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Prodotto: pre-phono SW1X LPU-II
Produttore: SW1X - Regno Unito
Prezzo (indicativo): € 5.000 - (il prezzo può variare)
Recensore: Geoff Husband - TNT Francia
Pubblicato: Marzo, 2018
Traduttore: Roberto Felletti
Alcuni componenti sono facili da recensire: i diffusori presentano differenze evidenti che semplicemente si notano subito; spesso per i giradischi è la stessa cosa. Ma la verità è che, sebbene queste macroscopiche differenze siano facili da descrivere fino al punto in cui la recensione si scrive da sola, spesso esse sono meno che fondamentali. Per esempio, un diffusore con la gamma media in evidenza suonerà “medio”, ma l'orecchio si adatta in fretta e, nella maggior parte dei casi, diffusori simili suoneranno sempre più “piatti” a mano a mano che il tempo passa, facendovi sembrare smorto alla fine, in confronto, il suono della prossima coppia di diffusori che acquisterete; è la vecchia sindrome dell'avere una mano in acqua calda e l'altra in acqua fredda (assuefazione è il termine corretto).
Tuttavia, alcuni componenti mostrano differenze molto minori, ma a lungo termine tali differenze tendono a essere assolutamente fondamentali. Un componente del genere è lo stadio phono; ammesso che fornisca una soddisfacente correzione RIAA, un buono stadio phono all'inizio suonerà tanto quanto un altro. E tuttavia, dopo una serata di ascolti scoprirete spesso di preferirne fortemente uno rispetto a un altro; solo che in questo caso il misero scribacchino deve trovare un modo per cercare di descrivere piccole ma fondamentali differenze, e questo non è facile (o, almeno, per questo recensore non è facile).
A questa difficoltà di base bisogna aggiungere il fatto che la prestazione di uno stadio phono dipende dalla sinergia tra esso e la testina, e anche con i cavi utilizzati. Dopotutto, si tratta dello stadio di amplificazione che gestisce i segnali più piccoli e deboli, e minime modifiche dei parametri, come l'impedenza, o persino del supporto, possono influire notevolmente. Di conseguenza, scrivere una recensione con delle affermazioni definitive sulle sue capacità quando si ha a disposizione, nella migliore delle ipotesi, soltanto una manciata di testine o affini tra tutte le combinazioni possibili, nell'ordine delle decine di migliaia, sembra un'impresa impossibile.
Se questa suona come una scusa, così sia; ma è il mio tentativo di essere al contempo sincero e di mettere le mani avanti per quello che seguirà; “il prezzo può variare” non è mai stato così appropriato...
Esistono molti modelli diversi di pre-phono, ma tutti cercano di prelevare i deboli segnali raccolti dalla testina e amplificarli a livello linea, oltre a correggere la loro curva RIAA. Per molte persone, il pre-phono migliore in assoluto può essere realizzato solo utilizzando le valvole, e quello definitivo è uno stadio interamente single-ended, zero-feedback, con rettificazione a valvole e cablaggio diretto: proprio quello che abbiamo qui, un cabinet bello grosso, pieno di valvole luccicanti e di trasformatori pesanti. Per le specifiche tecniche complete vi rimando al sito della SW1X, che è molto più esauriente di quanto possa essere io.
Il “cabinet bello grosso” non è che la metà del tutto; questo stadio phono pesa 11 kg e con le sue dimensioni (altezza 130 mm x larghezza 330 mm x profondità 400 mm) è talmente grosso (soprattutto in profondità) da non poter essere sistemato in alcuni mobili porta-elettroniche. Lo stesso cabinet è costruito in maniera molto robusta e assomiglia molto a un cabinet Audio Note: dimesso, di classe e costosamente sobrio, con un unico fioco LED come decorazione. Dietro ci sono i soliti connettori RCA per ingresso e uscita e il connettore per la massa, tutti di qualità molto elevata, con la solita vaschetta IEC e l'interruttore di accensione/spegnimento. L'impressione generale, sia esternamente sia internamente, è che si tratta di un prodotto costoso, assemblato in maniera stupenda. Da parte di un'azienda nuova, è qualcosa di notevole. Non è un prodotto enormemente innovativo, bensì solo un'interpretazione del tradizionale stadio phono a valvole.
Prima ho citato la Audio Note ed è chiaro che siamo in presenza di un vero e proprio concorrente in quel mercato esclusivo, per cui ero molto interessato alle prestazioni di questo stadio phono data la mia esperienza con il pre-amplificatore Audio-Note M3, che utilizzava uno stadio phono integrato non così diverso.
Per complicare ulteriormente la vita, il pre-phono LPU II ha la caratteristica, abbastanza tipica negli stadi phono high-end, di supportare solo testine MM, il che significa che è necessario inserire uno step-up tra la testina e lo stadio phono, oppure usare soltanto testine con uscita elevata. Poiché molte costose testine MC, che probabilmente verranno utilizzate con un pre-phono di questo livello, hanno una bassa uscita, ciò significa che la recensione deve tenere conto di un'altra variabile...
Fortunatamente, nella mia collezione di apparecchiature ci sono alcuni componenti che hanno aiutato un po'. ;-) Il primo, e forse il più significativo, è stato la Music Maker Classic. Si tratta di una particolare testina a “ferro mobile”, basata su un vecchio progetto Grado e molto ma molto pesantemente modificata, con bobine in argento e uno stilo di tipo line-contact. Questa testina è una specie di oggetto di culto nei circoli dell'amplificazione valvolare, non ultimo perché la sua uscita rientra nella classe delle MM standard e quindi è in grado di pilotare direttamente gli stadi phono come l'LPU.
Il secondo componente risale a quando la Dynavector mi aveva inviato la testina DRT 1t per una recensione, accompagnandola con il suo step-up attivo (il DV-PHA-100), un amplificatore di corrente; se la stessa Dynavector lo ritiene l'abbinamento ideale per quella che viene considerata la migliore testina del mondo, allora dovrebbe riuscire a pilotare abbastanza bene l'LPU. So che molte persone usano dei trasformatori step-up qualunque per questo compito, ma avere a disposizione uno step-up specificatamente progettato per la DRT ha eliminato questa importante variabile dall'equazione...
Inoltre, avevo un'economica testina MC ad elevata uscita, nelle vesti di una Ortofon X5, ma ad essere sinceri l'avevo usata soltanto nella preliminare fase di rodaggio e, sebbene l'accoppiata funzionasse bene, non era allo stesso livello delle altre opzioni.
Per effettuare dei confronti, avevo dovuto tirare fuori una serie di stadi phono molto conosciuti. Il Lehmann Black-Box SE e lo Slee Gold sono entrambi degli ammazza-giganti, ma il gigante della compagnia era semplicemente un po' troppo grosso. I miei ricordi (e appunti) recenti dell'M3 erano ancora rilevanti, ma inevitabilmente l'LPU si era trovato a confronto principalmente con il mio ESE Nibiru, uno stadio phono a transistor, solo MC, che ha mantenuto un netto distacco tra sé e qualsiasi altra cosa che abbia varcato la soglia di casa mia nel corso degli ultimi dieci anni, e che è decisamente più costoso dell'LPU.
Adesso basta con i preamboli, questo stadio phono è la semplicità messa in pratica. È sufficiente collegare il cavo del giradischi, l'uscita linea all'amplificatore e il cavo di terra, poi azionare un interruttore posto sul retro (perché non davanti?) e siete a posto. Un piccolo LED si illuminerà, qualche secondo di riscaldamento e poi il sibilo molto debole della testina. Ed è importante, perché, diversamente da molti stadi phono, specialmente a valvole, questo è veramente molto silenzioso. Sembra anche essere meno sensibile al ronzio di massa e a disturbi simili, un problema che affligge il Nibiru fino al punto di trovarlo inutilizzabile con certe combinazioni.
Le impressioni iniziali erano state molto positive; il pre-phono mostrava tutto il dettaglio e tutta la velocità del Nibiru con un rumore di fondo leggermente minore. Trasmetteva una leggera sensazione di maggior “calore”, ma non lo definirei un pre-phono dal suono caldo, in effetti meno di tanti pre-phono a transistor che ho avuto. Avevo trascorso molto tempo confrontando il mio vecchio pre-amplificatore Audio Note M3 con il Nibiru, prima di acquistarlo, e l'LPU sembrava offrire un insieme di capacità simili a quelle dell'M3; immagino che la cosa non sorprenda, date le somiglianze tra i due stadi phono. Tuttavia, i lettori sapranno che, alla fine, l'assoluta trasparenza e il dettaglio del Nibiru (oltre al fatto che rendeva le recensioni più facili) erano bastati per acquistarlo per mio uso personale. Ma ora c'era la sensazione che, in qualche modo, l'equilibrio si fosse spostato un po' e avevo scoperto di preferire sempre di più l'LPU.
Non lasciatevi ingannare, questo è uno stadio phono dalle serie pretese high-end. Per questo motivo lo avevo utilizzato nell'impianto principale con il Dr Feickert Blackbird più braccio SAT che monta la grossa Dynavector e lo stesso giradischi con braccio Audiomeca Septum con testina Music Maker... L'amplificatore era un Ayon Crossfire che pilotava trombe Loth-x Polaris. In aggiunta, il pre-phono era stato provato anche nell'impianto che uso per le recensioni, costituito dal giradischi Goldnote Mediterraneo con testina Tuscany; come step-up, anche qui il Dynavector PHA-100. Avevo provato la Tuscany anche direttamente, nella speranza che la sua uscita a 0,4 mV fosse sufficiente, ma il suono era leggero e con troppo poco guadagno; avrei dovuto saperlo... Tuttavia, l'iniziale periodo di rodaggio aveva alquanto capovolto la recensione...
Mentre l'LPU era in rodaggio, l'avevo usato con il giradischi Opera LP5.0 che montava una vecchia testina Ortofon X5; il pre-phono aveva suonato bene da subito, così bene che era un testa-a-testa con la combinazione Goldnote/Lehmann Black Cube. A questo punto avevo dovuto sedermi e prestare attenzione, poiché i due giradischi erano di qualità simile, ma la testina montata sul Goldnote costava 15 volte la Ortofon X5; l'LPU era talmente superiore al pre-phono Lehmann da riuscire a elevare quell'economica MC in plastica mettendola in condizione di tenere testa a una bobina mobile da 4.000 euro! Ora si potrebbe affermare che il costo totale (testina più stadio phono) era più o meno su questo livello (sebbene l'accoppiata X5/LPU costasse un 40% in meno), ma ciò era la dimostrazione lampante dell'importanza di uno stadio phono.
Quindi, sentivo che era ora di fare ulteriori esperimenti. Una delle mie ultime scoperte “ammazza-giganti” è stata la testina MC, a basso livello di uscita, Hana SL che, per 700 euro, è un'agguerrita concorrente nel mercato high-end. Pertanto avevo contattato la Hana, che mi aveva inviato cortesemente un'altra testina per condurre questa prova specifica. Questa testina è disponibile anche nel modello ad elevato livello di uscita, ma per la recensione ho utilizzato lo step-up Dynavector (non più disponibile, ma per 600 euro il Graham Slee Elevator offre prestazioni molto simili).
Capite cosa stavo cercando di fare? In un impianto avevo uno stadio phono molto considerato (il Lehmann) che costa circa 800 euro, accoppiato con una testina da 4.000 euro, che so essere una delle migliori che si possano acquistare; nell'altro impianto c'era una testina da 700 euro accoppiata con l'LPU (3.500 euro) e uno step-up da 600 euro. Pertanto, un confronto diretto tra due combinazioni ugualmente costose, ma con una ripartizione del denaro completamente diversa.
Il risultato era stato rivelatore e determinante; l'impianto con l'LPU si era dimostrato superiore sotto ogni aspetto. Nulla aveva falsato il risultato; con tutti i generi musicali l'impianto con l'LPU dava semplicemente una sensazione di maggiore completezza: palcoscenico migliore, maggiore dettaglio su uno sfondo più silenzioso (che, tra l'altro, c'entra poco con il rumore di fondo) e una sensazione di facilità di ascolto che solo un prodotto di alta classe può offrire.
Giusto per cattiveria, avevo sostituito l'LPU con il Nibiru, ottenendo il medesimo risultato.
Pertanto, ecco la risposta a una domanda piuttosto importante (che nessuno ha posto... ;-) ). Se si hanno a disposizione, diciamo, 5.000 euro da spendere per una testina e uno stadio phono, allora un prodotto di gran classe come l'LPU o il Nibiru offrirà una qualità migliore rispetto all'altra combinazione. La ciliegina sulla torta è rappresentata dal fatto che, poiché probabilmente una testina dovrà essere sostituita dopo circa 1.000 ore di funzionamento, anche i costi di esercizio saranno decisamente minori. Suppongo che avrei dovuto fare questo tipo di prova tempo fa, ma è andata diversamente...
Ma ora passiamo all'evento principale e all'ascolto critico; i confronti sono stati effettuati utilizzando l'impianto principale.
La combinazione LPU/Dynavector era semplicemente magnifica all'ascolto. In questo periodo dell'anno è difficile per me trovare il tempo per sedermi e ascoltare, ma in qualche modo sono riuscito a dedicare alcune sere agli ascolti quando, invece, avrei dovuto lavorare. C'era quella piacevole sensazione di riuscire a immergersi nella musica. Naturalmente, mi sono abituato, nel corso degli anni, a una caratteristica simile grazie al Nibiru, per cui non posso parlare di una qualche specie di rivelazione in questo caso; anche lo Slee Gold presenta una caratteristica analoga, ma è qualcosa che mancava a molti stadi phono che ho avuto.
Quando siamo in presenza di uno stadio phono di questo livello, non parliamo di grande velocità in gamma bassa, immagine fantastica e cose simili (dovrebbero essere scontate e, naturalmente, l'LPU le possiede tutte); in definitiva non suona affatto, come se non ci fosse, ed è proprio così che dovrebbe essere.
Ho dovuto davvero faticare, per questa recensione, per stabilire esattamente cosa riescono a fare questi pre-phono di alta classe e per spiegare le differenze tra essi, e durante una notte insonne mi è venuta in mente la seguente analogia, che potete considerare come più vi piace.
Molti di voi sono sicuramente andati da un optometrista. Vi sedete e l'optometrista vi mette quei buffi “occhiali” pesanti, iniziando a mettere e a togliere delle lenti rotonde. A un certo punto, riuscirete a vedere molto bene - a leggere tutte le righe - dopodiché l'optometrista inizia a provare lenti con leggerissime differenze di gradazione e a ruotarle per ottenere la maggiore nitidezza possibile. Poi si arriva a un punto in cui la visione è nitidissima, la differenza tra quello e il “quasi esserci” è sottile ma del tutto fondamentale. In seguito si va un po' troppo oltre e, sebbene tutto sia perfettamente a fuoco, sentite che gli occhi cominciano a sforzarsi e che nel giro di mezz'ora vi verrà mal di testa.
Confrontare degli stadi phono di alta classe è ESATTAMENTE la stessa cosa. Avete qualcosa che è letteralmente nitido e poi lo cambiate, e quella nitidezza migliora ulteriormente, rendendo l'ascolto ancor più rilassante; quello è il punto “ideale” che state cercando di ottenere e che, una volta ottenuto, è evidente. Poi c'è lo stadio phono del tutto brillante, con precisione e dettaglio incredibili e con ogni cosa a fuoco, ma... è come quella lente che è appena poco più potente, e dopo circa mezz'ora o un'ora lo trovate un po' affaticante.
Ora considerate gli stadi phono che abbiamo qui: lo Slee Gold c'è, semplicemente - a fuoco e piacevole - ma l'LPU è come quell'ultima lente che l'optometrista vi ha fatto provare e che vi fa esclamare “sì, è perfetto!”
Ma poi c'è il Nibiru... si avvicina, ma dopo giorni di ascolto avevo ritenuto che l'LPU facesse sembrare il Nibiru leggermente più freddo, forse troppo freddo. Il Nibiru mostrava tutto quello che c'era da mostrare, ma sembrava che l'LPU aggiungesse al contempo uno strato sia di “gradevolezza” sia di maggior colore e dinamica alla musica. Anni fa avevo avuto esattamente lo stesso dilemma confrontando l'Audio Note M3 con il Nibiru, prima di acquistarlo, e infine ero giunto alla conclusione che la superiorità del Nibiru, in termini di dettaglio e palcoscenico, fosse un più che valido compromesso rispetto alla maggiore dinamica e alla gradevolezza dell'M3. Ma qui non c'era alcun compromesso; l'LPU teneva testa al Nibiru fino in fondo nei suoi punti di forza, pur possedendo anche le caratteristiche dell'M3.
E questo era stato il motivo per cui mi ero ritrovato ad ascoltare così tanto l'LPU, perché mi ricordava l'M3, con le sue caratteristiche che avevo apprezzato e che mi mancavano, senza lasciarmi la sensazione di essere penalizzato sotto altri aspetti.
E questo mi aveva condotto alla seconda opzione disponibile, e cioè collegare l'LPU direttamente alla Music-Maker Classic. A questo punto le cose si sarebbero fatte ancor più interessanti, perché saremmo entrati in quel territorio davvero spinoso in cui non ci sono transistor a sporcare il percorso dallo stilo ai diffusori... In confronto alle bobine mobili top di gamma, che in genere costano multipli dei 1.200 euro della Music Maker, questa testina teneva loro testa in termini di dettaglio e palcoscenico, e con una grande velocità in gamma bassa, ma tendevo a usare la mia MC high-end di alto livello perché nei confronti essa, talvolta, può suonare meccanica, perdendosi per strada il decadimento delle note, l'ambienza intorno a certe voci e la complessità armonica di strumenti quali i violini e il calore del contrabbasso...
Leggete i due paragrafi all'inizio di questa recensione e mi vedrete finire in un momento da caveat emptor, ma questo si era rivelato un abbinamento perfetto dal primo secondo in cui il primo disco (Age of Consent dei Bronski Beat, se volete saperlo) era stato messo sul piatto. Da solo, senza nessun tipo di step-up aggiuntivo, alla fine l'LPU faceva cantare la Music Maker in un modo che non avevo mai sentito prima di allora. La mancanza di trama era scomparsa, ora gli strumenti venivano riprodotti dai diffusori nella loro interezza, pieni e corposi, e la natura leggermente “metallica” del suono di alcuni dischi era stata messa al bando; un primo esempio era stato proprio quel disco, con i suoi sintetizzatori e beat-box. E giusto per fare capire bene di cosa fosse capace, la combinazione conferiva alla straordinaria voce di Jimmy Somerville il peso che si meritava; uno strano miscuglio di strumenti elettronici e di una voce, relativamente senza compromessi, che lavoravano insieme, semplicemente.
Da anni i valvolisti mi dicono quanto sia buona la Music Maker, e ora riesco a capire il perché delle loro motivazioni. Tuttavia non era sfarzosa quanto la Dynavector, ma era così trasparente, mai affaticante, sempre musicale quando ascoltata con l'LPU. Questa accoppiata è davvero formidabile, e sebbene il prezzo complessivo sia veramente high-end, con il costo di esercizio della Music Maker pari a una frazione dell'esotica cifra, i conti iniziavano a tornare in maniera piuttosto convincente.
Quindi, tanto per restare in tema, con qualche variazione, avevo preso in prestito da mio suocero la V15; i lettori ricorderanno che avevo trovato uno stilo di ricambio per questa testina, nelle vesti di un Ed Saunders che, per una cinquantina di euro, l'aveva resa una testina dal basso costo di esercizio. Non così buona quanto la Music Maker, specialmente nei minimi dettagli, le si avvicinava comunque sotto tutti gli altri aspetti e riusciva a offrire un suono più caldo, con un basso leggermente più pieno. Una testina, la cui ristilatura era costata 50 euro, era decisamente musicale e ad alto livello, grazie all'LPU; non credo sia necessario dire altro sul significato di questo...
Ma, a parte ciò, per riassumere? La prima cosa di cui bisogna rendersi conto è che “valvolare” non significa caldo e morbido. In effetti, per il fatto che è così diretto, può sembrare che l'LPU viri un po' sul brillante e ho giocato un po' con i cavi per farlo esprimere al meglio; da questo punto di vista, mi ricordava un po' l'amplificatore Loth-x 300b. A questi livelli, e specialmente con l'LPU, avete a che fare con apparecchiature del tutto rivelatrici; questo pre-phono non è assolutamente un componente che “perdona”, tutt'altro. Anche cambiando i cavi si sentono differenze, e accessori quali mensole o ripiani, nonché l'alimentazione, fanno sentire la loro influenza. Se vi piace trafficare con le regolazioni delle testine (VTF, ecc.), allora percepirete i cambiamenti forte e chiaro, e oltretutto finché ogni cosa non sarà al 100% riterrete lo stadio phono meno piacevole da ascoltare rispetto a qualche altro modello un po' meno rivelatore. Per questo motivo, se tutto il resto non è più che a posto, o se non riesce a stargli dietro, l'LPU può arrivare solo a sfiorare la qualità del nastro originale da studio. Ma se fate in modo che tutto sia a puntino, ne sentirete delle belle...
Spero che voi, lettori, mi perdonerete il fatto che questa sia diventata una recensione comparativa, ma, come ho sottinteso nell'introduzione, servono dei riferimenti affinché sia possibile valutare in maniera sensata le capacità di uno stadio phono. Non parlerò delle ore trascorse a cambiare cavi e a trafficare con i supporti perché:
Ma spero di avervi trasmesso l'ammirazione che provo per questo stadio phono.
L'aspetto che mi intriga è che abbiamo a che fare con un'azienda la quale sembra puntare aggressivamente alla corona dell'Audio Note. Il cabinet è molto simile, la qualità costruttiva anche; classifica i propri componenti in Livello 1, 2 e 3, come fa la Audio Note, con un uso sempre più crescente di cablaggio in argento, condensatori di qualità migliore e cose simili. Ed essendo costruito nel Regno Unito non stiamo parlando di un semplice clone “cinese”, quanto piuttosto di un tentativo di competere direttamente con uno dei leader di questo mercato specializzato, con un approccio diverso al tradizionale stadio phono a valvole e con un prodotto dall'ottimo prezzo rispetto alla concorrenza.
Alla fine tornerò alla mia iniziale premessa/scusa secondo cui gli stadi phono sono del tutto dipendenti dall'impianto. Con questa idea in mente, la SW1X ha un piano di prestiti generoso e consiglio vivamente a chiunque di approfittarne per ascoltare questo pre-phono nel proprio impianto e a casa propria. Se, come ho fatto io, lo riterrete un prodotto che valga la pena essere tenuto a lungo, allora molto bene; se così non fosse, potrete provare qualcos'altro. È una politica che altri produttori dovrebbero adottare.
Le idee alla base dei progetti Audio Note (indipendentemente dal fatto che la produzione sia giapponese o britannica) sono sempre state fonte di ispirazione per noi. Abbiamo deciso di intraprendere un cammino simile quando si è trattato di progettare prodotti audio. La musica, per la sua natura intrinseca, è un segnale analogico trasportato da vibrazioni meccaniche, siano esse le corde vocali di un cantante, le corde di una chitarra oppure la pelle di una batteria. Nelle profondità dei solchi di un disco in vinile è presente una grande quantità di informazioni musicali (catturate direttamente dalle vibrazioni meccaniche). Il nostro obiettivo è creare apparecchiature audio, che sono prodotti senza tempo, ad esempio per scavare a fondo tra le informazioni musicali nascoste, sepolte in profondità nei solchi, e per riprodurre una registrazione nel modo in cui i musicisti intendevano che venisse riprodotta.
Per poter riprodurre la musica al meglio, noi crediamo che sia possibile farlo solo quando la progettazione circuitale:
Nel complesso, siamo fieri di avere reincarnato un pre-phono che è caratterizzato da un suono potente e con grande dinamica, presentato in modo naturale e realistico; una combinazione ricercata nell'ambito della riproduzione analogica, al cui confronto il suono di qualunque sorgente digitale (specialmente quelle con stadio di conversione I/U basato su resistori) risulta smorto e compresso in termini di dinamica. Con l'impianto giusto, l'LPU II riproduce gli strumenti acustici e le voci in maniera del tutto naturale, senza limitazioni e senza alcuna traccia di artefatti; l'insieme ricorda un evento dal vivo. La capacità dell'LPU II di riprodurre la musica, da una sorgente analogica, in maniera così intensa è l'esempio più lampante che la qualità della riproduzione musicale non può essere il risultato di una complessità ingegneristica né il prodotto del progresso tecnologico nel settore dell'audio, nonostante tutti i (discutibili) progressi compiuti.
Dott. Slawa Roschkow
20 ottobre 2017
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