellente immagine. Li avevo anche disposti convergenti affinché si incrociassero a un metro dalla posizione d'ascolto; questa disposizione manteneva la risposta molto uniforme e permetteva un trucco speciale che solo buoni diffusori monoaltoparlante sembrano tirare fuori.
Poiché la gamma alta è più direzionale di quella di un diffusore tradizionale, convergendoli di fronte al punto di ascolto se ne perde un po'. Ora, se vi spostate a destra, diciamo di un metro, la risposta del diffusore sinistro aumenterà (perché adesso punta dritto verso di voi), mentre la risposta in gamma alta del diffusore destro (verso il quale vi siete spostati) in realtà diminuirà. Se avete azzeccato il punto di incrocio esatto (e qui dovete fare delle prove), avrete la sorprendente illusione che l'immagine resti perfettamente al centro dei diffusori, anche se vi spostate dal centro. Non solo quello; sembra anche che osserviate un'immagine 3D lateralmente - è qualcosa che colpisce e io, spesso, preferisco questa posizione decentrata. Il fatto che i Bliss facciano questo trucco è un loro pregio, specialmente perché dimostra che hanno un buon controllo della fase.
Nell'impianto che ho in soggiorno, uso un subwoofer impostato a basso livello e con una rapida attenuazione sopra i 50 Hz, giusto per rinforzare la risposta dei Polaris. Di nuovo, la pulita attenuazione dei Bliss aveva permesso una loro facile integrazione con il subwoofer (con un valore di taglio un po' più elevato e una risposta leggermente più elevata); il tutto aveva funzionato davvero molto bene.
A questo punto, ero rimasto completamente conquistato dai Bliss. Sì, preferivo i Polaris, ma era appunto una preferenza, non una sconfitta e se avessi avuto bisogno di diffusori più piccoli, o se la mia stanza non fosse stata così grande (5 m x 6 m), allora i Bliss sarebbero stati dei compagni con cui avrei convissuto volentieri; in 15 anni, nessun altro diffusore ha mai superato questo test...
Ma per varie ragioni (non ultime quelle domestiche), mettere sottosopra l'impianto del soggiorno per ogni recensione è “impopolare”, così i Bliss erano stati trasferiti nella nostra “sala musica”.
Un'occhiata alla foto mostra che, ancora una volta, i Bliss erano messi a confronto con degli imponenti diffusori da pavimento, in questo caso gli Opera M-15 - diffusori grossi e dall'aspetto classico, con woofer da 15" (38 cm) e una bella tromba a campana che carica un altoparlante a compressione - una configurazione piuttosto “pro”, ma di un tipo usato in molti diffusori domestici, spesso vintage.
Naturalmente, i Bliss erano di nuovo in una stanza grande - questa volta non solo di dimensioni maggiori (6 m x 8 m), ma anche sprovvista di soffitto piatto - anzi, si alza fino alla sommità del tetto. Ciò comporta molta aria da spostare e molti diffusori si perdono; gli Acuhorn, diffusori con pretenziosità simili, semplicemente non ce l'avevano fatta.
E sì, in un confronto diretto il suono dei Bliss, inizialmente, era piccolo e si “perdeva” un po' nella stanza. Ma a mano a mano che mi abituavo, iniziavo ad apprezzare il fatto che i Bliss non si “perdevano” affatto. Non sono progettati per ambienti così grandi e non avranno mai la dinamica di un altoparlante da 15", ma di nuovo ero stato conquistato dall'eccellente dettaglio e da un'immagine che, sebbene meno pronunciata e aperta degli M-15, riusciva comunque a riprodurre un palcoscenico estremamente stabile, senza traccia di artificiosità, che permetteva di percepire ogni particolare.
Il basso era di nuovo veloce e armonioso, fintantoché non si cercava il pelo nell'uovo. E - ancora - l'aggiunta di un piccolo subwoofer contribuiva molto senza distruggere l'integrità del suono.
È qui che i Bliss, e diffusori simili, iniziano a mostrare perché alcuni appassionati sostengono i propri compromessi progettuali sopra tutti gli altri. Gli M-15 sono meravigliosi diffusori di razza, ma a parte il fatto che il loro altoparlante a compressione copre un'estensione ben maggiore di molti altri altoparlanti, la differenza all'ascolto tra le trombe e gli altoparlanti da 15" era evidente per tutti. I Bliss avevano manifestato marcatamente questa differenza con le voci femminili, riproducendo la voce umana in maniera del tutto convincente; gli M-15 “urlavano” in gamma media e si compiacevano, relativamente, in gamma bassa. I fiati, come il clarinetto jazz e altri strumenti come, soprattutto, il pianoforte, dimostravano ulteriormente quanto validi fossero i Bliss. Alzare il volume faceva lavorare decisamente i TQWT, così, a volte, gli M-15 sembravano un po' affaticati, anche se la dinamica e la pressione sonora totale erano maggiori.
L'amplificatore utilizzato era un Opera 300b PP che, naturalmente, aveva potenza da vendere, ma anche passando al piccolo Yamamoto “45” da 2 W in configurazione single-ended, la pressione sonora restava accettabile. In una stanza di dimensioni più convenzionali, l'accoppiata Yamamoto + Bliss sarebbe un ottimo abbinamento per livelli di ascolto normali (non spaccatimpani).
Allora, con due stanze e due impianti molto diversi tra loro, come potevo stabilire cosa questi diffusori erano in grado di fare? In un certo senso, è stato più facile stabilire cosa non erano in grado di fare. Lungo tutto l'intervallo di frequenze sono estremamente uniformi. Una volta che si sorvola sulla lieve leggerezza del basso, essi sono privi di quel picco in gamma media che affligge alcuni altoparlanti largabanda, e la gamma alta poi si estende fluidamente e uniformemente fino al limite superiore dell'udito umano. Da un punto di vista soggettivo, non ci sono “asperità” che rovinano l'illusione di ascoltare vera musica. Si dà il caso che l'orecchio umano si adatti in fretta allo sbilanciamento (leggerezza in gamma bassa, ad esempio), mentre non può farlo per la disuniformità.
L'utilizzo di un unico altoparlante conferisce una transizione tonale senza interruzioni, dal basso verso l'alto - non si ha la sensazione dell'attacco di un tweeter, né l'impressione che le percussioni acute (piatti, ecc.) provengano da un punto diverso da quello di origine del resto della musica. La dinamica è buona e migliora all'aumentare del volume (dinamica e volume non sono la stessa cosa ;-) ) - apparentemente, i diffusori richiedono poco volume per prendere davvero vita, ma stiamo parlando di un volume che molti di noi definirebbero ascolto ragionevolmente basso; a livello di sottofondo, il suono potrebbe inevitabilmente collassare un po' dentro i cabinet, ma per gli amanti della musica difficilmente sarebbe un problema. A volumi più elevati, i diffusori ce la fanno tranquillamente fino al punto in cui la compressione inizia a manifestarsi, ma questo avviene con grazia, senza causare danni.
Questa capacità a 360° è più evidente con la voce umana, perché tutti noi sappiamo esattamente come essa dovrebbe suonare. Niente mette alla prova un diffusore quanto la voce umana femminile; molte suonano semplicemente artificiali o solo “strane” - sotto questo aspetto, i Bliss riescono davvero molto bene. Suonano naturali, senza sforzo e riproducono un'immagine che è semplicemente a “misura d'uomo”. Ascoltare qualcosa di relativamente non manipolato - molti di voi avranno qualcosa di Norah Jones - è abbastanza rivelatore, e naturalmente i Bliss vi mostreranno dove la sua voce non è del tutto armonizzata, ma anche quali delle voci armoniche sono state sovraincise e pure quante volte ;-) ; è questo genere di particolari che spesso va perso con diffusori più convenzionali e che conferisce una vera trama all'esibizione, il che significa che vorrete ascoltare ancora e ancora, per cogliere le più piccole sfumature.
Questi diffusori sarebbero la prima scelta per l'heavy-metal? No. E nemmeno sarebbero la mia prima scelta per ascoltare Wagner ad alto volume, ma sarebbero abbastanza accettabili in entrambi i casi, specialmente se accompagnati, discretamente, da un subwoofer di qualità. Nel complesso sono buoni diffusori tuttofare, ma alcune cose le fanno eccezionalmente, come ho descritto. Secondo me, una tale versatilità, senza vere debolezze, li contraddistingue.
Innanzitutto, i diffusori.
I Cube audio Bliss sono i diffusori monoaltoparlante più piccoli e raffinati che abbia ascoltato, e con un discreto margine. Giustificano l'uso del TQWT e offrono tutti i vantaggi della configurazione ad altoparlante singolo, con pochissimi svantaggi. Nei miei due ambienti d'ascolto (entrambi più grandi dell'ideale) hanno funzionato molto bene - in una stanza più piccola, dove qualcosa come i Polaris sarebbe improponibile e probabilmente eccessivo, il risultato sarebbe stato anche migliore. Per la musica, in realtà li ho preferiti agli M-15, perfino in quel granaio che è il mio soggiorno. Per coloro che sono legati all'idea delle valvole e degli altoparlanti largabanda, essi sono l'ulteriore conferma delle potenzialità del concetto, e molti che dispongono di stanze piccole (diciamo da 5 m x 5 m in giù) troveranno poco di meglio, a qualunque prezzo.
Se li si confronta con diffusori tradizionali, le conclusioni sono più difficili. Con 5.000 euro si possono comprare un bel po' di diffusori tradizionali - sia quelli estremamente grossi con molti altoparlanti sia quelli più piccoli con altoparlanti e crossover di elevata qualità, come i Trivox che ho provato qualche anno fa. Secondo me, i diffusori piccoli non offrono nulla di più dei Cube, e poiché i Bliss sono a loro agio se posti relativamente vicini alle pareti, in realtà occupano meno spazio di diffusori piccoli messi su stand. I grossi diffusori multivia sono un altro paio di maniche: gestiscono potenze maggiori, sviluppano una pressione sonora e hanno un “impatto” ben maggiori dei Bliss, ma al prezzo di restare, in realtà, molto indietro quando si tratta di riprodurre musica - in particolare se pensate di trascorrere ore ad ascoltare anziché di dare una festa di mezz'ora. Come ho già detto sopra, i diffusori si comportano molto bene anche con un subwoofer, poiché la loro molto graduale attenuazione vi permette di integrare un subwoofer di qualità, senza salti né risonanze. La condizione è che il subwoofer deve essere di elevata qualità e molto “veloce” - qualche avanzo di un sistema home-cinema da poco suonerà come Barry White e rovinerà quello che state cercando di fare, che è sostanzialmente stimolare un po' le basse frequenze. Qualcosa come il mio REL Stadium potrebbe sembrare eccessivo, ma la flessibilità offerta dalle impostazioni del suo crossover lo rendeva l'ideale.
Molte aziende acquistano altoparlanti di elevata qualità da produttori quali Lowther, Fostex, AER e simili, e naturalmente non c'è niente di male. Ma ciò che Cube Audio ha fatto è stato non solo produrre un nuovo tipo di diffusore, ma anche un nuovo altoparlante, reso disponibile ad altri produttori e agli autocostruttori. Esso ha caratteristiche che lo rendono più ampiamente utilizzabile rispetto ai Lowther (la corsa maggiore, per dirne una), caratteristiche che non mancheranno di entusiasmare i lettori provvisti di seghetto del traforo e di un po' di tempo libero. Effettivamente, ho riflettuto a lungo sull'idea di costruire una grossa tromba largabanda, e l'altoparlante Cube FA8 sarebbe l'ideale. Non solo quello, ma Cube Audio ha piani ambiziosi per realizzare altri altoparlanti e ha già in produzione un secondo altoparlante - il FC8, che presumibilmente sarà ancora migliore; spero che presto ne abbiano a disposizione un paio per un confronto (tornate a visitare queste pagine). Con quest'idea in mente, seguirà una recensione più tecnica di entrambi gli altoparlanti.
Quindi, congratulazioni sotto tutti gli aspetti a Cube Audio, che non solo ha prodotto un nuovo altoparlante e nuovi diffusori, ma che è riuscita anche a rendere davvero speciale la sua prima realizzazione...
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